martedì 31 luglio 2007

Le funzioni della fisiognomica da Della Porta a Lombroso

L'interesse per la fisiognomica nasce da una curiosità per così dire filosofica circa il nesso tra corpo e anima, esteriorità e interiorità, che costituisce uno dei processi di tematizzazione più complessi della cultura occidentale. Bisogna anzitutto prestare attenzione alla teoria della percezione, così come suggerito tra gli altri da Rudolph Arnheim e Ernst Gombrich [1] . Si comprende allora che l'occhio non registra tutti i dati visivi, ma ne seleziona alcuni sulla base di uno schema mentale che riconosce gli elementi più semplici (nel senso di marcati, che risaltano con evidenza) e stabili (uno sbadiglio mi sfugge, una serie di sbadigli no). Questo per un'esigenza di economia percettiva. La percezione infatti ha bisogno di organizzarsi subito in comprensione utile alla sopravvivenza. Perciò ognuno interpreta i dati che ha selezionato partendo da sé: non per caso nelle Lezioni americane, alla voce Visibilità, Italo Calvino si diceva convinto che «la nostra immaginazione non può che essere antropomorfa» [2] . Ecco allora che la selezione operata dall'occhio sul corpo di una persona che sta di fronte risponde al bisogno di attribuire un senso coerente a ciò che circonda. E poiché difficilmente si accetta di avere sbagliato, Gombrich ha parlato di un vero e proprio «pregiudizio fisiognomico».

Con questa base teorica diviene possibile individuare una serie di funzioni che la fisiognomica ha svolto nel corso della sua storia plurisecolare e che rispondono al bisogno di economia e coerenza, nel senso di un dominio sulla complessità del reale che riporti l'ignoto al noto (è economico che ogni fisionomia nuova venga ricondotta entro schemi precostituiti), e l'invisibile al visibile (è coerente che ogni carattere-anima possa essere conosciuto attraverso i segni del corpo). Si cerca così in ogni modo di evitare lo spaesamento dinanzi al nuovo, reso inoffensivo attraverso una serie di schemi di riconoscimento ben collaudati.

Per illustrare quanto detto conviene fare riferimento al trattato che Giambattista Della Porta ha edito nel 1586 e ampliato nel primo Seicento. Si tratta di un testo di letteratura comparata, anche per quanto riguarda la ricezione europea dell'opera. Il titolo latino è De humana physiognomonia, quello italiano Della fisonomia dell'uomo [3] . E' un'opera di sintesi del pensiero classico-medievale sull'uomo, il suo aspetto fisico e il carattere, che comprende anche la chiromanzia e l'astrologia. Rispetto alle fonti, non ci sono elementi nuovi, se non una certa preoccupazione circa l'affidabilità della fisiognomica: se l'uomo finge - si chiede Della Porta che è anche autore di testi teatrali - la fisiognomica è in grado di smascherarlo? Anche di là dalla simulazione, per Della Porta resta vero che un carattere può cambiare nel tempo, con l'età. Come Socrate del quale si diceva che aveva saputo modificare un temperamento predisposto al vizio (che corrispondeva al suo aspetto fisico deforme) attraverso l'esercizio quotidiano della virtù. Non sempre perciò i belli sono buoni, e i brutti cattivi.

Questi problemi (la finzione del comportamento, la trasformazione del carattere) non incidono sul successo della fisiognomica che risponde a un bisogno innato di orientamento nel mondo, soddisfatto a mio avviso sotto quattro punti di vista che corrispondono alle quattro funzioni della fisiognomica aristotelico-dellaportiana:

1. Chiamo la prima funzione previsionale o temporale, perché la lettura del corporeo utilizza le competenze della medicina prognostica e dell'astrologia per dominare il tempo. Già i babilonesi, gli arabi e poi Pitagora e Tolomeo cercavano di indovinare il futuro; Della Porta propone anche delle terapie alchemiche e dunque scientifiche per sanare i difetti psicofisici, a garanzia di un futuro eticamente migliore.

2. La seconda funzione è quella topografica o spaziale, perché la lettura del corporeo tenta di connettere ordinatamente ogni presenza terrena entro il sistema degli elementi-umori-temperamenti per semplificare la comprensione del reale. Anche in questo caso Della Porta prende le mosse dal mondo greco, in cui la fisiognomica era legata alla medicina degli "umori" e dei "temperamenti", nata con Ippocrate (un medico un poco più vecchio di Aristotele). E' noto che la sistemazione della materia avvenne nel II secolo d.C., grazie a Galeno che definì lo schema dei temperamenti sulla base dei quattro elementi che si credeva costituissero la realtà (acqua, aria, terra, fuoco). Galeno assicurava di avere derivato questi dati dall'osservazione, dall'esperienza medica. Questo schema più o meno identico restò valido sino alla fine del Cinquecento. E anche chi manifestò qualche perplessità verso la fisiognomica (ad esempio Leonardo da Vinci) finì poi con accettarla perché questo schema medico-fisiognomico permise di ordinare le forme visibili, evitando la sensazione di spaesamento dinanzi a corpi nuovi e sconosciuti.

3. Chiamo la terza funzione simbolica o paradigmatica, volendo usare una categoria linguistica, perché la congettura sul corpo-carattere diviene giudizio di valore secondo alcuni paradigmi che caratterizzano la cultura occidentale. E' una funzione assai importante dal punto di vista letterario: la fisiognomica studia il rapporto tra esterno e interno, tra corpo e carattere. Si muove dunque tra valori estetici (bellezza) e valori etici (bontà), cercando di organizzare un discorso coerente che colleghi questi fattori. Come spiega Della Porta, sin dal mondo antico, in ambito platonico e poi stoico, il corpo viene sottoposto a giudizio: alcune parti vengono giudicate migliori di altre, in particolare - attraverso un'analisi di tipo simbolico - ciò che sta in alto sarebbe più nobile di ciò che sta in basso. Così nel corpo umano la testa e il volto (e in esso soprattutto gli occhi) esprimerebbero l'anima. Tra un bel volto e un bel corpo, bisognerebbe preferire dunque il primo caso, perché mostrerebbe un buon carattere. A questo proposito - passo dunque a considerare l'interiorità - l'ideale greco, e poi occidentale, è basato sul concetto di medietà, di ragionevolezza. Ciò significa che il carattere migliore è quello che vince l'irrazionalità dell'istinto, evita gli eccessi, e si comporta in modo equilibrato. Questa è la kalokagathia greca che ritroviamo nello studio caratterologico di Teofrasto e, dopo molti secoli, in quello di La Bruyère. Per meglio definire un modello di medietà psico-fisica la fisiognomica ha elaborato un criterio di confronto fra uomo e animale (che a mio avviso definisce la quarta funzione): quando un uomo presenta un aspetto simile, troppo simile, a un animale, sembrando deforme, significa che in lui prevale l'aspetto irrazionale del comportamento, quello più lontano dalla medietà. Questo tipo di uomo è da evitare.

4. E dunque si può definire la quarta funzione analogica o sintagmatica, perché la congettura sul corpo-carattere combina giudizi su uomini e animali, differenziati solo da un grado diverso di complessità psicologica (solo gli uomini infatti possono fingere). Jurgis Baltrusaitis ha parlato in questo caso di aberrazione, analizzandone gli sviluppi nell'ambito figurativo della caricatura [4] . Ma anche la letteratura si avvale di questa funzione analogica, ad esempio nel genere letterario della favola esopica che, nella teoria di Gotthold Eprhaim Lessing, risulta strettamente legata alla fisiognomica zoomorfica.

Queste quattro funzioni a volte sono presenti in uno stesso autore (è il caso del Della Porta); a volte una prevale sull'altra (basta pensare a Lessing teorico della favola). Spesso la letteratura registra la prevalenza della funzione simbolica in base alla quale il corpo viene considerato un ostacolo che copre la scoperta dell'interiorità. Conoscere sé significa rimuovere il soma a favore della psiche. Conoscere gli altri significa osservare la loro anima attraverso una «finestra sul cuore» (secondo il topos attribuito a Socrate da Vitruvio) allestita appunto dalla fisiognomica che però su questa strada entra decisamente in crisi. Non per caso nell'Italia seicentesca si scrivono solo semplici rifacimenti di Della Porta. Certo, l'accento sull'interiorità posto dalla religione controriformista non rende facile un'indagine naturalistica sul corporeo. E così occorre attendere Cesare Lombroso per avere un dibattito sulla leggibilità del corporeo a livello europeo, mentre nel XVIII secolo il centro della riflessione si sposta in Germania.

