mercoledì 7 novembre 2007

Sette e culti: l'importanza dell'esperienza personale


Si fa un gran parlare di sette e culti… Spesso l’argomento è trattato da fior di criminologi, sociologi, psicologi e psichiatri, tutti preparatissimi in teoria. La maggior parte di loro si sente in dovere di esternare le proprie conoscenze sulla carta stampata, e visto che il filone “tira”, giù libri a vagonate. Dettagliati, interessanti, approfonditi, certo. Però c’è una caratteristica che accomuna la stragrande maggioranza di questi esperti: il fatto di non avere la benché minima idea di cosa passi per la testa di un “adepto”, per il semplice fatto di non aver mai vissuto sulla propria pelle un’esperienza di vita in una setta, in un’organizzazione o comunque in un gruppo a controllo mentale. Intervistare centinaia di fuoriusciti e le famiglie di chi è tuttora invischiato nella realtà settaria non è la stessa cosa. Non a caso Steve Hassan, autore di “Mentalmente liberi”, sostiene che i migliori “exit counselor” (persone che aiutano chi vuole uscire da un gruppo a controllo mentale e le famiglie, in alcuni casi il termine è tradotto, non del tutto propriamente con “deprogrammatori”) sono ex adepti: persone che ce l’hanno fatta a superare il condizionamento mentale e si sono svincolate dal gruppo, dal santone, dal guru che dir si voglia. Prima di affrontare un breve viaggio nella testa di un adepto, ricordo rapidamente gli otto criteri di Robert J. Lifton sul controllo mentale:

1. controllo dell’ambiente
2. manipolazione mistica (o spontaneità programmata)
3. esigenza di purezza
4. confessione
5. scienza sacra
6. gergo interno
7. la dottrina prima della persona
8. concessione dell’esistenza

