giovedì 24 gennaio 2008

MONACO VALUTA CHIUSURA ASILO "GESTITO" DA SCIENTOLOGY

Segnalazione giunta dai servizi segreti


Berlino, 23 gen. (Apcom) - Le autorità di Monaco di Baviera stanno valutando la chiusura di un asilo cittadino, in quanto c'è il sospetto che sia controllato dall'organizzazione religiosa Scientology. Nei giorni scorsi i servizi segreti interni bavaresi hanno inviato ai responsabili scolastici di Monaco una segnalazione, secondo cui tutti i membri dell'Associazione "Kinderhaeusl", che gestisce la scuola materna, farebbero parte di Scientology. Alcuni ricoprirebbero addirittura posizioni di rilievo all'interno della sezione tedesca della "Chiesa" fondata nel 1954 dallo scrittore di fantascienza Ron Hubbard. L'asilo, che sorge nel quartiere di Sendling, viene frequentato da 18 bambini dai due anni in su. In questo momento le autorità monacensi stanno valutando la comunicazione scritta inviata dall'associazione Kinderhaeusl in risposta alle accuse. La decisione sull'eventuale chiusura dovrebbe giungere al più tardi nei primi giorni di febbraio. Secondo le stime dei servizi segreti, in Germania Scientology conta tra i 5mila e i 6mila aderenti; per l'organizzazione sarebbero invece 30mila. A inizio dicembre i ministri degli Interni del governo federale e dei Laender hanno incaricato i servizi segreti interni di raccogliere le informazioni necessarie per avviare una possibile inchiesta preliminare, che potrebbe sfociare in una messa al bando dell'associazione. In Baviera, come negli altri Laender, Scientology è controllata dai servizi segreti, in quanto i suoi scopi vengono ritenuti incompatibili coi principi e i diritti fondamentali sanciti nella Costituzione tedesca.

Fonte - Apcom, 23 Gennaio 2008

martedì 22 gennaio 2008

Arrestati tre adepti di Scientology, Segregata in casa per anni in mezzo ai rifiuti


Hanno segregato una donna in casa per anni, tra la sporcizia e tra i rifiuti. Tre cittadini francesi sono stati ora arrestati. Il fatto è accaduto in una casa di Nuoro, fra sporcizia e rifiuti. Fra loro c'è anche una donna. La vittima - secondo quanto scoperto dagli inquirenti - era costretta a vivere in condizioni igienico-sanitarie pessime e a dormire su un materasso sporco. E' stata trovata rinchiusa in un'abitazione sul monte Ortobene. Le persone coinvolte nella vicenda militano nel movimento religioso di Scientology.
Gli arrestati, finiti nel carcere nuorese di Badu e Carros, sono Marie Claude Decouduh, 42 anni, Rachid Hassereldith Kabbara, diciottenne, e un suo coetaneo, Julien Queyrou, tutti adepti della setta. La donna segregata, 47 anni, di nazionalità francese ma di origine tunisina, era riuscita ieri pomeriggio ad attirare l'attenzione di un passante lasciando cadere in strada, dal suo tugurio, alcuni pezzi di carta con richieste di aiuto.
Chi li ha trovati ha subito telefonato al 113. Personale delle Squadre mobile e volante, arrivato sul posto, ha individuato la casa rurale da cui era stato lanciato il disperato appello e fatto irruzione all'interno. Al primo piano sono stati trovati tre francesi, a quello superiore la donna che aveva chiesto aiuto: era seminuda e dormiva su un materasso infestato dagli insetti. Un'ambulanza del 118 l'ha accompagnata subito all'ospedale San Francesco di Nuoro, dov'è ricoverata in osservazione.

Fonte - Sardegna Oggi, Lunedí 21.01.2008

lunedì 21 gennaio 2008

Maghi e sensitivi, un fenomeno sempre più dilagante in Italia


di Enrico Baccarini

Il relativismo religioso e culturale in cui la nostra società vive ha condotto migliaia di persone ogni anno ad aderire a Nuovi Movimenti Religiosi, culti o sette di vario genere nonché ad affidarsi alle cure di maghi e fattucchiere in tutto il Paese. Una recente analisi del Telefono Antiplagio, rapporto annuale del 2007, mette in evidenza come questo fenomeno stia sempre più dilagando in ogni fascia della popolazione con cifre a dir poco incredibili. Il dato preoccupante che emerge indica come una porzione di tre milioni di italiani si rivolga annualmente a maghi e guaritori per ricevere sollievo o cure da malattie più o meno gravi. Emerge un totale di dodici milioni di italiani, circa 33 mila al giorno, che si rivolgo ad astrologi ed improbabili sensitivi o veggenti per trovare sollievo alle proprie pene interiori. Tra maghi, guaritori e astrologi censiti nel Nostro paese si contano 151.000 presenze (di cui 6.000 reclamizzate e ben 145.000 non presenti su canali mediatici a larga diffusione). La suddivisione geografica indica come tali individui si collochino per un 42% nel Nord, un 28% nel Centro, per il 19% nel sud e un 11% nelle isole. Le province a più alta densità risultano essere Milano, Roma, Napoli, Torino e Palermo mentre tra gli illeciti più comuni riscontrati troviamo una sequela di reati di non poco conto: esercizio del mestiere di ciarlatano, evasione fiscale, circonvenzione d'incapace, truffa, truffa aggravata, estorsione, esercizio abusivo della professione medica e psicologica, abuso della credulità popolare, violazione della privacy, pubblicità ingannevole. Il panorama che emerge da queste nuove analisi non è certamente dei più confortanti soprattutto se si tiene conto come il 98% di tali soggetti sia condannato per evasione fiscale e annualmente tale 'categoria' registri introiti per oltre 6 miliardi di euro. Nel lontano 1999, l’allora Cardinale Joseph Ratzinger, durante un’intervista rilasciata a Ignazio Artizzu sul dilagare della magia, si espresse precisando che “Il nome del diavolo nella Sacra Scrittura, "padre della menzogna", diventa comprensibile in modo nuovo se consideriamo tutti questi fenomeni, perché qui troviamo realmente la menzogna nella sua purezza totale”. La Chiesa, al passo n. 2117 del Catechismo, condanna apertamente ogni forma di magia ed occultismo indicandola come contraria al primo comandamento. La Bibbia stessa è ricca di moniti e condanne verso tutte le pratiche di magia, stregoneria e dei loro derivati come lo spiritismo e la divinazione. "Non si trovi in mezzo a te chi immola, facendoli passare per il fuoco, il suo figlio o la sua figlia, né chi esercita la divinazione o il sortilegio o l'augurio o la magia; né chi faccia incantesimi, né chi consulti gli spiriti o gli indovini, né chi interroghi i morti" (Dt 18,10). Anche negli Atti degli Apostoli vi sono chiari riferimenti contro la magia. Simon mago venne condannato perché cercò di sfruttare la potenza della Spirito a beneficio delle sue pratiche magiche (cfr. At 8, 9-26), mentre San Paolo rimproverò duramente il mago Elimas perché si opponeva alla conversione del proconsole Sergio (cfr. At 13, 8-12). Si tratta, insomma, di pratiche (quelle magiche) antiche quanto l'uomo ma che continuano ad attirare e soggiogare migliaia di individui ogni anno, un fenomeno tanto preoccupante quanto distante dalla religiosità e dal credo cristiano.


Fonte - Petrus, il quotidiano On-Line sul Pontificato di Benedetto XVI

giovedì 17 gennaio 2008

CHIESA DI KAKA' FA CAUSA A GIUDICE BRASILIANO


La setta "Renascer em Cristo" ha accusato di persecuzione il giudice brasiliano che ha chiesto alle autorità italiane di interrogare Kakà. La chiesa pentecostale "Renascer em Cristo" ha emesso una nota affermando che farà causa al giudice Marcelo Mendroni. Nello scorso fine settimana Mendroni ha rivelato alla rivista brasiliana 'Carta Capital' di aver chiesto chiarimenti al giocatore del Milan sulle donazioni fatte alla chiesa brasiliana (si parla di quasi un milione di dollari all'anno) e sulle sue frequentazioni con i due fondatori di "Renascer", Estevam e Sonia Hernandes, arrestati negli Stati Uniti con l'accusa di appropriazione indebita di fondi.

Fonte - La Repubblica, 14/01/2008

Tom Cruise si crede il Messia, ecco il Video


Finalmente la verità. Spunta in rete (e ogni volta poi scompare) un video in cui l'attore parla apertamente della sulla sua fede in Scientology. Inquietante. Ma giudicate voi...
Dopo tante illazioni su Tom Cruise e la sua fede in Scientology, un filmato chiarisce tutto. Ma ogni volta che spunta in rete, poi scompare, viene rimosso. Rispunta quando qualcun altro lo rimette online. E non c'è da stupirsi: i giornali americani lo hanno definito inquietante. E così pare, in effetti. Da poco l'attore ha ricevuto dalla setta la Freedom Medal of Valor (medaglia al valore per la libertà) e in questa intervista video rivela finalmente la vera dimensione della sua fede e il suo personalissimo credo. Il settimanale Usmagazine ha persino pubblicato in rete una trascrizione delle parti salienti. Eccola, in lingua originale.