I protagonisti sono il pastore protestante zurighese Kaspar Lavater e il docente di fisica dell'Università di Göttingen Georg Lichtenberg: il primo scrive un'opera sulla fisiognomica tradizionale, recuperando Aristotele e Della Porta, intitolata Frammenti fisiognomici (1775), apprezzata tra gli altri da Balzac; il secondo attacca il pensiero di Lavater in numerosi scritti nei quali nega alla fisiognomica la possibilità di conoscere l'interiorità dell'uomo attraverso l'analisi dell'aspetto esteriore [5] : come ricorda Hans Blumenberg, per Lichtenberg la fisiognomica è una disciplina fondata sul pregiudizio: a seguire le regole di Lavater, si rischia di impiccare i bambini prima che abbiano commesso qualsiasi colpa, solo sulla base del loro aspetto fisico [6] .

Colpisce il fatto che, con Lavater, la fisiognomica sia divenuta un vero fenomeno sociale, anche grazie all'uso delle silhouettes, i profili del corpo su sfondo bianco, per i quali Lavater inventa anche una macchina, una sorta di strumento fotografico che permette di fissare i profili delle persone. Da tutta Europa gli giungono disegni, silhouettes, incisioni, di persone che vogliono conoscere il loro carattere. Filosofi e scrittori lo vanno a trovare ammirati (Goethe, ad esempio). Ma proprio questo entuasismo preoccupa Lichtenberg che sottolinea il fatto che l'uomo finge, si maschera, nasconde le sue deformità fisiche e psichiche. E questi meccanismi di finzione dovrebbero essere analizzati. Così Lichtenberg propone di sostituire la fisiognomica con la patognomica, cioé lo studio delle passioni transitorie che deformano i corpi nelle varie circostanze della vita. E' un sogno antico (già Aristotele, poi Della Porta ne avevano parlato). Il fatto è che la complessità della patognomica impedisce di giungere a regole chiare e semplici come quelle della fisiognomica. Lichtenberg ha un'abbondante produzione critica nei confronti di Lavater, mentre risulta meno ricca a sua parte costruttiva.

Sembra facile dire che Lichtenberg ha ragione. Bisogna però rinunciare a intepretare ciò che vediamo. E ciò non è possibile. Abbiamo infatti bisogno della fisiognomica come orientamento nel nostro essere uomini sociali. La patognomica è faticosissima: presuppone un'attenzione capillare ai dettagli che un volto presenta in tutti gli attimi in cui lo osserviamo. E non ci fornisce alcun sistema di riferimento sicuro: non ci sono misure del cranio, non c'è proporzione del volto e del corpo, cui fare riferimento. Tutto si gioca sull'interazione, sull'incontro tra me e un altro che devo analizzare presuppondendo anche la sua finzione.

Se la fisiognomica si basa sul risparmio della fatica percettiva e garantisce uno schema di riferimento sicuro, la patognomica moltiplica il dispendio psichico e giunge al relativismo (perché l'occhio dell'osservatore è sempre in qualche modo affetto da pregiudizi, mentre il corpo dell'osservato è in contnuo cambiamento). Lo scontro tra Lavater e Lichtenberg è molto importante anche per il discorso sulle funzioni della fisiognomica. In questo caso propongo di adottare il punto di vista della critica letteraria. Lavater sostiene infatti che il fisionomo è un poeta perché è capace di esprimere attraverso le parole la verità del carattere e l'armonia del cosmo, che sfuggono alla vista della maggior parte delle persone. Lichtenberg condivide questa opinione, ma la condanna in nome della scienza: accusa infatti Lavater di scambiare dei ritratti inventati con delle descrizioni vere, di costruire dei personaggi adatti alla letteratura senza osservare chi gli sta a fronte. Per Lichtenberg bisogna distinguere quella che, sulle orme di Freud, il critico italiano Giovanni Bottiroli ha di recente definito «rappresentazione di parola» (un reale stereotipato, veicolato dai luoghi comuni del linguaggio) e la «rappresentazione di cosa» (un reale altro, inatteso, non etichettabile con parole abituali) [7] . Lichtenberg accusa perciò Lavater di proporre una teoria della rappresentazione che svolge una funzione diegetica (per parlare in termini di critica letteraria), raccontando ciò che un uomo può diventare; ad essa Lichtenberg vuole sostituire una teoria dell'espressione, che si occupa solo di ciò che un uomo è in ogni determinata situazione, sulla base funzione mimetica della patognomica.

Il romanzo ottocentesco che nasce proprio per raccontare storie compiute con un inizio e una fine, con personaggi riconoscibili perché semplificati, utilizza la fisiognomica lavateriana. Balzac ne è un esempio, anche se non semplice. Sembra infatti di capire che dal punto di vista della teoria letteraria Balzac sostenga la capacità mimetica della patognomica (mi riferisco all'introduzione a Facino Cane, 1836) per poi applicare invece gli schemi fisiognomici nella descrizione dei personaggi. E anche qui non sempre in modo meccanico: il romanzo La vieille fille (1836) è una vera discussione sulla fisiognomica [8] .

Ma nell'Ottocento si sviluppa anche una settima funzione della fisiognomica, quella sociale, a proposito della quale risultano utili i suggerimenti di Jean Baudrillard sul «delitto perfetto» che il linguaggio avrebbe compiuto ai danni del corporeo [9] . Essa interessa soprattutto i secoli della moderna sensibilità, dal Sette al Novecento, nei quali il discorso psicofisico ha teso alla sovrapposizione di analisi naturale e culturale, codice descrittivo e normativo, ai fini di un controllo collettivo del comportamento. Il caso italiano più importante da questo punto di vista si trova verso gli anni Ottanta dell'Ottocento con l'antropologia criminale di Cesare Lombroso, un medico militare che comprese la necessità dell'analisi fisiognomica dei corpi durante le visite di leva fatte ai giovani soldati. Nel suo testo più famoso, L'uomo delinquente (1876) lo studio dell'aspetto esteriore dell'uomo permette di riconoscere la predisposizione a commettere crimini [10] . E' evidente l'importanza sociale di questo pensiero: sostenendo che il corpo condiziona l'anima, si limita la libertà dell'uomo e si discrimina una parte della società, quella degli esseri fisicamente sfortunati. Questo pericolo era già stato segnalato da Lichtenberg.

La ricerca lombrosiana risulta particolarmente interessante perché è nata dall'incontro di un uomo del nord Italia (Lombroso è nato a Verona) con la realtà arretrata del sud, dove era appunto medico militare. Il mondo criminale si confonde dunque con quello delle fisionomie altre, selvagge, straniere. E questo pregiudizio di natura etnica può essere verificato anche oggi, dal momento che viviamo per la prima volta in un mondo "multifacciale", per il quale non abbiamo strumenti adeguati di interpretazione. Basta pensare alla difficoltà di leggere i tratti somatici delle altre razze, distinguendo ad esempio i volti dei cinesi da quelli dei giapponesi; o le fisionomie dei neri. Non solo in Italia, da qualche decennio questa incapacità provoca un crescente disagio, perché genera insicurezza, almeno ad ascoltare illustri sociologi come Zygmunt Bauman o Alessandro Dal Lago [11] . Sappiamo o crediamo di sapere interpretare lo sguardo di simpatia o minaccia di un europeo, ma ci sentiamo impauriti dinanzi a volti che parlano un altro linguaggio. Vorremmo dunque uno schema semplice come quello della fisiognomica dei temperamenti. Dimentichiamo però che lo sguardo fisiognomico è fatto di pregiudizi (parola di Gombrich), e che non ci permette mai di conoscere qualcosa di nuovo, ma ci costringe a riconoscere gli schemi nei quali siamo cresciuti. Da tempo l'argomento ha interessato gli studi postcoloniali e interculturali e l'imagologia di Hugo Dyserinck, Daniel-Henri Pageaux, Benedict Anderson e Joep Leerssen [12] . Ma c'è ancora spazio per l'approfondimento della questione sotto il profilo fisiognomico.

Questa ricerca permetterebbe tra l'altro di verificare la permanenza della fisiognomica nel mondo contemporaneo. Sembra di capire che a livello alto la nascita della psicoanalisi ha determinato la crisi della fisiognomica come scienza. Fisiognomica e psicoanalisi considerano infatti fondamentale il rapporto tra esterno e interno, ma in modo quasi opposto, almeno per tre motivi. 1. La fisiognomica osserva e giudica attraverso lo sguardo, l'occhio indiziario che osserva alcune tracce e ricostruisce un'identità psicosomatica; la psicoanalisi è fondata sull'ascolto, sulla comprensione delle parole; 2. La fisiognomica, anche nella più recente versione lombrosiana, afferma che il corpo condiziona l'anima, cioé che un uomo fatto in un certo modo ha molto probabilmente un dato carattere; per la psicoanalisi invece i turbamenti psichici si impongono al corpo, e non per caso si parla nel linguaggio comune di somatizzazione, cioé di incarnazione dei problemi della psiche. 3. La fisiognomica azzarda previsioni psicofisiche, affermando che un dato corpo avrà un dato destino (anche se tanto l'antica astrologia quanto la moderna antropologia criminale parlano solo di inclinazione); la psicoanalisi è fondata invece su un metodo regressivo, guarda all'indietro, sino all'infanzia.