1. il controllo dell’ambiente è il controllo della comunicazione in un dato ambiente sociale: si arriva al convincimento che il possesso della verità sia un’esclusiva del gruppo. Il controllo del contesto sociale viene attuato tramite l’isolamento da altre persone, la pressione psicologica, la distanza geografica, ecc.
2. I principi dottrinali vengono esposti con forza e rivendicati come esclusivi, in modo che il culto e i suoi dogmi diventino l’unica vera via di salvezza. Il tutto viene gestito “dall’alto”, ma organizzato in modo che sembri sorgere spontaneamente dalla persona manipolata.
3. viene attuata una radicale separazione tra puro e impuro, bene o male buono o cattivo: chi sta dentro è nel bene, tutto ciò che è fuori è male. Vengono stimolati i sensi di colpa e inadeguatezza proprio per esercitare una forte influenza sull’adepto e spingerlo al cambiamento richiesto.
4. di solito le sedute di “confessione” si svolgono in un clima di critica e autocritica. Confessare i “peccati” commessi prima dell’ingresso nel gruppo ha una duplice funzione: fare (ancora) leva sul senso di colpa dell’adepto e ottenere importanti informazioni sul suo conto, in modo da poterlo eventualmente ricattare in caso di uscita dal gruppo.
5. “scienza sacra”: ovvero la spiegazione di concetti spirituali dal punto di vista scientifico: dà sicurezza a chi non ce l’ha perché semplifica molto la vita e conferisce serietà intellettuale al gruppo.
6. il gergo interno è una struttura linguistica in cui parole e immagini diventano principi dottrinali. Il linguaggio è semplificato, spesso ridotto a slogan, a cliché. L’impressione data all’adepto è duplice: poter comprendere tematiche altrimenti troppo complesse, e fortificare il senso di appartenenza al gruppo.
7. la dottrina diventa un vero e proprio dogma, da non mettere mai in discussione. Anche se l’adepto percepisce una contraddizione tra ciò che sente e ciò che dovrebbe sentire, il senso di colpa e di inadeguatezza in lui ingenerati vengono utilizzati per sottolineare la sua impurità (“non capisco questi concetti perché non sono abbastanza elevato spiritualmente: devo impegnarmi di più”).
8. agli occhi di una persona convinta di detenere la verità assoluta, tutti quelli che non hanno “visto la luce” e non hanno abbracciato quella stessa verità sono caduti nel male e non hanno diritto di esistere. Solo facendo loro intraprendere la stessa strada è possibile salvarli: ecco il motivo del grande impegno di certi culti a fare proselitismo (o almeno questo è quello che crede chi viene mandato a fare proselitismo, le reali intenzioni dei vertici spesso sono diverse).
Questo è ciò che si trova scritto. Non è difficilmente comprensibile a livello teorico. Eppure chi osserva da fuori spesso non può evitare di pensare “Sì, va bene, ma in fin dei conti chi finisce in queste dinamiche qualche problema deve pur averlo. Alle persone sane fisicamente e mentalmente e con una famiglia normale NON può succedere”. In effetti le prede più vulnerabili dei “reclutatori” sono persone che vivono un momento difficile: un lutto, una separazione, una perdita economica, una malattia…Viene loro fornita la spiegazione del PERCHE’ sta succedendo tutto questo, nonché la soluzione, immediata, semplice. Unisciti a noi: potrai capire, potrai risolvere, potrai tornare felice come e più di prima e soprattutto…aiutare gli altri! Sì, tu! Tu sei importante, noi ti amiamo, ti ammiriamo, ti consideriamo una persona SPECIALE, di valore! Ed ecco che parte il “love bombing”, una bomba d’amore che sommerge il nuovo arrivato, lo fa sentire, forse per la prima volta, importante. “Però quella è una persona con problemi seri: lutti, malattie, pochi soldi…Sfido che ci casca!” No, non è nemmeno così facile. Quando viene detto “TUTTI sono potenziali prede delle sette, senza esclusioni”, il 99% di chi ascolta pensa “non è vero. A ME non potrebbe succedere”. Dopo un seminario organizzato dall’ONAP sui pericoli delle sette e sulle tecniche di reclutamento, durante il quale ho parlato per un’ora di seguito della mia esperienza in un gruppo new age, al quale per anni ho regalato soldi, energie, tempo e non ultima la mia mente, sono stata avvicinata da una giovane ragazza. Mi ha rivolto questa domanda: “Ma come è possibile che tu non ti sia accorta che tutte quelle che ti propinavano erano assurdità? Non era chiaro che ti stavano raggirando?”
Questa domanda mi ha ferita. Molto. In primo luogo perché dopo aver spiegato con moltissimi esempi che anche la persona più intelligente e colta può cadere in uno di questi “giri”, mi sembrava di aver soltanto sprecato il fiato. In secondo luogo perché mi ha fatta sentire terribilmente stupida, che è la cosa PEGGIORE che si possa fare a un ex adepto. Però mi ha anche dato modo di riflettere, e di elaborare una “strategia” comunicativa che possa far veramente capire all’osservatore esterno la facilità con cui la mente di chiunque può essere plasmata. Lasciamo per un momento perdere tutte le pur validissime teorie e passiamo ad esempi pratici, che nella mia esperienza sono il modo migliore di spiegare concetti altrimenti incomprensibili. L’esempio migliore è quello della mia esperienza. Perché un bel giorno mi sono ritrovata seduta a gambe incrociate sul pavimento a salmodiare mantra, visualizzare le mie vite passate e comunicare con gli spiriti guida insieme ad altre 20 persone? Perché mi sono convinta di avere poteri di guarigione, essere in grado di trasmetterli agli altri e avere il totale controllo sulla realtà?