Tom si descrive come una specie di Messia, «il momento è adesso, è giunta l'ora - dice - e se sei un membro di Scientology lo devi sapere perché la gente si rivolge a te, è bene che tu sappia, e se non lo sai, vai e impara, non far finta di sapere. Perché noi siamo qui per aiutare».
Esordisce dicendo che far parte di Scientology è un privilegio, perché si ha la possibilità, come ora sostiene di avere lui, di migliorare il mondo: «Quando sei di Sicentology, guardi in faccia qualcuno e sai senza incertezza che lo puoi aiutare [...] Se c'è un incidente e ci passi accanto, sai che ti devi fermare perché come membro di Scientology sai che sei l'unico che può davvero fare qualcosa». Parla della sua vita come di una missione a cui non può rinunciare, di una specie di obbligo a cambiare il mondo, a convertire la gente, a portare la pace, a riunire le culture, a far trionfare il bene. Sostiene di avere una conoscenza superiore: «Noi abbiamo l'autorità per liberare i drogati dalla loro dipendenza, noi abbiamo l'autorità sulle menti umane, noi abbiamo l'autorità per migliorare le condizioni... Noi siamo in grado di riabilitare i criminali». Dice che viaggiando ha potuto conoscere molta gente importante, leader che hanno bisogno, che contano su chi può cambiare il mondo e «quelli siamo noi, noi di Scientology possiamo e abbiamo il dovere di farlo».

Cruise non ha mai nascosto la sua fede e -come sostiene Usmagazine - ha persino imposto a Katie Holmes, prima di sposarla, che firmasse un contratto prenuziale in cui prometteva di essere devota a Scientology e di educare i propri figli secondo quella stessa fede. Ma questo video va oltre.

(Libero News Notizia del 15 gennaio 2008 )

Leggi anche:
Speciale sette religiose
Cruise Messia di Scientology

Scientology: la vera verità dalla bocca di Tom Cruise


Tom Cruise e Scientology. Quanto ne abbiamo parlato? Forse troppo. Però oggi è apparso in rete un video (lo trovate dopo il salto ma credo che verrà tolto presto dalla circolazione…) in cui l’attore parla a ruota libera della sua religione e del suo ruolo. Ecco le parti salienti del suo ‘discorso alla nazione’:

“Il momento è adesso, è giunta l’ora e se sei un membro di Scientology lo devi sapere perché la gente si rivolge a te, è bene che tu sappia, e se non lo sai, vai e impara, non far finta di sapere. Perché noi siamo qui per aiutare…”

“Quando sei di Scientology, guardi in faccia qualcuno e sai senza incertezza che lo puoi aiutare (…) Se c’è un incidente e ci passi accanto, sai che ti devi fermare perché come membro di Scientology sai che sei l’unico che può davvero fare qualcosa”.
“Noi di Scientology abbiamo l’autorità per liberare i drogati dalla loro dipendenza, noi abbiamo l’autorità sulle menti umane, noi abbiamo l’autorità per migliorare le condizioni… Noi siamo in grado di riabilitare i criminali”.

Fonte: LiberoNews

lunedì 14 gennaio 2008

MITT ROMNEY: UN MANAGER CON L'OSTACOLO DELLA FEDE




WASHINGTON - Un padre governatore e candidato presidente, un ricco clan familiare, un nome di battesimo preso in prestito dal fondatore della catena alberghiera Marriott: tra i candidati repubblicani alla Casa Bianca, Mitt Romney e' quello con la storia personale che piu' assomiglia a quella dell'uomo di cui spera di prendere il posto, George W.Bush. Come Bush, anche Romney e' figlio d'arte ed e' stato uomo d'affari e poi governatore, prima di tentare il grande balzo.Del presidente condivide molto anche sul piano delle scelte,dalla guerra in Iraq alla politica fiscale. Romney ha il profilo perfetto per piacere al mondo repubblicano che ha sostenuto Bush, tranne che per un particolare, tutt'altro che secondario: la fede mormone. La religione e' il grande ostacolo che si frappone tra l'ex governatore del Massachusetts e la nomination.

A Romney tocca un compito in qualche modo simile a quello che John F. Kennedy affronto' nel 1960, quando convinse l'America che da primo presidente cattolico non avrebbe preso ordini dal Papa. Convincere i cristiani evangelici a non diffidare di quella che per molti di loro resta una setta, e' stata una delle sfide principali della campagna di Romney, che l'ha affrontata anche con un discorso di alto profilo sul ruolo della fede in America ricco di ispirazioni kennedyane.

Willard Mitt Romney e' nato il 12 marzo 1947 a Detroit,quarto figlio di George e Lenore Romney, subito ribattezzato 'baby miracle' perche' la madre, secondo i medici, non avrebbe potuto piu' restare incinta. Il primo nome era in onore del miglior amico del padre,J.Willard Marriott, fondatore mormone dell'omonima catena di hotel. Il secondo nome era invece ispirato a Milton 'Mitt' Romney, un cugino di George, celebre come 'quarterback' nei Chicago Bears. Mitt divenne ben presto il prodotto della buona borghesia dei sobborghi, oltre che il favorito del fu eletto governatore del Michigan quando Mitt era alle scuole superiori e la politica repubblicana permeo' la sua formazione fin dall'adolescenza.

Nel 1965 Mitt si trovo' all'universita' di Stanford in un periodo in cui nella vicina Berkeley cominciavano i bollori della protesta studentesca. Romney era il perfetto giovane repubblicano,impegnato in furibondi dibattiti contro fumo, droga e sesso. Come Bush, anche a Romney fu risparmiato il Vietnam. Prima che esplodesse il '68, parti' per due anni e mezzo per fare il predicatore mormone in Francia ed evito' la leva per motivi religiosi. Nel frattempo, aveva gia' chiesto di sposarlo alla fidanzatina del liceo, Ann Davies, quando questa aveva 16 anni.

Durante la permanenza di Mitt all'estero il padre George - cheintanto aveva fallito una campagna presidenziale - converti' Ann alla fede mormone. Romney la sposo' nel 1968 e hanno avuto cinque figli maschi: una famiglia perfetta per il candidato che si propone come difensore dei valori familiari in mezzo ad avversari quasi tutti divorziati. Anche in questo, assomiglia a Bush.

I 'five brothers' Romney, come un tempo i Kennedy, in questo periodo spuntano dovunque in campagna elettorale. Romney ha un MBA e un dottorato in legge presi ad Harvard, e' stato manager di successo nella societa' di consulenza Bain & Company e nel 2002 divenne il salvatore delle Olimpiadi invernali di Salt Lake City, prendendone la guida a un passo dal tracollo organizzativo. Subito dopo e' stato eletto governatore del Massachusetts, lo stato dei Kennedy e di John Kerry, un baluardo dei democratici.Il successo in casa del 'nemico' lo ha lanciato verso la Casa Bianca.


di Marco Bardazzi
(marco.bardazzi@ansa.it), ANSA, 6 Gennaio 2008

Setta evangelica: "RENASCER EM CRISTO"


AVVENIRE domenica 13/1/2008 ( PAG.33)
IL CASO Inchiesta in Brasile per i rapporti tra Kakà e la Chiesa evangelica
Il giudice del tribunale penale di San Paolo, Marcelo Men­droni, ha chiesto alla Procura di Milano di poter interrogare Kakà per i rapporti del giocatore del Milan con Estevam Her­nandes Filho e Sonia Haddad Moraes Hernandes, due brasilia­ni già condannati negli Stati Uniti per riciclaggio di denaro spor­co e a capo della chiesa evangelica pentecostale, frequentata da Kakà. Lo rivela un settimanale brasiliano Carta Capital, preci­sando che la richiesta del giudice Mendroni, inoltrata il 14 set­tembre 2007, non ha ancora avuto risposte. Il giornale ha mes­so in copertina Kakà, con l’eloquente titolo “La fede e i soldi”.
I due sono indagati anche in Brasile, dove la stella del Milan ha avuto rapporti frequenti con loro, fino a lasciare il trofeo del Fi­fa World Player presso la loro chiesa. Il giudice vuole sapere qua­li sono le relazioni tra Kakà e gli Hernandes, se i due frequenta­no la sua casa in Italia e in Brasile, se sono stati suoi ospiti dopo il 31 luglio 2006, data in cui sono stati formalmente accusati, e se il milanista fosse a conoscenza del fatto che erano ricercati.