Naturalmente il fallimento della fisiognomica è legato anche allo sviluppo delle scienze naturali, sempre più specialistiche, contro la natura enciclopedica della fisiognomica. Basta pensare alla scoperta dei microbi della fine dell'Ottocento. Cosa può dire la fisiognomica a questo proposito? Può parlare di carattere?

Ma nell'immaginario collettivo, cioé a livello medio-basso le cose sono diverse. Direi che fino agli anni Cinquanta del Novecento resta vera l'idea che il corpo condiziona il comportamento, essendo entrambi fattori legati alla natura. Proprio questa ipotesi ha giustificato tra l'altro i pregiudizi razziali. Dopo la seconda guerra mondiale, si fa lentamente strada l'idea che il corpo sia modificabile; molti fattori contribuiscono a questo nuovo modo di concepire il corporeo, tra cui lo sviluppo degli studi medici; le migliori condizioni economiche; la volgarizzazione della psicoanalisi, con cui abbiamo imparato a non vergognarci della fisicità. Ecco allora che dedichiamo moltissima attenzione al corporeo: non solo con la palestra o la moda, ma con la chirurgia plastica, le diete possiamo diventare ciò che vogliamo, o crediamo di volere. Dal punto di vista dell'osservazione, sembra che abbia avuto ragione Lichtenberg; nel secondo Novecento la patognomica è stata più importante della fisiognomica. Il corpo viene osservato come fattore culturale, simbolico, più che naturale. Non si giudica una persona solo per il suo aspetto fisico, ma anche per la cura che ha di se stessa, per il modo di fare, insomma per la patognomica.

Questo però ci ha reso più insofferenti verso le forme di diversità: dinanzi a un corporeo da plasmare vorremmo vedere sempre rispettati una serie di pregiudizi di tipo estetico-culturale elaborati dall'Occidente. Per trovare una verifica, è sufficiente leggere i settimanali maschili e femminili e le brochures dei cosmetici che costituiscono una sorta di paraletteratura con molte indicazioni fisiognomiche che rispondono, a livello divulgativo, al bisogno di mettere in relazione i dati somatici con quelli interiori. Concludo rammentando che questa necessità corrisponde all'esigenza di dominare ciò che ci circonda, evitando la sensazione di spaesamento che coglie dinanzi al nuovo. Lo sguardo fisiognomico è infatti capace di collocare ogni nuova fisionomia entro uno schema di interpretazione e di giudizio che aiuta a riconoscere il nuovo attraverso il vecchio, ma non a conoscere il nuovo di per sé stesso. Questa sua funzione limitata, ma tranquillizzante costituisce precisamente la ragione della secolare fortuna della fisiognomica.

Note

[1] Cfr. R. Arnheim, Visual Thinking (1969), trad. it. Il pensiero visivo. La percezione visiva come attività conoscitiva, Einaudi, Torino 1974; E.H. Gombrich, Meditations on a Hobby Horse and Other Essays on the Theory of Art (1963), trad. it. A cavallo di un manico di scopa. Saggi di teoria dell'arte, Einaudi, Torino 1971.

[2] Cfr. I. Calvino, Lezioni americane, Einaudi, Torino 1993, p. 101.

[3] Cfr. G.B. Della Porta, Della fisonomia dell'uomo, Guanda, Parma 1988.

[4] Cfr. J. Baltrusaitis, Aberrations. Quatre essais sur la légende des formes (1957), trad. it. Aberrazioni. Saggio sulla leggenda delle forme, Adelphi, Milano 1983.

[5] Cfr. J.K. Lavater, La fisiognomica, Atanor, Roma 1988; Id., Frammenti di fisiognomica, Theoria, Roma 1989; G.C. Lichtenberg, Osservazioni e pensieri, Einaudi, Torino 1975; Id., Lo scandaglio dell'anima. Aforismi e lettere, BUR, Rizzoli 2002; J.K. Lavater, G.C. Lichtenberg, Lo specchio dell'anima. Pro e contro la fisiognomica. Un dibattito settecentesco, il Poligrafo, Padova 1991.

[6] Cfr. H. Blumenberg, Die Lesbarkeit der Welt (1981), trad. it. La leggibilità del mondo. Il libro come metafora della natura, il Mulino, Bologna 1984.

[7] Cfr. G. Bottiroli, Teoria dello stile, La Nuova Italia, Firenze 1997.

[8] Cfr. H. de Balzac, La Comédie humaine, Gallimard, Paris 1977, VI, pp. 1019 (Facino Cane), e ivi, IV, pp. 813-935 (La vieille fille).

[9] Cfr. J. Baudrillard, Le crime parfait (1995), trad. it. Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà?, Raffaello Cortina, Milano 1996.

[10] Cfr. C. Lombroso, Delitto, genio, follia. Scritti scelti, Bollati Boringhieri, Torino 1995.

[11] Cfr. Z. Bauman, Ponowoczesnosc. Jakozrodlo cierpien (2000), trad. it. Il disagio della postmodernità, B. Mondadori, Milano 2002; A. Dal Lago, Non-persone. L'esclusione dei migranti in una società globale, Feltrinelli, Milano 1999.

[12] Cfr. N. Moll, Immagini dell' "altro". Imagologia e studi interculturali, in A. Gnisci (a cura di), Letteratura comparata, B. Mondadori, Milano 2002, pp. 185-208.

Bibliografia essenziale

F. Caroli (a cura di), L'anima e il volto. Ritratto e fisiognomica da Leonardo a Freud (Milano, Palazzo Reale, 30 ottobre 1998-14 marzo 1999), Electa, Milano 1998;

J-J. Courtine, C. Haroche, Histoire du visage (XVIe-début XIXe siècle), Rivages/Histoire, Paris 1988, trad. it. Storia del volto, Sellerio, Palermo 1992;

P. Getrevi, Le scritture del volto. Fisiognomica e modelli culturali dal Medioevo ad oggi, Franco Angeli, Milano 1991;

M. Giuffredi, Fisiognomica, arte e psicologia tra Ottocento e Novecento, CLUEB, Bologna 2001;

P. Magli, Il volto e l'anima. Fisiognomica e passioni, Bompiani, Milano 1995;

L. Rodler, Il corpo specchio dell'anima. Teoria e storia della fisiognomica, Bruno Mondadori, Milano 2000;

M.M. Sassi, La scienza dell'uomo nella Grecia antica, Bollati Boringhieri, Torino 1988.

SINDROME DEL “VERO CREDENTE”

Il bisogno di credere in false meraviglie a volte supera non solo la logica ma, apparentemente, anche la salute mentale.” -- Rev. Canon William V. Rauscher

La sindrome del vero credente merita uno studio scientifico. Cos'è che costringe una persona, al di là della ragione, a credere all'incredibile? Come può un individuo, altrimenti sano, diventare così innamorato di una fantasia, di un'impostura, che anche quando questa venga smascherata alla luce del giorno egli continui ad aggrapparvisi addirittura, ad aggrapparvisi ancor piu' strenuamente?” - - M. Lamar Keene



Sindrome del vero credente” (true-believer syndrome) è un'espressione di M. Lamar Keene con la quale si denota un’apparente condizione di disordine cognitivo, caratterizzata dal credere nella realtà di eventi soprannaturali o paranormali anche dopo che siano state presentate prove schiaccianti della loro natura fraudolenta. Keene è un falso spiritista pentito che ha smascherato varie truffe religiose, ma con scarso effetto, a quanto pare. Falsi guaritori spirituali, spiritisti, medium, predicatori evangelici televisivi, uomini dei miracoli, ecc., restano ancora numerosi sulla scena.