La mia famiglia è sempre stata unita, presente e affettuosa. Mi hanno insegnato ad essere responsabile, a ottenere ciò che desideravo con l’impegno e sono sempre stata ragionevolmente libera di fare le mie esperienze. Si sente dire da alcuni “esperti” che gli adepti delle sette provengono sempre da famiglie “disfunzionali”. Addirittura ho sentito dire “forse è meglio che la persona in questione stia nella setta piuttosto che a casa, considerati i genitori…” Che sia vero o meno, non era il mio caso. Sono sempre stata una persona equilibrata, non ho subito (fortunatamente) disgrazie di alcun tipo, se si fa eccezione per il normale avvicendarsi dei fatti della vita (la morte del nonno, un piccolo incidente, un insuccesso scolastico).
Ero semplicemente disorientata (appena laureata non vedevo grandi prospettive professionali e comunque non avevo le idee chiare) e come molti giovani, insoddisfatta di me stessa. Capita. A moltissime persone: non occorre avere uno squilibrio psicologico, una famiglia disfunzionale o un qualche accidente in corso. Come si può notare, la “rosa” dei potenziali adepti si amplia a dismisura. Non solo i depressi e i figli di divorziati (o i divorziati stessi), quindi. Ma tante, tantissime persone.
Un altro mito da sfatare, a mio modesto parere, è che mettere in guardia le persone dicendo loro che le sette operano una vera e propria riprogrammazione dell’io, cambiando l’ identità degli adepti, può essere un’arma a doppio taglio. Io VOLEVO cambiare identità. La mia mi faceva sentire a disagio, anzi era la causa diretta del mio disagio. Non mi piacevo e volevo cambiare. Quando ho avuto la possibilità di diventare una sorta di dea in Terra (ricordo che per la new age l’uomo e Dio sono la stessa cosa), a patto di CAMBIARE molti aspetti della mia vita, non ci ho pensato due volte. Ho sempre detestato il contatto fisico con gli sconosciuti: nel famoso “gruppo” mi sono ritrovata in grandi abbracci collettivi, e per fortuna la cosa è finita lì, almeno fino a quando ci sono stata io. E me lo sono fatto piacere! Così come il rivelare dettagli assolutamente privati della mia vita a perfetti estranei, danzare in circolo e “parlare” con gli angeli del karma. I miei problemi appartenevano a un’altra dimensione, IO ero un’altra. Sono cominciati i litigi in famiglia e, a causa di un drastico cambiamento di alimentazione, assolutamente non adatto a me, anche i problemi fisici. Ma la strada era quella giusta, IO era una prescelta: con la sola volontà e qualche simbolo esoterico potevo controllare ogni aspetto della mia vita, passato, presente e futuro. Il fatto è che lo desideravo davvero, e ci credevo. Nonostante l’incongruenza di molte nozioni che apprendevo, dell’assurdità dei libri che compravo a pacchi, dell’impossibilità di verificare tutte quelle teorie strampalate.
Io, persona normale, colta, di famiglia tranquilla, ci sono cascata. Cercavo disperatamente una risposta (pur non conoscendo nemmeno la domanda) e loro ce l’avevano, lì, pronta, a disposizione. Tutto era diventato più semplice, l’inspiegabile spiegato, l’impossibile a portata di mano. Ecco come ho fatto a non accorgermi di cosa stava succedendo in realtà. Io NON volevo accorgermene. Mi avrebbe fatto troppo male sapere che non era vero niente. Ero in pieno stato (adesso lo so) di “dissonanza cognitiva”: pur di non cadere nel profondo disagio causato dall’incoerenza delle cose che apprendevo con ciò che avevo sempre saputo essere vero, modificavo il mio comportamento in modo da minimizzare questa incoerenza.
E a me è andata anche bene. Per motivi di studio mi sono trasferita negli Stati Uniti, dove ovviamente ho trovato terreno fertile per ampliare le mie conoscenze, ma perlomeno sono venuta via da quel gruppo che fatalmente è diventato una “comune”. Ovvero una setta (a culto ufologico, oltretutto), con tanto di guru che faceva il bello e il cattivo tempo. Forse a tanto non sarei arrivata, e avrei avuto la forza di venirmene via comunque. Forse.
Conclusione: non giudicare MAI gli adepti delle sette, etichettandoli come poveri sciocchi privi di volontà. Può capitare davvero a tutti.

Chiara Guarascio


Libri consigliati:
- Steve Hassan: Mentalmente liberi. Come uscire da una setta.Ed. Avverbi, 1999, 230 pp, € 14,00
- Caterina Boschetti: Il libro nero delle sette in Italia. Ed. Newton & Compton, 2007, 479 pp, € 12,90

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