Ma già il
CORRIERE DELLA SERA 28/12/2007 riportava, a pag.57, un ampio servizio sulle attività della setta "RENASCER EM CRISTO" scelta dal giocatore del Milan, alla quale versa un decimo del suo stipendio, mentre i capi sono agli arresti.
(si riportano ampi stralci dell'articolo a firma di Rocco Cotroneo -ndr)
Stati Uniti e Brasile indagano sulle attività dei fondatori di Renascer em Cristo. I giudici inguaiano la chiesa di Kakà.
Estevan e Sonia Hernandez sono agli arresti domiciliari in Florida. Lei si è proclamata vescovo, lui apostolo.
- CHI SONO: "Renascer em Cristo" é una setta pentecostale fondata da Estevan e Sonia Hernandez nel 1986. In Brasile hanno due milioni di seguaci. E' la seconda fondazione pentecostale in Brasile, dove vanta 1200 templi. Possiede TV e stazioni radio.
- LE ACCUSE: Secondo la giustizia brasiliana la setta é una "associazione a delinquere", centrale di riciclaggio di denaro sporco. Grazie alla carica aggressiva e alle suggestioni apocalittiche, tipica dei pentacostali, e sopratutto alle doti di marketing dell'apostolo Estevan, oggi é un gigante da svariati milioni di adepti. La "Renascer" respinge le accuse sostenendo che vi sia dietro la mano del demonio.
-IL RAPPORTO DI KAKA':Il giocatore é discepolo della "Renascer" da quando era solo un piccolo movimento nei quartieri di San Paolo.
L'Apostolo Estevan Hernandez e la Vescova Sonia hanno celebrato il matrimonio di Kakà e Carolina. Il campione milanista ha ammesso di versare ogni anno una parte del suo ricco stipendio (il cosiddetto "decimo" richiesto dalla chiesa evangelica) a "Renascer" em Cristo". Kakà ha confessato di recente: voglio diventare un pastore, dopo aver smesso di giocare.

giovedì 10 gennaio 2008

Idee new age: come dovrebbero rispondere i cattolici


Un interessante punto di vista teologico di Padre Peter Joseph, pubblicato sul mensile "AD2000".


Lo scorso mese, quando ho trattato il tema della guarigione dell'albero genealogico, ho detto che lo stato di attuale confusione della Chiesa ha portato alcuni a recepire inconsapevolmente delle idee new age. Tra queste ci sono alcune confuse nozioni riguardo le maledizioni, gli esorcismi e il battesimo dei defunti.

Spesso per guarigione dell'albero genealogico si intende la liberazione di una famiglia da qualche maledizione. Ma le maledizioni esistono? A differenza dei sacramenti della Chiesa, le maledizioni o gli incantesimi non agiscono ex opere operato (in virtù del rito stesso). Dio non ha dato al demonio un tale potere. La sua influenza è limitata, sporadica e determinata da Dio.

I rituali e le formule di maledizione non hanno una forza intrinseca, ma sono semplici espedienti impiegati dal demonio per ingannare e raggirare i creduloni, per aumentare la presa sulle sue vittime e ottenere la loro sudditanza, per scimmiottare i rituali della Chiesa e per guadagnarsi il culto dovuto a Dio solo .

Così succede che le maledizioni e le superstizioni sembrano operare solo su coloro che ci credono! In altre parole, esse hanno un effetto puramente psicologico o, se i demoni sono all'opera, essi possono agire solo là dove il destinatario della maledizione comincia a preoccuparsi. Così, in entrambi i casi, il rimedio è di non dare importanza al maleficio, confidare in Dio, praticare fedelmente la religione e stare in pace.

Il cattolico praticante non deve temere nulla dai sortilegi e dai malefici operati da altri. Un keniota mi raccontò come, nel luogo in cui abitava, gli stregoni si lamentavano dell'inefficacia dei loro rituali contro i cristiani, perché il sacerdote diceva ai catecumeni che una volta battezzati sarebbero stati inseriti in Cristo che ha sconfitto tutte le potenze malvagie e che sarebbero stati protetti loro e tutti i loro familiari. Papa Paolo VI disse in uno dei suoi famosi discorsi sul demonio nel 1972: "Tutto quello che ci difende dal peccato ci protegge di conseguenza dal nemico invisibile. La Grazia è la difesa determinante."

Ns Signore cosa disse di fare se qualcuno ci maledice? "Benedite coloro che vi maledicono" (Lc 6,28). Questo è tutto. Carità in atto. Non ha mai consigliato di consultare qualche esperto nel togliere il malocchio.

In un libro sulle conversioni al cristianesimo del primo secolo dopo Cristo, Gustave Bardy espone tre motivi principali per cui il mondo Greco-Romano si convertì a Cristo: il desiderio della verità; l'integrità di vita dei cristiani; la liberazione dal fatalismo e dalle superstizioni. I missionari di oggi possono raccontarci come i popoli primitivi sperimentino la conversione al cristianesimo come una straordinaria liberazione da un mondo opprimente fatto di superstizioni, fatalismo, maledizioni e paure.

Come cattolici possiamo trovare un riferimento al legame con gli antenati nella dottrina sul Purgatorio e sulla Comunione dei Santi. Insegnare alla gente che i suoi antenati sono responsabili delle attuali infermità spirituali e necessitano di una pacificazione o cose simili, è un regresso al paganesimo pre-cristiano e al fatalismo.

Per provare coloro che lo amano Dio può permettere agli spiriti malvagi di affliggerli anche seriamente, ma questi eventi sono estremamente rari. S. Paolo era tra questi. Era tormentato da un inviato di Satana e per tre volte pregò per essere liberato, ma gli fu detto "Ti basta la mia grazia" (" Cor 12,9). Paolo stesso dice che doveva soffrire questo "perché non mi esaltassi per l'abbondanza delle rivelazioni" (v.7)

I disegni di Dio

Come esiste il desiderio di conoscere l'inconoscibile così esiste il desiderio di sfuggire l'ineluttabile. Se abbiamo pregato con perseveranza e fatto quello che potevamo e abbiamo ancora qualcosa da sopportare, dobbiamo allora abbandonarci ai segreti disegni di Dio. La perseveranza e la crescita nella grazia è una lotta che dura tutta la vita. Non ci sono preghiere o formule segrete per tenere lontane le tribolazioni come se fossero una maledizione. E cercare di fare questo attraverso la "magia bianca" è illecito così come usare la magia nera.

E' un errore pensare che ogni malattia o prova sia contraria alla misericordiosa volontà di Dio. Normalmente non sappiamo in questa vita il bene che le nostre croci producono a noi stessi o ad altri. Il rinnegamento di se e la generosa accettazione delle sofferenze offerte a Dio fanno molto per la Chiesa, perché in questo modo, come dice S. Paolo "Completo nella mia carne quello che manca alla passione di Cristo per la salvezza del suo Corpo, cioè, la Chiesa" (Col 1,24).

La Chiesa distribuisce i tesori della Redenzione e Cristo, in un modo misterioso e straordinario, ha reso se stesso dipendente da noi. Pio XII riassume efficacemente questo concetto in Mystici Corporis: "Questo è veramente un grandissimo mistero che non potrà mai essere meditato sufficientemente: cioé, che la salvezza di molte anime dipenda dalle preghiere e dalle volontarie mortificazioni offerte per questa intenzione dai membri del Corpo Mistico di Gesù Cristo". Fuggire la sofferenza è fuggire dalla salvezza.

Pur sdrammatizzando la portata delle maledizioni non nego il potere del maligno. Ho scritto precedentemente sul suo potere di causare disturbi, false visioni e falsi miracoli.

A parte i veri esorcismi, che portano sempre dei benefici, che dire dei benefici apportati dalla guarigione dell'albero genealogico? In alcuni casi potrebbe trattarsi della eliminazione di un' influenza demoniaca grazie alla rinuncia ad un peccato - e quindi la pace e la liberazione ottenute sono erroneamente attribuite al distacco di qualche antenato defunto.

Anzi, le regole classiche della Chiesa per l' esorcismo stabilite nel 1614 dicono espressamente che l'esorcista "non dovrebbe credere al demonio quando sostiene di essere l'anima di una persona defunta" (Regola 14).

In altre occasioni, là dove sembra aver luogo qualcosa di genuino - come per esempio l'istantanea sparizione di una malattia - potrebbe essere spiegato col fatto che il demonio rimuove quello che lui stesso ha causato, come stratagemma per far cadere sempre di più la gente nell'inganno degli spiriti ancestrali.

E' lo stesso gioco messo in atto quando persone non autorizzate cercano di cacciare i demoni. Il demonio può allora operare ogni sorta di inganno su di essi, addirittura la sua stessa fuga nonostante che gli venga comandata senza autorità. Leggi gli Atti 19,13-17 in cui gli esorcisti giudei furono sopraffatti dal demonio quando tentarono di usare il nome di Gesù senza autorità.

Il canone 1172 stabilisce che solo un sacerdote autorizzato dal vescovo può condurre un esorcismo. E' presuntuoso, rischioso, nonché un atto di disobbedienza per un laico officiare un simile rituale. Mancando dell'autorità della Chiesa si espone al potere del demonio che imita con la sua disobbedienza. La nota preghiera di Papa Leone XIII contro satana e gli angeli ribelli non è ad uso dei laici, come ha detto il Sant'Uffizio nel 1985.

Sono al corrente di laici cattolici che sostengono di avere il carisma di liberare le persone dagli spiriti malvagi. Tuttavia per quanto possano essere in buona fede, la loro buona fede non li proteggerà. Se conosci qualcuno che potrebbe aver bisogno di un esorcista, informa il tuo parroco o il tuo vescovo.

Un'altra cosa che si sta diffondendo è un rituale per battezzare i bambini abortiti (mesi o addirittura anni dopo l'evento), che include la recita di una preghiera e l'aspersione di acqua santa nell'aria. Ho incontrato persone che hanno seguito in buona fede questa cerimonia. Ma devo dire che battezzare i bambini abortiti è pura fantasia. I sacramenti sono per i vivi. Nessuno può battezzare un defunto. Questa idea proviene dai Mormoni che cercano di battezzare tutti i loro antenati defunti fin dove riescono ad arrivare.