Keene crede che "la sindrome del vero credente sia quanto di meglio i falsi medium possano avere dalla propria parte", poiche' "nessuna logica puo' demolire una fede consciamente basata su una menzogna." Il fatto che coloro che soffrono della sindrome del vero credente stiano consciamente mentendo a sé stessi appare peraltro poco probabile. Forse, dal punto di vista di un impostore o di un imbroglione, il fatto che qualcuno a cui hai detto la verità continui a nutrire fede in te, deve implicare che costui sembri credere in qualcosa che è consapevole essere falso. Tuttavia un simile autoinganno non implica necessariamente mentire a sé stessi, poichè ciò richiederebbe l'ammissione di credere in quanto si sa già essere falso. Su basi logiche, questo ovviamente non è possibile! Non si può credere o non credere ciò che già effettivamente si conosce (credere è diverso da credere in, che e' una questione di fiducia piuttosto che di fede). Fede e non-fede contemplano la possibilita' dell'errore, ma la conoscenza implica che tale errore sia al di là di ragionevoli probabilità. Posso avere prove schiaccianti che uno "spiritista" sia un truffatore, eppure continuare a credere che eventi paranormali accadano in altri contesti. Posso ingannare me stesso in tal caso, ma non credo sia corretto dire che sto mentendo a me stesso. È possibile che coloro che soffrono della sindrome del vero credente semplicemente non credano che il peso dell'evidenza contraria, che rivela loro una frode, sia sufficiente a sovrastare quanto i molti altri casi passati hanno offerto come prove a supporto. Il fatto che le prove in favore fossero largamente fornite dalla stessa persona smascherata come truffaldina viene in qualche modo ignorato. Esiste sempre una speranza che per quanti inganni siano stati smascherati, almeno una delle esperienze note o vissute possa essere stata autentica. Nessuno può sistematicamente ed esaustivamente provare che tutti i miracoli compiuti siano stati delle truffe, pertanto un vero credente può ben ritenersi giustificato nel mantenere viva la propria speranza. Un tale processo mentale non è del tutto privo di logica, sebbene possa sembrare patologico a colui che ha ammesso di aver inscenato una truffa.

Non sembra semplice spiegare perchè il vero credente continui a credere in, cioè a dare fiducia allo spiritista/medium/ecc. una volta che questi abbia riconosciuto il suo inganno. Nutrire ancora fiducia in qualcuno che si è rivelato un impostore è irrazionale, ed una tale persona deve apparire pazza al truffatore. Qualcuno potrebbe davvero essere pazzo, ma altri ingannano sé stessi presumendo che sia possibile per una persona avere poteri speciali senza saperlo. Perciò si può non credere nei propri poteri, e nonostante tutto possederne di paranormali! Proprio come ci sono persone che pensano di avere dei poteri, ma non ne hanno alcuno, allo stesso modo ci sarebbero persone dotate di poteri di qualche genere ma convinte invece di non possederne.

Ad ogni modo esistono due tipologie distinte di veri credenti, sebbene chiaramente correlabili. Una è quella cui Keene si riferiva, ovvero persone che credono nel paranormale o nel soprannaturale nonostante l'evidenza contraria. La loro fede è irremovibile, a dispetto di soverchianti prove a sfavore, come coloro che hanno continuato a credere in Carlos una volta che l'inganno e' stato svelato. Gli esempi di Keene sono dati soprattutto da persone che hanno un tale disperato bisogno di comunicare coi morti che nessuno medium (o channeler), fraudolento o già smascherato, può scuotere la loro fede nello spiritismo (o channeling). L'altra tipologia e' descritta da Eric Hoffer nel suo libro The True Believer: persone di questo tipo sono irrazionalmente impegnate per una causa, come uccidere dottori che praticano aborti, o verso un guru come Jim Jones.

La sindrome del vero credente può ad esempio render conto della popolarità di Uri Geller, Sai Baba o James Van Praagh, ma il termine non ci aiuta a capire perchè la gente creda nelle capacità spiritistiche o soprannaturali di tali personaggi, a dispetto delle enormi evidenze che essi sono dei truffatori e si guadagnano da vivere defraudando la gente di grosse somme di denaro. Dato che per definizione coloro che soffrono della sindrome del vero credente sono legati alla propria fede da un impegno irrazionale,non vi è possibilità di argomentare e discutere con loro: le prove e le argomentazioni logiche non servono a niente. Tali persone sono per definizione illuse nel senso psichiatrico della parola: credono in ciò che è falso e sono incapaci di essere persuase, tramite prove concrete o argomenti, che le loro idee sono errate.

Chiaramente, se c'è una spiegazione della sindrome del vero credente, deve essere in termini di appagamento emotivo. Ma il perchè taluni abbiano una tale necessità di credere nell'immortalità, nella superiorità morale o razziale, o addirittura che l'ultima moda in fatto di management debba essere perseguita con zelo evangelico, questo resta probabilmente senza risposta. Potrebbe trattarsi di insicurezza, come pensava Eric Hoffer, il quale disse:

Quanto meno un uomo è giustificato nel pretendere eccellenza per sé stesso, tanto più egli è pronto a pretendere eccellenza per la sua nazione, la sua religione, la sua razza o la sua sacra causa...

Un uomo che pensi correttamente, molto probabilmente pensa ai suoi propri affari. Quando non è così, egli smette di pensare ai suoi insignificanti affari per occuparsi di quelli di altre persone...

Il fanatico è perpetuamente incompleto ed insicuro. Egli non può auto-generare sicurezze dalle sue risorse individuali (cioè da quel sé stesso che ha rifiutato), ma solo trovarle aggrappandosi spassionatamente a qualunque sostegno gli capiti di incontrare. Un simile ardente attaccamento è l'essenza della devozione cieca e della religiosità, ed egli vi vede la fonte di ogni forza e virtù... Vede facilmente sé stesso come sostenitore e difensore della sacra causa alla quale si aggrappa, ed è pronto a sacrificare la sua stessa vita.”

Hoffer sembrava anche pensare che la sindrome del vero credente abbia qualcosa a che fare col desiderio di abbandonare ogni responsabilità personale per le proprie fedi ed azioni: essere cioè liberi dal peso della libertà. Forse Hoffer ha ragione per molti dei casi più gravi, ma molti di quelli meno seri possono aver a che fare semplicemente col credere a ciò che si vorrebbe essere vero.

Studi compiuti dagli psicologi Barry Singer e Victor Benassi presso la California State University di Long Beach illustrano la volontà di credere nei poteri psichici nonostante prove contrarie. Essi hanno portato un prestigiatore di spettacolo, Craig Reynolds, che ha eseguito alcuni trucchi per quattro classi propedeutiche alla psicologia. Due di queste classi non sapevano che egli era un mago che avrebbe eseguito qualche trucco magico da dilettante, e venne loro detto che si trattava di uno studente diplomato che aveva affermato di avere dei poteri. In quelle classi l'insegnante di psicologia disse esplicitamente di non credere che lo studente, o chiunque altro, potesse avere alcun potere. Nelle altre due classi invece agli studenti venne detto chi realmente fosse il prestigiatore. Singer and Benassi hanno riportato che circa i due terzi degli studenti di entrambi i gruppi hanno creduto che Craig fosse uno "spiritista", e sono rimasti sorpresi di non aver trovato nessuna significativa differenza tra le classi che sapevano del prestigiatore e le altre. Essi hanno dunque fatto la stessa cosa con altre due classi alle quali hanno esplicitamente detto che non aveva alcun potere e che avrebbe eseguito alcuni trucchi per loro, tramite i quali egli pretende di leggere le menti e dimostrare poteri psichici. Nonostante ciò, oltre metà degli studenti ha creduto che Craig avesse dei poteri dopo averlo visto in azione.

Singer and Benassi hanno dunque chiesto agli studenti se ritenevano che i prestigiatori potessero fare le stesse cose che aveva fatto Craig oppure no: la maggiorparte degli studenti disse che i prestigiatori potevano farlo. Venne quindi chiesto agli studenti se volessero cambiare la loro stima sui poteri di Craig alla luce dei dati contrari da loro stessi forniti. Pochi lo fecero, riducendo la percentuale di coloro che credevano nei poteri di Craig al 55%. Dopodichè venne chiesto agli studenti di stimare quanti sedicenti spiritisti potessero essere in realtà truffatori che usano trucchi da prestigiatore. Si convenne che la maggior parte degli "spiritisti" fossero truffatori. Venne nuovamente chiesto agli studenti se volevano cambiare il loro parere sui poteri di Craig. Nuovamente, pochi lo fecero, lasciando la percentuale di coloro che credevano nei poteri di Craig ad un notevole 52%. [Benassi e Singer; Hofstadter].

Per molte persone, la volontà di credere a volte supera di gran lunga la capacità di riflettere criticamente sulle prove pro o contro una propria fede.



Riferimenti bibliografici e sul Web

Benassi, Victor and Barry Singer. "Fooling Some of the People All of the Time," The Skeptical Inquirer, Winter 1980/81.

Hoffer, Eric. The True Believer : Thoughts on the Nature of Mass Movements (HarperCollins, 1989 reissue).

Hofstadter, Douglas. Metamagical Themas: Questing for the Essence of Mind and Pattern, (New York: Basic Books, 1985), chapter 5, "World Views in Collision: The Skeptical Inquirer versus the National Enquirer."Hofstadter, Douglas. Metamagical Themas: Questing for the Essence of Mind and Pattern, (New York: Basic Books, 1985), chapter 5, "World Views in Collision: The Skeptical Inquirer versus the National Enquirer." (Hofstadter, Douglas. Metamagical Themas: Questing for the Essence of Mind and Pattern, (New York: Basic Books, 1985), chapter 5, "World Views in Collision: The Skeptical Inquirer versus the National Enquirer." (Hofstadter reported on the Bennasi and Singer study in his monthly column for Scientific American

Keene, M. Lamar. The Psychic Mafia (Prometheus, 1997).

Randi, James. The Faith Healers (Buffalo, N.Y.: Prometheus Books, 1987).

Randi, James. The Truth about Uri Geller , (Buffalo, NY: Prometheus Books, 1982).

Raymo, Chet. Skeptics and True Believers: The Exhilarating Connection Between Science and Religion (Walker & Co., 1998).

Tratto da Il Dizionario dello Scettico di Robert Todd Carroll, http://skepdic.com/, 2003.

lunedì 30 luglio 2007

LO SVILUPPO DELLA MORALITA'



Una tematica importante dal punto di vista psicologico, ma anche da quello sociale, filosofico e religioso, è lo sviluppo del senso morale negli individui, dall'infanzia all'età adulta. Comprendere i meccanismi della formazione della moralità e i fattori che la influenzano può aiutare a comprendere meglio se stessi nell'interazione con la società e orientare i criteri educativi quando si esercita il ruolo di genitore o di insegnante
Uno dei primi psicologi che si occupò di questo problema fu Jean Piaget che nei primi suoi scritti si focalizzò specificatamente sulla morale dei bambini, studiando il modo in cui i bambini giocano per capire il loro concetto di "bene" e di "male". Basandosi sull'osservazione delle regole dei giochi e su interviste riguardanti azioni come "rubare" o "mentire", Piaget scoprì che anche la moralità può considerarsi un processo evolutivo.
I bambini cominciano con lo sviluppo di una morale basata sulla stretta aderenza alle regole, ai doveri e all'obbedienza all'autorità: questo tipo di morale è dettato dalla convinzione che a un'azione errata segua automaticamente una punizione. Successivamente, attraverso l'interazione con altri bambini, essi scoprono che un comportamento strettamente aderente alle regole può talvolta essere problematico. Ecco allora che sviluppano uno stadio "autonomo" di pensiero morale caratterizzato dalla capacità di interpretare le regole criticamente e selettivamente basandosi sul mutuo rispetto e sulla cooperazione. Piaget trasse la conclusione, apparentemente paradossale, che questa visione autonoma di moralità come rispetto del prossimo, è più forte e porta a comportamenti più coerenti che la morale dei bambini più piccoli. Piaget concluse così che la scuola dovrebbe enfatizzare i processi decisionali basati sulla cooperazione, la soluzione di problemi e richiedere che gli studenti lavorino su regole comuni basate sul rispetto dei ruoli.
Gli studi di Piaget furono sviluppati successivamente da Lawrence Kohlberg (1958) che elaborò una teoria dello sviluppo della qualità morale basata su 6 stadi. Il metodo utilizzato si basò su interviste a 72 bambini di 10, 13 e 16 anni di ceto medio e basso, su una storia la cui interpretazione morale può essere controversa.
Eccola:
Heinz ruba la medicina
"In Europa una donna era vicina alla morte per una rara forma di cancro. C'era una medicina che i dottori ritenevano potesse curarla: era una forma di radio che il farmacista aveva recentemente scoperto. La medicina era costosa da preparare ed inoltre il farmacista caricava 10 volte il costo di preparazione. Egli pagava 200$ per il radio e chiedeva 2000$ per una piccola dose di medicina. Il marito della donna malata, Heinz, andò in giro a chiedere in prestito denaro, ma raccolse soltanto 1000$, metà del costo. Recatosi dal farmacista gli disse che sua moglie stava morendo e gli chiese di pagare meno la medicina o di dare la differenza successivamente. Ma il farmacista disse: "No, io ho scoperto la medicina e ho intenzione di guadagnarci.". Così Heinz si disperò e rubò la medicina. Avrebbe dovuto farlo?"

Gli stadi dello sviluppo della moralità definiti da Kohlberg sono qui brevemente descritti:


Stadio Comportamento
PRIMA DELLA MORALITA'
STADIO 1 - Orientamento punizione-obbedienza Obbedienza alle regole al fine di evitare la punizione (simile al primo stadio di Piaget)
STADIO 2 - Individualismo e Scambio Adeguamento a delle regole per ottenere ricompense o vantaggi
MORALITA' COME CONVENZIONE
STADIO 3 - Moralità per mantenere buone relazioni e l'approvazione degli altri Conformità alle "regole" per mantenere buone relazioni ed evitare la disapprovazione degli altri
STADIO 4 - Mantenimento dell'ordine sociale Conformità alle "regole" per evitare la censura da parte dell'autorità
MORALITA' COME ACCETTAZIONE DEI PRINCIPI MORALI
STADIO 5 - Morale del contratto, dei diritti individuali e delle leggi accettate e condivise Desiderio di mantenere un buon funzionamento della società (anche se ci si incomincia a domandare: Cos'è una buona società)
STADIO 6 - Principi universali Morale dei principi individuali della coscienza Conformità a dei principi individuali per evitare l'autocondanna

In accordo a questa teoria, nell'infanzia la condotta viene regolata secondo i primi due stadi di sviluppo della morale, successivamente il comportamento si evolve in successivi stadi Si vede così che la moralità si sviluppa per apprendimento sociale che varia a seconda del contesto in cui si vive: criteri morali assorbiti nell'infanzia e durante l'adolescenza dal contesto familiare e sociale, attraverso la maturazione da uno stadio all'altro, verranno poi mantenuti in età adulta, anche in situazioni diverse.
Negli anni 70 studi più estesi condotti dal gruppo di ricerca Kohlberg iniziarono a mostrare delle anomalie nella sequenza degli stadi di sviluppo delle moralità. Una delle più produttive linee di ricerca fu quella di Elliot Turiel: la teoria del dominio.
Secondo tale teoria nei bambini a partire dai 39 mesi si differenziano 2 rispettivi domini (ambiti) concettuali: "le convenzioni sociali" e gli "imperativi morali". Azioni nel dominio della moralità hanno effetti "intrinseci", mentre azioni che riguardano la sfera sociale non hanno effetti intrinseci interpersonali ed è per questo che trasgredire le convenzioni è ritenuto meno grave che disobbedire alle norme morali universalmente riconosciute. Moralità e convenzioni occupano quindi ambiti distinti, paralleli.
La seconda maggiore critica alla teoria di Kohlberg fu sviluppato da Carol Gilligan che, tra l'altro, gli rimproverò di avere utilizzato solo maschi nelle interviste, ricavandone una visione incompleta. Gilligan sviluppò un concetto di moralità del "prendersi cura" in alternativa alla moralità della giustizia e dei diritti. Moralità non come obbligo a non trattare gli altri in modo scorretto, ma come non sottrarsi dall'aiutare qualcuno nel bisogno. Una teoria quanto mai attuale …
Conclusioni
C'è un generale consenso tra gli studiosi di questa materia sul principio che lo sviluppo della moralità avvenga per stadi successivi. Ne consegue che la personalità dell'adulto riflette le caratteristiche sviluppate durante l'infanzia, anche negli aspetti della concezione della moralità.
I primi anni di vita, in particolare dai sei ai tredici anni, hanno perciò un'importanza straordinaria non solo nella formazione della personalità, ma anche nel comportamento sociale. Il ruolo dei genitori e della scuola è fondamentale. In quel periodo si forma la concezione morale degli individui e perciò della società.
Spesso invece, nell'attuale società orientata principalmente ai consumi e all'accumulo di denaro, in questo periodo cruciale del rapporto genitori-figli, generalmente concomitante con lo sviluppo di carriera di uno o entrambi i genitori, il tempo e l'attenzione dedicati alla formazione sono limitati.
Non si tiene in sufficiente considerazione il fatto che, nello sviluppo psicologico e morale, "il bambino è il padre dell'uomo".

IL VIZIO TOTALE ED IL VIZIO PARZIALE DI MENTE: QUESTIONI MEDICO-LEGALI

Vizio totale di mente. Art. 88 c.p. - Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere o di volere.