Nessuno sa con sicurezza a cosa S. Paolo si riferisca quando menziona i Corinzi che "si fanno battezzare per i morti" (1Cor 15,29), ma l'insegnamento della Chiesa esclude qualsiasi cerimonia di battesimo per coloro che sono morti e sepolti. Chi compie una cosa simile incorre nella pratica illecita di simulazione di sacramento.

Ho anche letto in un opuscolo che le donne che soffrono per l'interruzione della gravidanza impediscono la felicità dei loro bambini. Assurdo! I bambini che muoiono nel grembo materno sono nelle mani di Dio. Sicuramente non sono privati della felicità a causa del dolore della loro mamma. L'autore probabilmente non si è reso conto che tale affermazione sottintende che questi bambini soffrano all'inferno o in purgatorio. Ipotesi entrambe impossibili.

Dare un nome agli angeli custodi

Un'altra pratica new age che si è insinuata nella Chiesa Cattolica è di dare un nome al proprio angelo custode. Ho sentito persone parlarne come se fosse una pratica indispensabile e antichissima.In realtà si tratta di una moda new age che nessun Papa o Santo ha mai praticato o insegnato nell'intera storia della Chiesa.

Il Direttorio su pietà popolare e liturgia pubblicato nel 2002 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede dice: " E’ da riprovare anche l’uso di dare agli Angeli nomi particolari, eccetto Michele, Gabriele e Raffaele che sono contenuti nella Scrittura."(n.217)

Dietro tale pratica si scorge il desiderio di addomesticare e controllare il mondo degli spiriti. E' un disordine dare il nome al proprio angelo: chi sta più in alto da il nome a chi sta più in basso, non il contrario. I genitori danno il nome ai loro figli e non vice-versa. Noi siamo affidati ai nostri angeli custodi, non loro a noi. Temo che alcuni, nella loro mente, abbiano scambiato il loro angelo per un amico umano o un animale domestico.

In tutte queste faccende non c'è miglior consiglio di quello di S. Paolo nella 2° lettera ai Tessalonicesi 2,15: "Perciò fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete apprese così dalla nostra parola come dalla nostra lettera". Non sottrarre e non aggiungere niente all'insegnamento della Chiesa. Molte novità sono in realtà la riproposizione di antichi errori gnostici mascherati da pietà, per questo S. Paolo ci avverte che (2 Cor 1,14) "... anche satana si maschera da angelo di luce".

Padre Peter Joseph, vice-rettore e docente universitario in dogma al Vianney College, seminario diocesano di Wagga Wagga, è rettore della Diocesi Maronita di Australia dal febbraio 2003.


mercoledì 9 gennaio 2008

Prostitute Uccise in Versilia - Spunta ipotesi serial killer


Da CentoMovimenti.com
Gennaio 8, 2008

Ci sarebbe un filo che unisce i vari omicidi di giovani prostitute italiane, dell’est Europa ed Africane, lungo i lunghi rettifili della Via Aurelia tra Sarzana e Pisa. Di questo sono convinti gli inquirenti dopo il ritrovamento nella settimane scorse del corpo seminudo ed in avanzato stato di decomposizione di una ragazza di colore, probabilmente nigeriana, in uno dei tanti canali scolmatori che attraversano la pineta di Migliarino, nel pisano. A trovare l’elemento comune di queste morti violente potrebbero essere i Ris di Parma che stanno passando al setaccio, utilizzando i più moderni strumenti che la tecnologia offre, tutti gli omicidi di meretrici avvenuti a partire dalla fine degli anni novanta sino ad oggi nel triangolo che ha come vertici le città di La Spezia, Livorno e Lucca. Bocche cucite nei vari comandi provinciali dell’Arma dei Carabinieri ma la sensazione è che si stia lavorando attorno a qualcosa di consistente. L’ipotesi investigativa è che ci si trovi di fronte ad un serial- killer, a qualcuno cioè di simile a quel Donato Bilancia che, tra l’autunno del 1997 e la primavera del 1998, disseminò di diciassette cadaveri tutta la Liguria, da Chiavari a Ventimiglia. Questa volta il serial killer dovrebbe concentrare il suo raggio d’azione solamente all’interno di quello squallido mondo, denotato da vere e proprie forme moderne di schiavismo, che solitamente prende il nome di “prostituzione da strada”. L’inizio della matassa potrebbe essere rappresentato da tre assassini accaduti tra il 1998 ed il 1999 sulla circonvallazione di Sarzana e su altrettanti ferimenti che in quel periodo insanguinarono la seconda città dello spezzino. Tutte nigeriane, ungheresi od albanesi le vittime. Già riaperto invece il fascicolo concernente la tragica fine di Idemudia Blessing, trovata cadavere con il cranio fracassato nello specchio acqueo antistante la Palmaria. Era il 19 Gennaio 1999. Cinque mesi dopo, a Santo Stefano Magra, l’uccisione di Andije Vujuvic, ventunenne proveniente dai Balcani, come dai Balcani provenivano le albanesi Mikaela M., ancora minorenne, e Laureta Kikjia da poco maggiorenne. Gli ultimi due casi risalgono ad appena due anni fa. Nel frattempo altre ragazze albanesi, nigeriane e dell’Est Europa furono trovate cadavere attorno al lago di Massacciucoli, nelle pinete del viareggino e del Tombolo che già lambiscono la città di Livorno. Certamente quella che va dalla foce del Magra a quella dell’Arno è una delle zone italiane più tristemente conosciute per essere storicamente teatro d’incontri mercenari che frequentemente coinvolgono anche minorenni di entrambi i sessi. Come dimenticare il tristemente noto caso Lavorini del lontano 1969? Polizia e Carabinieri contrastano il fenomeno come possono, considerate le penurie d’organico e di mezzi. Ora il racket della prostituzione è interamente in mano alle mafie russe ed albanesi, notoriamente molto feroci. Dietro a questa interminabile scia di sangue secondo i Carabinieri potrebbe dunque spuntare l’ombra di un serial- killer mentre secondo altri invece ogni omicidio farebbe storia a se, qualche volta perpetrato dal racket a mo’ di punizione per qualche sgarro, altre volte da qualche cliente in preda ad un folle raptus. Quel che è certo è che da ormai quarant’anni la dolce Versilia carducciana, terra di spensierate vacanze, è una delle mete maggiormente ambite dai moderni schiavisti.

3 Febbraio Giornata di studio sui culti abusanti


ONAP
OSSERVATORIO NAZIONALE ABUSI PSICOLOGICI

Roma, 3 Febbraio 2008
Abbazia delle Tre Fontane Via di Acque Salvie 1



LE LIBERTA’ ILLUSORIE
Culti abusanti e condizionamento mentale nella società odierna


PROGRAMMA:
Ore 14,30 Iscrizione

Ore 15 Saluto e Presentazione dei lavori: Padre Jacques Brière, Abate di Tre Fontane Patrizia Santovecchi, Presidente Nazionale O.N.A.P

Ore 15,30 Inizio Sessione
Moderatore: Loredana Birocci, docente di religione Nuovi Movimenti Religiosi e Magistero della Chiesa
Alessandro Olivieri Pennesi Docente di “Sette e Nuovi Culti” alla Pontificia Università Lateranense

Tecniche di condizionamento mentale: conoscerle per difendersi
Patrizia Santovecchi Presidente Nazionale O.N.A.P

La vittimologia e il culto abusante
Susanna Loriga Criminologa, docente presso il Ministero di Grazia e Giustizia Vice-Preidente Nazionale O.N.A.P.

Counseling: La relazione di Aiuto con le vittime dei culti abusanti
Stefano Maria Gasseri Counselor Docente di Counseling Spirituale presso la Pontificia Facoltà Teologica “Teresianum” Roma

Ore 17, 30 Tavola Rotonda e Dibattito

Ore 18,30 Fine Lavori e Rilascio Attestati di Partecipazione

L'esorcista Amorth: «Satana è anche in Vaticano»



L'esorcista Amorth: «Satana è anche in Vaticano»


CITTÀ DEL VATICANO (8 gennaio 2008) - Satana tra le sacre mura. A lanciare l'allarme della presenza del demonio anche in Vaticano è padre Gabriele Amorth, esorcista della diocesi di Roma, che rilancia in una intervista al Der Spiegel la sua preoccupazione sulla presenza di Satana tra le sacre mura. Allarme che ha diversi precedenti, più o meno illustri. Nel '76 infatti fu papa Montini a denunciare che il «fumo di Satana» era entrato in Vaticano ma l'espressione è stata ripresa in seguito anche dal vescovo-esorcista Emmanuel Milingo, poi finito scomunicato.

Al giornale tedesco padre Amorth descrive anche le fatiche della vita dell'esorcista. Padre Amorth, che è esorcista della diocesi di Roma e presidente onorario, nonché fondatore, dell'associazione internazionale degli esorcisti, negli ultimi tempi ha incrementato le denunce sulle presenze sataniche anche nella Chiesa. Alla fine di dicembre aveva affermato che molti vescovi e preti non credono più all'esistenza del demonio e ignorando la realtà spirituale negativa non riescono a illuminare le persone bisognose d'aiuto, che, non avendo risposte ai loro disturbi psichici e alle loro pene esistenziali, si rifugiano da maghi e cartomanti pensando di trovare risposte, senza contare coloro che allungano la lista prolifica delle sette sataniche contribuendo così all'incessante fiorire dell'occultismo.