L'infermità che dà luogo al vizio di mente può consistere in un'alterazione morbosa psichica o fisica, funzionale o organica, acuta o cronica, transitoria o permanente, continua o accessionale, congenita o acquisita.

Malattie mentali: la frenastenia, le psicosi distimiche, la schizofrenia, la paranoia, le demenze varie, le psicosi ossessive;

Malattie cerebrali: di natura neurologica, quali le meningiti, le encefaliti, la sifilide cerebrale, l'epilessia, i tumori, gli esiti di rammollimenti o emorragie, le atrofie cerebrali, le sclerosi cerebrali diffuse, le sequele di traumi cranici;

Malattie somatiche: di origine infettiva, tossica, metabolica, endocrina, ecc., quali stati febbrili acuti, il tifo, la polmonite, la pellagra, l'insufficienza epatica acuta, l'uremia, le intossicazioni acute da psicofarmaci e quelle croniche professionali da mercurio o tetracloroetile di piombo, il morbo di Basedow e le gestosi.

Poichè deve trattarsi di un'infermità sono escluse la semplice disarmonia affettiva, la bizzarria del carattere, la stravaganza della condotta, le anomalie caratteriali e comportamentali.

Nel malato di mente vengono meno le facoltà di comprendere il carattere proibito dell'azione e la capacità di agire in conformità. Si hanno deliri acuti febbrili che provocano lo sconvolgimento mentale assoluto; gli stati confusionali acuti o subacuti e gli obnubilamenti della coscienza causati da fatti tossici, da amenzie, da epilessia o da altre affezioni che sopprimono la facoltà di discernimento e di controllo delle proprie azioni.

Si compiono azioni irresponsabili quando la condotta è nettamente dominata da motivi irreali, deliri o allucinazioni, idee coatte, eccitazioni maniacali, raptus del depresso. Le reazioni esplosive o a corto circuito sfuggono completamente al controllo della volontà.

L'esistenza di un vizio di mente deve essere valutata in relazione al soggetto, cioè in base alla natura e al grado dell'alterazione psichica, e in relazione al fatto, accertando se vi è congruenza tra l'anomalia mentale, il comportamento e la specie di reato commesso (chi è affetto da delirio di gelosia non è portato a rubare).

Si ha il vizio permanente se dipende da un turbamento psichico protratto nel tempo in rapporto con la stabilità e la durevolezza dell'infermità che lo cagiona; si ha il vizio temporaneo se il disordine psichico è fugace, momentaneo, in questo caso, per escludere l'imputabilità, occorre stabilire se l'alterazione mentale era presente nel momento in cui il soggetto ha commesso il fatto.

Vizio parziale di mente. Art. 89 c.p. - Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità di intendere o di volere, risponde del reato commesso, ma la pena è diminuita.

Il codice penale basa la differenza tra vizio totale e vizio parziale di mente su un criterio quantitativo, con esplicito riferimento al grado di riduzione della capacità intellettivo-volitiva, da valutarsi con un giudizio di approssimazione, tuttavia non può trascurarsi il criterio qualitativo fondato sulla natura clinica dell'infermità.

Rientrano tra le infermità produttive di vizio parziale le forme meno gravi di oligofrenia, di demenza senile o di schizofrenia, le manifestazioni attenuate delle psicosi più note, il cosidetto carattere epilettico, le psicosi isteriche, la psicoastenia e le personalità psicopatiche accentuate.

Casi particolari.

Per i minori di 14 anni esiste una presunzione di assoluta incapacità di intendere e di volere (art. 97 c.p.).

Per i minori di 18 anni la capacità di intendere e di volere va dimostrata caso per caso (art. 98 c.p.).

Intossicazioni acute o croniche derivate da caso fortuito o da forza maggiore escludono l'imputabilità (art. 91 c.p.), ugualmente non è imputabile chi viene costretto da altri a commettere un reato (art. 86 c.p.).

Anche per il sordomuto deve essere provata caso per caso la sua capacità d'intendere e di volere (art. 96 c.p.).

Coseguenza giuridica.

Il vizio totale di mente ha per conseguenza il proscioglimento dell'imputato, al quale si applica la misura di sicurezza ricoverandolo in ospedale psichiatrico giudiziario (art. 222). Nel caso di vizio parziale si applica il cumulo della pena ridotta e della misura di sicurezza (art. 219), prima scontando la pena poi facendo luogo al ricovero in una casa di cura e di custodia.

L'OMICIDIO DI SUOR MARIA LAURA MAINETTI. UNA RIFLESSIONE di Carlo Climati

Fascino del satanismo e dell'esoterismo - La dittatura del dio denaro - Malintesa ribellione - Marilyn Manson - Il filone del rock satanico -
Cosa fare?

Si é celebratoa Milano il processo di appello contro le assassine di Suor Maria Laura Mainetti a Chiavenna. Conferma della pena per Veronica Pietrobelli (8 anni e 6 mesi) e per Milena De Giambattista (8 anni, sei mesi e 20 giorni). Riforma del giudizio di primo grado ("non punibile per vizio totale di mente") e condanno a 12 anni e 4 mesi per Ambra Gianasso). Riconosciuta per tutte e tre la seminfermità mentale.
Consensi pressoché generali a Chiavenna e in provincia.
Resta il dubbio su chi abbia potuto eventualmente influenzare le tre ragazze, condizionarle se non al punto di arrivare all'assassinio quantomeno a stravolgerne i valori, posto che ne avessero.
Resta l'attesa. L'onore degli altari attende Suor Maria Laura.
Pubblichiamo una acuta riflessione di Carlo Climati (a.f.)


FASCINO DEL SATANISMO E DELL'ESOTERISMO
L'omicidio di Suor Maria Laura Mainetti, uccisa da tre ragazze
minorenni di Chiavenna che volevano fare una specie di
"sacrificio al diavolo", deve far riflettere sul problema, sempre piu'
attuale, del fascino esercitato da satanismo ed esoterismo sui
ragazzi.
Al di là di questo episodio e delle nuove condanne, sulle quali non e'
corretto pronunciarsi, può essere utile fare alcune considerazioni
più generali sul fenomeno dell'occultismo giovanile.
In questo modo, forse, sarà possibile operare in modo costruttivo,
affinché casi come quello di Chiavenna non si ripetano mai più.

LA DITTATURA DEL DIO DENARO
La prima considerazione da fare e' che una parte della responsabilità
della diffusione dell'esoterismo e' sicuramente da attribuire alla
dittatura del "dio denaro". Satanismo ed occultismo rappresentano, per
molta gente, un buon espediente per fare soldi sulla pelle dei
ragazzi.
Esoterismo e satanismo, oggi, vengono facilmente "trasmessi" ai giovani
attraverso certa musica rock, certe feste in discoteca, certi siti
Internet, alcune riviste per ragazzi, certi videogiochi e giochi di
ruolo, certi video musicali e programmi televisivi.
I ragazzi, oggi, sono considerati dei "bidoni aspiratutto", ai quali è
lecito offrire qualunque cosa, pur di arricchirsi alle loro spalle. E
così li si riempie di magia, satanismo, violenza, sangue, razzismo,
prodotti consumistici che rappresentano un vero e proprio veleno per
l'anima. L'importante è che i ragazzi comprino. Non importa cosa. Ciò
che conta è fare soldi. Tanti soldi.
Alcune persone tendono a sminuire il problema dell'esoterismo
giovanile, dicendo che si tratta semplicemente di un fenomeno
commerciale, non strettamente collegato agli ambienti della magia e
delle sette.
Questo non e' assolutamente vero. Certi cantanti rock sono realmente
legati ad organizzazioni sataniche e vivono il satanismo come
"religione" ed "ideologia".
E comunque, anche le persone che sfruttano solo commercialmente
l'esoterismo hanno le loro responsabilità. I "mercenari" hanno le loro
colpe. Pur non credendo nell'occultismo, lo "vendono" e lo propongono
ai giovani. E quindi, rappresentano un "ponte" tra i ragazzi e questo
tipo d'argomenti.

MALINTESA RIBELLIONE
Molti giovani cercano volontariamente l'esoterismo. Altri lo subiscono.
Altri ancora lo raggiungono attraverso strade diverse. Ma l'equivoco
che accomuna tutti questi comportamenti e' uno solo: credere che
esoterismo e satanismo possano rappresentare, in un certo senso, una
forma di ribellione nei confronti della società e del "potere".
I ragazzi sono fondamentalmente buoni ed onesti. La loro limpidezza
d'animo li porta, spesso, a scontrarsi con le regole di un mondo cinico
e crudele che stravolge i buoni insegnamenti da loro ricevuti. Il loro
senso della giustizia viene "tradito" e nasce, così, un pessimismo che
può degenerare nella ricerca dell'esoterismo e del satanismo.
La scuola e la famiglia educano i giovani ad essere bravi, corretti e
studiosi. Poi, nella vita, ci si accorge improvvisamente che la
correttezza e l'onesta' possono diventare un "handicap".
Ai bambini viene insegnato a non dire bugie. Ma quando si cresce, si
scopre che la menzogna e' alla base di tanti meccanismi del sistema in
cui viviamo.
E' così che i giovani entrano in crisi. Si scontrano con i soprusi di
una società crudele, e credono erroneamente di combatterla attraverso
la falsa trasgressione del satanismo. Oppure, si estraniano dal mondo
costruendosi delle "celle di isolamento" come la droga, il rock, la
discoteca o le comunicazioni virtuali di Internet.