Al settimanale tedesco il sacerdote esorcista ribadisce che «il demonio lavora ovunque: Il demonio è attivo a Fatima, a Lourdes, ovunque, e di sicuro in Vaticano, il centro del cristianesimo» e che tra le mura Leonine ci sono anche «sette sataniche». E ricorda che anche madre Teresa fu tentata dal diavolo, negli ultimi anni della sua vita, perché Satana «sfrutta la debolezza di chi sta morendo». Amorth ci tiene comunque a precisare che, quando parla di diavolo in Vaticano non si riferisce alla 35.ma Congregazione generale dei gesuiti, apertasi ieri. Amorth racconta poi che lavora sette giorni alla settimana, incluse la notte di Natale e il giorno di Pasqua, che negli ultimi 21 anni ha fatto «circa 70.000 esorcismi», e che la sua agenda per i prossimi due mesi è «già completamente piena». Per fortuna c'è il sostegno del Papa: «il Papa - riferisce - mi ha sempre incoraggiato molto».

martedì 8 gennaio 2008

The Encyclopedia of Religious Phenomena


The Encyclopedia of Religious Phenomena

by J. Gordon Melton

"J. Gordon Melton is a renowned authority on what academics call "New Religious Movements." His expertise with the arcane shines from the pages. . . . [T]his is an entertaining and fascinating look at an astonishing variety of ways that people experience belief."

The Dallas Morning News

"[Melton] gives readers interesting religious expressions and phenomena from Buddhism, Baha'I, Islam, indigenous faiths and Christianity. The result cannot help but be inspiring or alarming, depending on your understanding of true faith."

Reference & Research Book News

"Melton, a renowned authority on "New Religious Movements," takes on a broad range of topics: ectoplasm, the tomb of Christ, the Touro Synagogue in Rhode Island, Ouija boards and the Kumbh Mela festival in India. If you can't learn an interesting bunch of facts from this book, you must already have a doctorate on the topic."

The Modesto Bee

Visions of Mary and glimpses of GOD. Hundreds of people gather at a freeway underpass in Chicago to gaze at what mystified state police reported to be a salt stain but which the faithful said was an image of the Virgin Mary. People assemble in a parking lot in Milton, Massachusetts, and see an image of the Virgin Mary. Apparitions of Mary have been claimed in dozens, if not hundreds, of different locations and are part of a sharp increase in religious phenomena worldwide.

Based on more than 250 occurrences and extraordinary experiences that have served to lift believers out of the mundane world and place them in contact with a transcendental reality, The Encyclopedia of Religious Phenomena explores unusual and unexplained physical events, apparitions, and other phenomena rooted in religious beliefs. Alphabetically arranged, Religious Phenomena includes more than 100 illustrations.

Well-known religion expert, J. Gordon Melton takes readers on a tour that includes visits with angels, Marian apparitions (including Guadeloupe, 1531; Lourdes, 1858; and Fatima, 1917), and religious figures such as Jesus, the Buddha, Mohammad, and Tao Tzu. Melton reports on dreams and near-death experiences; feng shui and labyrinths; statues that bleed, drink milk, weep, and move; snake handling, speaking in tongues, and stigmata; relics, including the spear of Longinus and the Shroud of Turin; and sacred locales such as Easter Island, the Glastonbury Tor, the Great Pyramid, Mecca, and Sedona.

From sacred mountains, shrines and places of pilgrimage to visions, out-of-body travel, and holy laughter, The Encyclopedia of Religious Phenomena offers a balanced presentation of otherworldly phenomena: each entry includes a description of the particular phenomenon and the religious claims being made for it as well as a discussion of what a scientist might have to say about it. Transcending the mundane, the entries take no sides and make no arguments: the journey is the experience and the experience is the journey.

About J. Gordon Melton

Author J. Gordon Melton is a nationally known author, lecturer and scholar, best known for his work on religious cults. He is considered Americas senior scholar in the field of new and unconventional religions, having studied them for more than 25 years. He is a director of the Institute for the Study of American Religions and a research specialist with the Department of Religious Studies at University College, Santa Barbara. He has written a number of books on new and unconventional religions and maintains a foot firmly planted in the paranormal.

lunedì 7 gennaio 2008

Criminalità transfrontaliera e meccanismi internazionali di contrasto




Criminalità transfrontaliera e meccanismi di contrasto dell’ordinamento internazionale

di Gianmichele Pavone

Sommario: 1. Le “Relazioni criminali” del XXI secolo - 2. Le principali organizzazioni criminali transnazionali - 3. Le soluzioni adottate dagli Stati Europei - 4. L’evoluzione normativa italiana

1. Le “Relazioni criminali” del XXI secolo

La globalizzazione è oramai una realtà e dispiega i suoi effetti su ogni livello della vita sociale. Solitamente viene in rilievo e la si critica per il suo volto “economico-consumistico” (a volte definito selvaggio), ma non possiamo negare che essa abbia aspetti positivi quando è “globalizzazione dell’informazione e della comunicazione” o quando si pone come “accesso globale ai beni e servizi”.

Parimenti non possiamo essere miopi di fronte ad una realtà tanto problematica quanto inevitabile: sfruttando i canali della comunicazione globale, del mercato globale, della circolazione globale di uomini, denaro e merci, un settore parassitario prolifera più di tutti ed è costituito dalle attività criminali, che per ora considereremo come un tutt’uno globale, perché il tenore dell’attuale disamina introduttiva lo impone, ma che vanno studiate nei loro molteplici aspetti anch’esse, perché al loro interno si moltiplicano in tante realtà con nomi diversi, attitudini diverse, conflitti interni e alleanze diverse1.

Il fatto incontestabile dell’esistenza di gruppi criminali stabili non deve portare - infatti - a considerarli tutti allo stesso modo, ugualmente pericolosi, da inquadrare in una disciplina uniforme: ci sono differenze notevoli tra un’associazione a delinquere dedita alle truffe ed una banda armata di rapinatori, tra un’associazione che traffica in stupefacenti ed una cellula eversiva2. E’ noto a tutti quali risvolti abbia poi sul piano della proporzionalità tra fatto e sanzione e sull’applicazione concreta della stessa.

La criminalità organizzata transnazionale rappresenta una grave minaccia ai sistemi economici e finanziari di tutti gli stati e deve essere contrastata efficacemente a livello internazionale affinché il processo di globalizzazione possa procedere tranquillamente3.

Per effetto della necessità di spostare persone e merci sul territorio comunitario, le organizzazioni criminali hanno necessariamente costituito basi operative e gruppi di riferimento in tutti i Paesi dell’ Unione Europea, sfruttando spesso le differenze di legislazione o la minore efficienza delle strutture di contrasto4. Per questo si è posta l’esigenza di elaborare definizioni, modelli di incriminazione e schemi di contrasto unitari tra gli Stati, elementi che - in altri termini - consentano di fare fronte comune contro il nemico da combattere, non importa che si tratti di macro o di micro criminalità5.

Avremo modo di esaminare nel terzo paragrafo il percorso legislativo che ha portato gli stati ad emanciparsi dalla condizione di monadi per inserirsi in un contesto di interdipendenze e relazioni in parte volute in parte imposte, quale è l’Unone Europea6.

La fisionomia moderna della criminalità organizzata è estremamente complessa e assume dimensioni un tempo inimmaginabili. Il “livello professionale”7 ha fatto un salto di qualità crescendo da “artigianale” ad “imprenditoriale” e di conseguenza sono mutati i settori praticati, da quello ortofrutticolo e piccolo-medio commerciale del contrabbando di tabacco e sigarette a quelli più sofisticati e remunerativi dell’edilizia, dell’industria, della droga, delle frodi al bilancio comunitario, del riciclaggio, della prostituzione internazionale, dell’immigrazione clandestina, del traffico di organi da trapiantare. Anche il computer-crime è un fenomeno criminale nuovo, tutto da definire, ma che risulta anch'esso riconducibile, per i suoi influssi nefasti, allo sviluppo della economia globale.

Di contro la risposta statale si rivela troppo spesso inadeguata o inefficace e le cause di tali fallimenti sono di ordine politico ma soprattutto sociologico: le gravi carenze nel collegamento tra le autorità, nello scambio di informazioni tra le polizie (ora in parte arginate con la creazione di magistrati di collegamento, reti intranet ed internet, squadre investigative comuni, eurojust ecc.8); la perversa spirale dell’illegalità e il graduale distacco tra l’apparato istituzionale e la società, sfiduciata e impaurita.