MARILYN MANSON
Negli ultimi anni, in televisione e sui giornali, si è parlato molto
del cantante americano Marilyn Manson, esponente di spicco della
corrente musicale del "rock satanico". Gli aspetti "diabolici" della
sua filosofia sono stati ben messi evidenza, ma nessuno si è mai
soffermato su altro lato inquietante della personalità di questo
personaggio: l'idea di un mondo in cui sopravvivono i più forti.
Marilyn Manson, come sappiamo, ha fatto della trasgressione e della
provocazione le sue armi fondamentali. Il suo stesso nome è tutto un
programma. Unisce il mito di Marilyn Monroe al triste ricordo di
Charles Manson, uno squilibrato che negli anni sessanta diede vita ad
una setta responsabile di vari omicidi.
L'aspetto più inquietante del pensiero di Marilyn Manson e' l'idea di
un mondo in cui sopravvivono i più forti. Il cantante ha dichiarato in
una sua intervista: "Tutte le droghe dovrebbero essere legali. Poi la
gente che si vuole uccidere avrà l'opportunità di... Sai, un po' di
darwinismo sociale elimina i deboli. (...) Alla gente dovrebbe essere
permesso di fare quello che vuole: questa è la base del darwinismo
sociale. Sopravvive il più forte".
Quali sono gli "ideali" di Marilyn Manson? Il cantante li ha riassunti
in questa dichiarazione: "Satanismo non significa adorare il diavolo.
Significa che l'uomo dev'essere il proprio dio sulla terra. Non devi
adorare niente e nessuno, tranne te stesso" .
Ecco perché Marilyn Manson parla di un mondo in cui "sopravvive il più
forte" . Se l'uomo si mette al posto di Dio, tutto è permesso.
Questi aberranti concetti non sono soltanto satanici. Sono decisamente
contro l'uomo e contro la Vita. Purtroppo, molti ragazzi sembrano
essere affascinati dalla filosofia di Marilyn Manson e finiscono per
sposare certi "ideali".

IL FILONE DEL ROCK SATANICO
Il problema è che, negli ultimi anni, si è sviluppato un vero e proprio
filone di "rock satanico" e contro la Vita. Questa corrente musicale si
può considerare il seme di una pericolosa pianta, che rischia
d'avvelenare i ragazzi. Se questo seme viene gettato in un terreno
fertile, la pianta velenosa potrà nascere, svilupparsi e creare dei
danni seri.
Il "terreno fertile" è quello dei tanti problemi che, a volte,
caratterizzano il mondo dei giovani: disoccupazione, incomunicabilità,
solitudini, incertezze, situazioni familiari difficili, consumo di
droghe ed alcolici. Questo micidiale "cocktail" di rock nichilista e
problemi umani può produrre effetti devastanti nella mente di persone
già in crisi o psicologicamente fragili.

COSA FARE?
Come contrastare questo fenomeno? La soluzione sta nell'abituare i
giovani al consumo critico. I ragazzi non devono "bere" in modo passivo
tutto ciò che dicono certi divi della musica rock. Dobbiamo aiutarli a
riflettere, a capire, a rifiutare chi promuove la "cultura della
morte".
Non bisogna lasciarsi intrappolare da certe orribili filosofie. Se un
cantante promuove il satanismo, non dobbiamo più comprare i suoi
dischi. Rivolgiamo i nostri applausi a quegli artisti che comunicano
messaggi positivi e in favore della Vita. I buoni esempi non mancano.
Basta cercarli.
Carlo Climati

http://www.carloclimati.com

GdS - 8 IV 2002 e Il Gazzettino di Sondrio

mercoledì 25 luglio 2007

La tutela della persona nella magia commerciale e nei movimenti magico-spirituali

CONVEGNO: MOVIMENTI MAGICO-SPIRITUALI E SOCIETA’