L’influenza della globalizzazione sulla criminalità transnazionale ha risvolti diversi a seconda del maggiore o minore livello di sviluppo delle nazioni. Per i paesi in via di sviluppo la globalizzazione ha determinato una trasformazione da un contesto economico locale a mercati globali più aperti, ma ha anche portato ad una riduzione dei prezzi dei prodotti tradizionali, e quanto più questi mercati tradizionali diventano competitivi, tanto più i profitti si riducono e di conseguenza diventano appetibili i profitti derivanti da attività illecite, di gran lunga più remunerative. I Paesi in via di sviluppo costituiscono, inoltre, un luogo in cui la criminalità transnazionale corre rischi minori9, ma la maggior parte degli introiti derivanti dalle attività criminali non rimane in questi Paesi; infatti il denaro, una volta “ripulito”, confluisce nei conti correnti delle maggiori banche mondiali, per essere reinvestito altrove, moltiplicando, così, in maniera esponenziale i profitti.

Ogni distinzione tra economia e criminalità viene, quindi, rimossa e i mezzi tecnici di questo miracolo diabolico sono le tecnologie informatiche e la moneta10.

Allo stato attuale, è convinzione unanime che la strategia vincente di contrasto alla criminalità economico-finanziaria (riciclaggio) debba basarsi su sanzioni penali, civili e politiche regolative dei mercati, soprattutto nella fase d’accesso ai mercati finanziari, intervenendo, cioè, prima dell’occultamento del denaro proveniente da attività illecite.

In tal modo, si toglierebbe l’erba da sotto i loro piedi, perché tagliarne la testa solitamente non sortisce alcun effetto: quando viene arrestato un esponente di spicco, infatti, ne viene subito nominato un altro per prenderne il posto.

Ciò ha generato la normativa bancaria in materia d’operazioni sospette, con obbligo di segnalazione delle medesime da parte degli operatori bancari; l’Archivio Unico Informatico che consente di individuare le operazioni finanziarie sospette, il G.I.A.N.O.S. (Generatore di Indici di Anomalia di Operazioni Sospette); e con il ddl. N. 374 del 25/9/1999, in recepimento della direttiva U.E. 91/308, l’estensione della normativa antiriciclaggio ad altre attività suscettibili di utilizzazione a fini di riciclaggio, tra le quali la gestione di case da gioco, le agenzie di affari in mediazioni immobiliari e le agenzie in attività finanziaria11.

2. Le principali organizzazioni criminali transnazionali 12

Il nostro Paese è diventato terreno d’impianto13 per una molteplicità di forme malavitose, assimilabili alle nostre “mafie” autoctone per alcuni aspetti peculiari, e tuttavia connotate da moduli organizzativi, affiliativi e strategici tra i più disparati; moduli che rispecchiano solitamente le tradizioni culturali e le radici storiche che tali gruppi conservano nonostante il “trapianto” in nazioni diverse dalla propria. Ci si trova, infatti, di fronte a “sistemi delinquenziali” fortemente differenziati quanto a strutture e strategie criminali, per i quali si rendono necessarie azioni di monitoraggio allargate in ambiti internazionali: azioni di natura investigativa affinché si possa giungere con cognizione di causa a politiche di contrasto adeguate; e svolte congiuntamente tra i vari Paesi nell’ambito della sempre più intensa cooperazione europea, e con i Paesi extraeuropei.

Gli elementi strutturali dei gruppi criminali transnazionali in esame possono così sintetizzarsi:

  • natura associativa;
  • organizzazione gerarchica;
  • ambito internazionale di operatività;
  • suddivisione in “gruppi” più o meno indipendenti ;
  • circolazione di ingenti capitali per il finanziamento reciproco dei gruppi;
  • forza intimidatrice;
  • connivenze e corruzione.

Considerata l’ormai indubbia rilevanza mondiale del fenomeno del crimine organizzato, torna sicuramente utile un esame dei connotati strutturali dei principali gruppi criminali operanti sul nostro pianeta.

Le Triadi Cinesi 14

Costituiscono il gruppo di spicco nello scenario criminale asiatico15 e rappresentano oggi un problema di grande attualità con il sempre maggiore afflusso di immigrati cinesi in Italia ed il loro insediamento massiccio in comunità chiuse ed impermeabili (è proprio la loro chiusura a renderle più difficili da comprendere16 e di conseguenza da gestire), che si vanno trasformando, nelle principali città, in tante “Chinatown” come già da tempo è accaduto negli Stati Uniti. I cinesi residenti in Italia provengono soprattutto dalla regione dello Zhejiang, mentre sono scarse le presenze di criminali provenienti da Taiwan o da Hong Kong. A fronte di oltre cinquantamila permessi di soggiorno, forse ce ne sono altrettanti clandestini. Mentre sino al 1980 i cinopopolari erano soprattutto a Bologna e Milano, dopo la sanatoria del 1987, se ne insediano migliaia in particolare a Roma (1367), Firenze (790), Milano (650). In base a dati del 1999 i cinesi regolarmente residenti sono 27.563 nell'Italia settentrionale, 19.747 nell' Italia centrale, 4092 nell'Italia meridionale17.

In Italia è assai diffusa la falsificazione di documenti di soggiorno, passaporti, patenti e altri documenti cinesi. Basti pensare che le denunce relative al falso di identità sono passate da 4 del 1987 a 100 del 1998, e quelle relative al falso in genere, nello stesso arco temporale, da 37 a 29018.

Il nome Triadi deriva dal simbolo della “setta”, un “triangolo equilatero”, che rappresenta l’unità dei tre concetti base per i cinesi: Cielo, Terra, Uomo.

La struttura è piramidale e al vertice c'è lo "Shan Chu", la "Testa del Dragone" o "Fratello Maggiore". Ai vari ranghi dell’organizzazione sono inoltre abbinate combinazioni di numeri e simboli,19 ed è previsto un suggestivo rituale di affiliazione, simile a quello della mafia siciliana, che prevede il versamento di gocce di sangue dei neofiti.

Si ritiene che siano nate nel XVII secolo come evoluzione di gruppi esoterici (di società segrete che tanto affascinarono la nostra massoneria) la cui attività era prevalentemente eversiva. Col passare del tempo si trasformarono in potenti clan dediti a molteplici traffici: hanno inizialmente sfruttato il boom economico degli USA e la legislazione del 1965, che prevedeva la naturalizzazione dei cinesi. Dapprima importano droga per conto di Cosa Nostra, poi cominciano a gestire da soli il commercio della "China White", eroina purissima proveniente dal Triangolo d'oro. I Paesi europei nei quali si è riscontrata maggiormente la loro presenza sono la Gran Bretagna (in particolare Londra, Manchester e Glasgow) e l’Olanda (soprattutto ad Amsterdam). La mafia cinese in Italia è rinomata per la sua capacità di saper gestire il flusso dei clandestini, reclutati nei campi ed illusi con prospettive di lavoro, che pagano dai sei ai venti milioni a persona per giungere nel nostro territorio, dove, per anni, sono spesso costretti ad una esistenza miserabile, in condizione di schiavitù20, con i documenti e la loro stessa vita nelle mani della mafia. Quest'ultima, oltre al lavoro nero, pratica, prevalentemente nell'ambito della comunità cinese, il gioco d'azzardo, l’usura, le estorsioni, il sequestro di persona, lo sfruttamento della prostituzione nei c.d. “centri massaggi”21. Naturalmente non va dimenticata la capacità della mafia cinese di riciclare danaro sporco in attività di copertura come i ristoranti ed i negozi di abbigliamento e articoli vari, identici tra loro e presenti a decine in un solo quartiere.

Le Triadi sono state già oggetto anche in Italia dei primi processi che hanno loro applicato lo schema dell'associazione mafiosa: nel novembre del 1993, per la prima volta, la mafia cinese è stata riconosciuta dai tribunali italiani (Il primo presunto boss si chiamava Zhou Yiping); azioni di polizia sempre più numerose vengono quotidianamente condotte soprattutto in Lazio, Campania e Toscana, determinando solitamente l’arresto di cellule dedite al racket.

La Yakuza Giapponese 22

La mafia giapponese, la c.d. Yakuza, è rappresentata da un complesso di organizzazioni caratterizzate da uno sviluppo verticale che riflette la tradizione patriarcale della società giapponese23. Si fonda su una stretta disciplina interna, al punto che, per chiedere perdono al boss, l’adepto che ha commesso un errore si taglia una falange del dito mignolo, dando così dimostrazione di aver compreso lo sbaglio e di essere ancora in linea con i ferrei principi di fedeltà24. Anch’essa è caratterizzata da particolari rituali d’iniziazione e forme di saluto ampollose che consentono ai membri di riconoscersi, su cui non possiamo dilungarci.

Nacque nel XV e nel 1600 si affermò in opposizione agli abusi e all’arroganza dei samurai, per estendere il proprio dominio ramificandosi in più settori nella seconda metà dell’ottocento. Sono ammantate da un alone di romanticismo alla “Robin Hood” e godono di un grosso consenso popolare.

Questi criminali hanno il culto del tatuaggio: si tatuano fra loro, si fanno tatuare e si auto-tatuano con la mano con cui hanno compiuto gravi delitti. Il tatuaggio serve ad illustrare le loro capacità criminali e contribuisce a conferire un ruolo di spicco all'interno del consesso delinquenziale.

Si registra una curiosa assonanza con la camorra napoletana: infatti sin dai tempi antichi la banda dei “Bakuto25” controllava il gioco delle carte, praticando l’“hanafuga", il gioco dei fiori, la cui combinazione perdente di tre carte (8-9-3: ya-ku-sa) servirà a conferire il nome alla mafia giapponese; nell'ambito partenopeo invece v'era il gioco delle tre carte, che diventerà appannaggio anche di elementi della camorra napoletana.