LA TUTELA DELLA PERSONA NELLA MAGIA COMMERCIALE E NEI MOVIMENTI MAGICO-SPIRITUALI

Aspetti processuali penali – fonti normative e rimedi giuridici

Avv. Teresa Dennetta- Foro di Gorizia

1. L’art. 121 del Testo Unico Legge di Pubblica Sicurezza T.U.L.P.S., cita: “è vietato il mestiere di ciarlatano”.2. L’art. 231 del relativo regolamento per l’esecuzione specifica: “sotto la denominazione di mestiere di ciarlatano si comprende ogni attività diretta a speculare sull’altrui credulità o a sfruttare o altrimenti l’altrui pregiudizio, come gli indovini, gli interpreti di sogni, i cartomanti, coloro che esercitano giochi di sortilegio, incantesimi, esorcismi o millantano o affettano il pubblico grande valentia nella propria arte o professione, o magnificano ricette o specifici, cui attribuiscono virtù straordinarie o miracolose.”3. Il d.L. n°480 del 13/074/1994 ha aggravato le sanzioni previste “pagamento di una somma da lire 1.000.000 a lire 6.000.000” all’art. 3.4. La circolare del Ministero dell’Interno n°559/lec/200, 112-bis del 03/10/1994 ha invitato Prefetti, Commissari del Governo, Questori ad applicare sanzioni previste “per le inflazioni alle seguenti disposizioni del T.U.L.P.S. tra cui la violazione del divieto d’esercizio del mestiere di ciarlatano e ad ordinare la cessazione dell’attivitrà”.5. La norma in questione è stata ribadita della Sentenza n°5582 della Corte di Cassazione “l’attività di mago, giuridicamente, s’inquadra nel mestiere di ciarlatano espressamente vietato dall’art.121, ultimo comma T.U.L.P.S.” Testo Unico Legge di Pubblica Sicurezza. Queste leggi e/o disposizioni del nostro paese non vengono fatte rispettare!! Dall’ottobre 1994 le segnalazioni ricevute da persone raggirate sono 5.400; contatti o segnalazioni pervenuti al sito antiplagio 20.000; maghi “censiti” dall’associazione e reclamizzati circa 6.000 di cui 2.000 su Internet; maghi in Italia “censiti” 14.000; quindi in totale circa 20.000. Gli illeciti più frequenti sono l’evasione fiscale, la circonvenzione di incapace, la truffa aggravata, l’esercizio abusivo della professione medica, l’abuso della credulità popolare, il trattamento idoneo a sopprimere la coscienza e la volontà altrui, lo stato d’incapacità procurato mediante violenza, violenza nella privacy, pubblicità ingannevole.Esborso singolo più consistente un miliardo di Lire in provincia di Torino.L’evasione fiscale degli operai dell’occulto, dal 1990 al 1999, è di circa 25 miliardi di Lire, autorità informate oltre 6.000. Indagini e procedimenti penali circa 3.500, comprese chiusure di studi di maghi ed oltre 100 sentenze dell’anti Trust per pubblicità ingannevole, indagini in corso al 2002 circa 1.000, oggi in costante aumento.La truffa appare uno dei reati più affascinanti del codice penale, in quanto molto spesso si presente come uno scontro tra intelligenze, una sorta di contesa psicologica che la gente ingaggia nei confronti della vittima, senza fare ricorso alcuno alla violenza o a profili di aggressività.Ciò spiega perché la truffa sia fonte di minore allarme sociale rispetto ad altre forme di aggressione del patrimonio e perché, alle volte, susciti l’ammirazione del pubblico di fronte alle sue manifestazioni più geniali. Il minore allarme sociale della truffa è dovuto proprio al fatto che si tratta di un reato che necessita della cooperazione della vittima e che, quindi, non può essere commesso nei confronti di chiunque, ma prevalentemente a danno di soggetti meno vigili ed accorti.Infine la Corte di Cassazione, in varie sentenze, ha precisato, che “fare l’oroscopo o leggere la mano può essere utile alla collettività”. Questa sentenza della III^ sez. penale della Corte di Cassazione di Roma, spiega che fare oroscopi e vendere amuleti non è un’attività illecita, basta che i maghi paghino l’importo sul reddito come qualunque operatore di prestazioni sociali. La Cassazione nel sottolineare che fare gli oroscopi o cose affini non è reato li accomuna ad ogni altra professione, prevedendo che nell’esercizio del loro lavoro debbano pagare le tasse. Spiega l’Alta Corte che il loro reddito non costituisce, di per sé, reddito derivante da illecita attività e che l’attività chiromantica risponde a criteri o principi di una disciplina parapscicologica soggetta, nella storia, ad approfonditi studi, il cui diligente e prudente esercizio in alcuni settori dell’antropologia culturale, può ancora costituire oggetto di dibattito scientifico.Appare allora necessario, sotto il profilo dell’evoluzione giurisprudenziale e dottrinale, chiarire quando il mago compie un reato.6. Lo svolgimento dell’attività di astrologo, o grafologo o chiromante, o veggente o occultista, non è di per sé vietato. Tale svolgimento diventa proibito, e quindi il relativo contratto diviene nullo per illecità della causa, se contrario a norme imperative all’ordine pubblico e al buon costume o addirittura quando sia sanzionato da norme penali. Ciò premesso va precisato che seppur le predette attività non siano vietate, coloro che le svolgono integrano, nella maggior parte dei casi, gli estremi del reato di cui all’art. 661 del codice penale “abuso della credulità popolare arresto fino a 3 mesi o ammenda fino a Lire 2.000.000”, illecito di ciarlanteria ora depenalizzato ex art. 33 L. 689 del 1981 con riferimento all’art. 121 T.U.L.P.S. Testo Unico Legge di Pubblica Sicurezza., ed è il caso di maghi che pubblicizzano o magnificano le proprie capacità attraverso le inserzioni pubblicitarie. In tal senso merita segnalare decine e decine di pubblicità ingannevoli sospese dalla I.A.P. e dall’anti Trust, perché contrarie alle norme che disciplinano la pubblicità. Coloro che si professano guaritori integrano il reato di cui all’art. 348 del codice penale:abusivo esercizio di una professione.
1) Il reato di truffa, che spesso ricorre e di cui mi occuperò con questo mio intervento in modo diffuso, è più difficile da dimostrare ed è procedibile solo a querela di parte.È disciplinato dall’art. 640 del codice penale che prevede una reclusione da 6 mesi a 3 anni e una multa da € 51,00 a € € 1.032,00.
2)
La pena della reclusione da 1 a 5 anni e la multa da € 309,00 a € 1.549,00:a) se il fatto è commesso a danno dello stato o di altro ente pubblico col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare;b) se il fatto è commesso integrando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dover eseguire un ordine delle autorità.
3)
È punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra a taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o un’altra circostanza aggravata. La giurisprudenza esistente fino ad oggi è a favore dei maghi, molto spesso assolti, ad eccezione di quelli che si fregiano dal titolo di dottore o, eventualmente, per quelli che hanno commesso il reato di truffa, magari affiancato con il reato di abuso sessuale ed altro.Appare allora di fondamentale importanza considerare la struttura del reato di truffa e i quattro elementi costitutivi: gli artifici o raggiri, l’errore altrui, l’ingiusto profitto l’altrui danno. È chiaro che la mancanza dei primi elementi, gli artifici o raggiri, determini la non rilevanza penale del fatto con conseguente assoluzione con la formula perché il fatto non sussiste. L’assenza, invece, del profitto o del danno causa solo configurabilità dell’ipotesi tentata. Un accertamento dell’esistenza di questi elementi, va effettuato con criteri analitici diversi, volta per volta ritenuti più idonei a verificare se ad esempio quella determinata azione può costituire raggiro oppure se vi sia stato danno alla parte lesa.Gli artifici e raggiri sono individuabili nella condotta di chi mostra come esistenti delle qualità e quelle condizioni che l’ingannato richiede per concludere l’affare e sulle quali fa affidamento.Negli artifici l’operato si manifesta con azioni positive materiali che modificano il mondo esterno; nei raggiri l’operato si manifesta con le parole “Cortese – la struttura della truffa, Napoli 1968, Novene pag. 85”.Il raggiro viene definito come ogni affermazione mendace idonea a sorprendere l’altrui buona fede; qualsiasi espediente è capace di determinare in altri una falsa rappresentazione della realtà oppure ogni simulazione del vero. La particolare condizione di un soggetto, quale determinata dalla sua fragilità di fondo o da situazioni contingenti, non esclude affatto la configurabilità del reato di truffa, anzi, ne rende più agevole l’esecuzione ed è inoltre stato evidenziato che è emerso in alcune fattispecie che alle parti offese fu promessa la soluzione o guarigione dei loro mali fisici o psichici o del loro disagio esistenziale, ovvero un miglioramento della mente con un’attività di stimolazione del cervello. Il tutto attraverso una “terapia” e con l’adesione di un credo religioso per come fu da tutti percepita l’offerta, terapia peraltro pagata, e situazioni in cui si profilano condotte costantemente fraudolente, con le conseguenti induzioni in errore di soggetti facilmente raggirabili, il danno economico degli stessi con relativo profitto ingiusto.Se da un lato la reiterazione nei confronti di soggetti particolarmente fragili, suggestionabili di comportamenti molesti finalizzato a coartare la loro libertà di autodeterminarsi in ordine ai propri interessi patrimoniali, preconizzando altresì mali futuri nella specie mali gravi ed incurabili, laddove non si fosse addivenuto all’esaudimento di pesanti richieste integra l’ipotesi del raggiro aggravato, dall’ingenerato timore di un pericolo immaginario di cui all’art. 640, c. 2, punito con la pena di reclusione da 1 a 5 anni.D’altro canto, la Corte di Cassazione ritiene che ricorrono gli estremi delle minacce, quindi del reato di estorsione, laddove la gente prospetti il male come certo e dipendente dalla propria volontà in modo da costringere la vittima a scegliere tra il compimento della prestazione richiesta e la soggezione al danno minacciato.Veniamo ora alla tutela nei confronti dei movimenti magico-spirituali.Innanzitutto dobbiamo precisare che non tutte le azioni biasimevoli commessi da questi gruppi vengono sottoposti a giudizio.I giudizi richiedono il sussistere di diverse condizioni spesso difficili da ottenere:1 è necessario che la persona sia cosciente di aver subito un danno 2 è necessario che la vittima decida di sporgere denuncia( molto spesso si desidera solo voltare pagina o si ha paura di rappresaglie)3 è necessario che i fatti corrispondano ad una incriminazione prevista e sanzionata dalla legge.Il fenomeno dei gruppi magico-religiosi presenta pericoli sia per il singolo che per la società:· Pericoli per l’individuo primo tra tutti la destabilizzazione mentale (destabilizzare qualcuno allo scopo di assoggettarlo all’influenza dell’altro con conseguenze importanti quali la depressione, comportamenti schizofrenici fino a pratiche che minano l’integrità fisica dei seguaci).· Pericoli per la comunità come presenza di messaggi antisociali con pratiche contrarie alla legge e alla morale, disturbo nell’economia con ricorso al lavoro nero ed evasione fiscale.Le norme vigenti in Italia, che permettono una tutela giuridica, sono previste dal nostro ordinamento e l’elencazione cui seguirà vuole evidenziare soltanto alcuni dei reati più commessi in questi gruppi e la cui punibilità è prevista dalle nostre leggi:- violenza carnale, anche a danno di minori (art. 519), corruzione di minorenni (art. 530);- abbandono di minore (art, 591);- violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570), inosservanza dell'obbligo dell’istruzione.- ingiurie (art. 594 c.p.), molestie (art. 660);- violenza privata (art. 610);- induzione alla prostituzione (artt. 533 e 534), atti contrari alla pubblica decenza (art. 726);- circonvenzione d'Incapace (art. 643);- stato di incapacità procurato mediante violenza (art. 613);- trattamento Idoneo a sopprimere la coscienza o la volontà altrui (art. 728);- spaccio e/o somministrazione di sostanze stupefacenti;- esercizio abusivo della professione medica (art. 348);- abuso della credulità popolare (art. 661);- truffa e/o truffa aggravata (art. 540);- usura (art. 644);- sequestro di persona (art. 605);- omissione di soccorso (art. 593);- istigazione o aiuto ai suicidio (art. 580);Ogni violazione dovrebbe portare allo scioglimento di quei movimenti il cui comportamento risulti contrario alla legge e alla morale o i cui scopi siano in conflitto con l'integrità dei territorio nazionale e con la Costituzione.Il problema non sta nel riformare un sistema quanto, piuttosto, nel farlo valere con la necessaria determinazione e una sempre maggiore sensibilizzazione.


Fonte - CESAP-Friuli