Nei manga26 quando si parla di gioco d'azzardo clandestino, di prostituzione e di droga la Yakuza appare sullo sfondo, con una funzione molto simile a quella della mafia italo-americana nei film hollywoodiani.

Tra le principali attività, sono da segnalare: il traffico di droga (in particolar modo anfetamine), il gioco d’azzardo, il riciclaggio di denaro sporco (che in Giappone non è un reato punito dalla legge), il mercato del sesso (prostituzione e pornografia), il traffico di armi, l’estorsione. La mafia giapponese attualmente controlla, fra l'altro, le attività portuali e il mercato del materiale elettronico contraffatto. La conseguente disponibilità di ingenti capitali (un giro d'affari annuo stimato in quasi 1.500 miliardi di yen, circa diecimila milioni di euro) ha spinto questa potente organizzazione a tentare di penetrare anche nella CEE (come nel caso di un gruppo legato alla mafia giapponese che nei primi anni ’80 acquistò un sostanzioso pacchetto azionario della compagnia petrolifera francese e di una tra le più importanti banche transalpine, la Paris-Bas).

Le Mafie Russe

E’ erroneo parlare, come molti, al singolare di “mafia russa”, perché era unitaria solo (e forse neppure allora) prima del crollo dell’URSS nel 1991, operando già al tempo dei gulag di concerto col KGB, trovando approvvigionamento finanziario nei beni confiscati ai prigionieri politici internati. Nel periodo in cui fu al governo Eltsin, si è verificato un completo incardinamento delle mafie nello Stato Russo e lo sconfinamento in tanti altri paesi degli affari illeciti. “Attualmente si deve perciò parlare di mafia georgiana, di mafia uzbeca, mafia ucraina, della mafia di Vladivostok, della mafia del Kazan, della mafia degli ex agenti del KGB, della mafia del petrolio, della mafia del legno, della mafia di una certa oligarchia finanziaria”27. Si tratta di gruppi che utilizzano una dose di violenza senza pari, con criminali spietati e senza scrupoli. E questo li rende formidabilmente pericolosi28, nell'attualità e in prospettiva, anche perché non hanno regole e non rispettano le regole tipiche del mondo delinquenziale.

L'attività, si sostanzia principalmente in azioni dirette ad infiltrarsi nei circuiti economici legali attraverso sofisticate tecniche finanziarie, intese a reinvestire le risorse provenienti dai commerci illeciti gestiti su scala internazionale29: numerosi gli arrivi a Falconara, Rimini e Pescara di russi, apparentemente uomini d'affari, che hanno comprato beni di consumo per circa mille miliardi, rivendendoli poi nella loro patria a prezzi centuplicati. Sono risultati in costante incremento anche il traffico di droga, sovente gestito in collaborazione con elementi malavitosi italiani; il traffico di armi ed esplosivi (provenienti dall’arsenale bellico dell’ex superpotenza sovietica); lo sfruttamento del “sex business” in cui vengono coinvolte le connazionali, impiegate come “intrattenitrici” presso locali notturni; lo smaltimento di materiale radioattivo o inquinante.

I Gruppi Mafiosi Albanesi 30

Gli albanesi in Italia sono la seconda etnia straniera più numerosa, dopo i marocchini. La forte spinta espansionistica rende questi gruppi particolarmente visibili entro i nostri confini e ciò ha consentito un accurato monitoraggio da parte della D.I.A.31

Sono presenti in particolare al centro-sud, dove sono protagonisti quotidiani di alleanze (in particolare con la Sacra Corona Unita) e scontri con i criminali autoctoni e non per il controllo del territorio, ma gruppi numericamente ed economicamente forti sono presenti anche in Toscana, Lombardia, Lazio e Veneto.

La “mafia albanese” ha una struttura simile alla camorra, orizzontale, non verticistica ed è composta da elementi giovani, assolutamente spregiudicati e disposti a tutto, che stanno determinando una vorticosa capacità di crescita della loro organizzazione, sfruttando anche la fragilità delle istituzioni albanesi. E’ organizzata in bande fondate su legami familiari, con talune somiglianze con la mafia calabrese ottocentesca. Per i delinquenti albanesi valgono solo la parola data, la famiglia, la vendetta e la legge di Kanun, un'antica legge ordalica, una specie di legge del taglione32.

Lo spirito di forte coesione, unito alla rigidità delle regole interne, rappresenta l’espressione di una penetrante forza intimidatoria che assume, nelle sue forme più avanzate, il carattere di una mafiosità sempre più asservita a metodi violenti e brutali33, anche al fine di assicurarsi il predominio sugli altri gruppi.

Notoria ferocia caratterizza, in particolare, il ramo dello sfruttamento della prostituzione34 e della tratta di esseri umani in genere (accattonaggio, lavoro nero).

Le attività criminali di maggior peso sono legate all’immigrazione35 clandestina e a quanto vi è connesso: trasporto36, falsificazione di documenti, alloggi. Con l’immigrazione è veicolata un’enorme quantità di droga (alla cocaina acquistata dai sodalizi colombiani e alla marijuana proveniente dall'Albania si è affiancata l’eroina di origine afgana) proveniente dai Balcani, da dove un tempo giungevano per lo più sigarette di contrabbando. Altra fonte illegale di lucro della mafia albanese è rappresentata dalla compravendita di armi (residuati bellici della guerra in Bosnia, essendo l’Albania il canale privilegiato per l’approvvigionamento delle stesse).

Dai dati del Ministero dell’Interno risulta oggigiorno un coinvolgimento di soggetti albanesi nelle tipologie di reato più disparate37.

La Mafia Nigeriana

La Nigeria, dopo la perdita del potere da parte dei militari, è oggi uno stato che nominalmente vive un'alba democratica, ma dove non vi sono più le certezze del passato e dove non si è consolidato nulla di veramente positivo, se non il caos ed una più forte corruzione, che coinvolge, persino esponenti di altissimo profilo38.

Sono unite da legami etnici e dalla diffusione di pratiche "magico-religiose”.
I nigeriani che vivono legalmente in Italia sono circa quindicimila, in maggioranza donne, suddivisi fra Emilia Romagna, Lombardia, Campania e Lazio. Oltre alla prostituzione, la fonte di maggior guadagno è il traffico di droga. Si calcola infatti che i nigeriani siano in grado di mettere assieme ogni mese dai due ai quattrocento milioni di lire, successivamente investiti nel loro Paese in alberghi e strutture turistiche. Per il trasporto, come contenitori, utilizzano studenti, persone insospettabili e le loro donne, che loro stessi provvedono - dopo opportuni e convincenti trattamenti - ad avviare alla prostituzione39.

Il commercio degli organi è assai fiorente in Nigeria e va di pari passo col disprezzo che della vita hanno numerosi nigeriani40.

I Narcos 41

Con questo nome vengono indicati i gruppi colombiani attivi nel narcotraffico.

I due gruppi più noti e pericolosi dell’America Latina sono i “cartelli” di Medellin e di Cali, in conflitto tra loro42.

Fino a qualche decennio fa, i colombiani si limitavano a gestire il traffico di droga organizzato dalla mafia cubana. In seguito all’enorme incremento del consumo di droga, si trasformarono in veri e propri imprenditori del settore assumendo il controllo di ogni fase del commercio di stupefacenti: dall’acquisto di materie prime (foglie di coca da Brasile, Bolivia e Perù e agenti chimici da Usa ed Europa), alla raffinazione, dal trasporto al riciclaggio dei proventi.

Nella seconda metà degli anni ’80 il ruolo dei cartelli era divenuto talmente imponente che il governo colombiano decise di avviare una vera e propria guerra contro i narcos, ed in particolare contro il cartello di Medellin, sostenuto dagli Stati Uniti e con la collaborazione della comunità internazionale, con la quale furono stipulati efficaci trattati di estradizione.

Nonostante la vittoria del governo, a prezzo di sanguinosi attentati messi in atto dai narcos, che dispongono tra l’altro di un notevole arsenale para-militare, non è stato debellato il cartello né si è intaccato più di tanto il commercio di cocaina, ma si è piuttosto favorito il cartello rivale di Cali, orientato verso una linea più morbida e subdola nei confronti delle autorità.

L’organizzazione è tuttora tanto potente da arrivare a stipulare con i trafficanti più piccoli veri e propri contratti di assicurazione contro il rischio di sequestri e perdite.

A differenza degli altri gruppi criminali esaminati, i cartelli dei narcos non hanno una struttura accentrata, ma si distinguono per essere una sorta di confederazioni prive di un vertice gerarchicamente sovraordinato. Gli apparati organizzativi sono impostati principalmente per la gestione del traffico di stupefacenti e non sono strutturati per affrontare la sfida del rigido controllo del territorio e dell’organizzazione interna tramite gli affiliati. Ciò impedisce lo sviluppo della cultura dell’omertà e dell’intimidazione, rendendo peraltro più agevole l’infiltrazione da parte delle forze dell’ordine tramite agenti sotto copertura. Va sottolineato come comunque tali gruppi investano una buona fetta di profitti nella corruzione, garantendo così la sopravvivenza dell’organizzazione.

In Italia operano in collaborazione con gruppi camorristici o legati a Cosa Nostra. E’ Stato sgominato, ad esempio, nel maggio scorso un gruppo operante nel milanese, a seguito di un’inchiesta durata cinque anni, in cui figurano esponenti di clan siciliani e trafficanti colombiani, legati da una fitta rete di rapporti commerciali e di coperture reciproche (gli italiani procuravano clientela e strutture, in cambio di ospitalità in Colombia per i ricercati).

Le politiche di repressione di tali gruppi devono basarsi sul contrasto al riciclaggio di denaro sporco e sulla distruzione delle piantagioni di coca. Non essendo pensabile, infatti, ridurre “a valle” il consumo di cocaina, lo si può solo bloccare “a monte”, sebbene c’è chi sostiene che tali piantagioni costituiscano comunque l’unica fonte di reddito per le popolazioni locali poverissime e distruggerle arrecherebbe inoltre danni alla foresta equatoriale nella quale sono insediate.

Altri gruppi criminali minori

Vi sono poi altri gruppi che definiamo “minori”, non certamente per una minore offensività o per un risalto mediatico inferiore ad altri, ma per via del minor peso sullo scenario del crimine transnazionale, in cui la fanno da padroni, avendo costituito imponenti network, i gruppi “maggiori” su esaminati. Le attività delle organizzazioni che stiamo per elencare, infatti, sono per lo più limitate ai rispettivi confini nazionali o “legate da rapporti di vicinato” a gruppi più imponenti:

- La Mafia Serba o “Nasa Stvar”, che un tempo mirava ad unificare gli slavi della regione balcanica, ora diventata molto forte nel proprio ambito territoriale e dedita al traffico di droga proveniente soprattutto dalla Turchia, ma anche dalla Russia.

- La Mafia Turca, che si occupa per lo più di immigrazione clandestina dalla penisola anatolica43.

- La Mafia Bulgara, composta da taglieggiatori di professione. Violina Hristova, cronista di nera dello Standard News di Sofia, li ha definiti "Wrestlers Mafia": sono ex pugili, ex lottatori, ex poliziotti, ex uomini dei servizi di sicurezza che alle pistole preferiscono le mazze da baseball. Oltre all'industria della "protezione", si occupano anche di droga e di riciclaggio di denaro sporco, senza disdegnare forme di corruzione nei confronti di funzionari pubblici e appartenenti alle forze dell'ordine. Secondo alcune stime, la mafia dei muscoli controllerebbe l'80% dei locali notturni e il 70% dei posti dove si pratica il gioco d'azzardo. Ed in almeno sei casino' avrebbe partecipazioni azionarie44.

- La Mafia Messicana. Per anni ha avuto il ruolo di corriere per conto dei narcos, poi, a seguito dei duri colpi assestati ai cartelli, le organizzazioni messicane si sono messe in proprio. Hanno in mano il mercato delle metamfetamine, ma fanno affari anche con cocaina, eroina e marijuana. Attraverso il Messico passano ogni anno il 70 per cento della cocaina ed il 50 per cento della marijuana distribuite negli Usa45. Quattro le organizzazioni più potenti : Il clan di Tijuana, Il cartello di Sonora, Il cartello di Juarez, Il gruppo del Golfo46.

- Zingari e Nomadi. Più che un’organizzazione è un’etnia, impermeabile alle conta-minazioni esterne come i gruppi cinesi. Mantengono infatti le loro tradizioni, soprattutto le donne, nell’abbigliamento, nella lunghezza dei capelli, nell’aspetto in genere.

Si rendono quotidianamente responsabili di: furti negli appartamenti; borseggi; rapine; rapimenti di bambini, che poi vengono immessi nei circuiti dei trapianti di organi e delle adozioni all’estero; accattonaggio. Vivono in gruppi familiari in baraccopoli fatiscenti in cui spesso si verificano episodi di violenza, incendi, ed in cui l’igene è ovviamente quasi totalmente assente.

- Cosa Nostra negli USA 47. Nasce storicamente nell'ambito del grande fenomeno migratorio della seconda metà dell’ottocento, quando, assieme a chi cercava lavoro (si pensi che solo nel periodo tra il 1872 e il 1882, furono oltre 360.000 i meridionali che si trasferirono negli USA), molti mafiosi siciliani s'inserirono nel tessuto sociale delle città americane.

Divenne economicamente potente nell’era del proibizionismo (1920 circa) con nomi celebri quali Scarface, Lucky Luciano e Al Capone e poté trarre profitto durante la guerra dalla costante domanda di zolfo per uso bellico, di cui i siciliani gestivano il mercato.

I rapporti con la Sicilia furono costanti e altalenanti, arrivando a operare anche regolamenti di conti oltremare. Una dura spallata a questa alleanza italo-americana si diede con le inchieste celebri di Falcone e Borsellino, che iniziarono a fare uso massiccio delle procedure di estradizione e delle “trasferte” delle procure per effettuare gli interrogatori e ricercare prove.

Sono cinque i clan mafiosi che mantengono il controllo di New York e di tutti gli Stati Uniti: Genovese, Gambino, Bonanno, Lucchese e Colombo48. Il clan Genovese, storicamente il più forte e temuto e a lungo rimasto indenne dagli attacchi dell’FBI, ha subito un duro colpo nel 1996 con la cattura di 19 esponenti della “famiglia”.

Tutti e cinque, con zone di influenza diverse, traggono profitto prevalentemente da: gioco d’azzardo, usura, estorsioni, controllo degli appalti e dei trasporti, traffico di droga.

Non ci dilunghiamo sugli schemi gerarchici, sulle ferree regole interne basate su onore e rispetto della famiglia, sui rituali, che rispecchiano quelli della Mafia siciliana, di cui parimenti non parleremo.

A queste organizzazioni si aggiungano inoltre, e ne faccio solo menzione avendo altri prima di me svolto accurati studi e sviluppato centinaia di pagine di trattati49, le altre organizzazioni autoctone italiane (oltre alla Mafia, nota anche come “Cosa Nostra”):

La ‘Ndrangheta, in Calabria; la Camorra, in Campania; la Sacra Corona Unita, in Puglia.

Tutte alla stessa maniera, pur essendo attecchite e pur essendo notoriamente più forti nel Mezzogiorno hanno i loro addentellati in ogni regione italiana, avendo sviluppato, per sopravvivere, alleanze con i “gruppi esterni” che in Italia si sono insediati.

La Camorra, in particolare, è attiva più delle altre nella “distribuzione al dettaglio” della cocaina importata dai cartelli colombiani.

Altri gruppi hanno avuto vita breve, o sono operanti in contesti limitatissimi: La mafia del Brenta, la Banda della Magliana, il Banditismo Sardo.

3. Le soluzioni adottate dagli Stati Europei 50

A fronte della globalizzazione del crimine abbiamo assistito, perlomeno nell’ultimo decennio, ad una globalizzazione del diritto penale e del diritto processuale. La cooperazone giudiziaria conseguentemente, in questi anni, ha subito un progressivo sviluppo secondo varie fasi succedutesi nel contesto dell’Unione Europea.

A) La cooperazione è nata come “cooperazione intergovernativa” e fonte di riferimento in questa fase era la Convenzione siglata a Strasburgo il 20 aprile del 1959, che prevede per gli istituti di estradizione e rogatoria internazionale tre requisiti: la doppia incriminazione, la reciprocità e l’exequatur del ministro51.

B) La fase della cooperazione intergovernativa è stata progressiva-mente superata con l’affermarsi del principio di reciproca fiducia tra gli Stati Membri UE e dall’impellente necessità di contrastare i fenomeni criminali transfrontalieri. Si è così affermata la linea della “cooperazione orizzontale”, caratterizzata da rapporti diretti tra le autorità giudiziarie dei Paesi Membri e dal venir meno dell’exequatur ministeriale (ritenuto non necessario nell’ottica della fiducia). Due convenzioni sono state firmate con questo animus e consentono la trasmissione diretta delle richieste di assistenza giudiziaria: La Convenzione di Shengen, ratificata nel nostro ordinamento nel 1993 (L n.388 del 1993)52; la Convenzione di Strasburgo, per la lotta al riciclaggio di capitali di provenienza illecita, ratificata anch’essa nel 1993 (L n.328 del 1993).

C) Ulteriori sviluppi si ebbero a partire dalla metà degli anni ’90 con l’istituzione di “magistrati di collegamento” distaccati nei vari stati europei per favorire la cooperazione e di una “rete giudiziaria europea” tramite un sistema intranet; meccanismi di concelebrazione in videoconferenza.

D) Nel Trattato di Maastricht del 1992 fu prevista, nell’art. K.1.9 la cooperazione di polizia ai fini della prevenzione e della lotta contro il terrorismo, il traffico illecito di droga e altre forme gravi di criminalità internazionale. In attuazione di tale precetto è stata firmata, a Bruxelles il 26 luglio 1995, la Convenzione Europol53: istituisce un ufficio europeo di polizia al quale è riconosciuta personalità giuridica e gode di ampia autonomia all’interno di ciascuno stato. Ha competenza per la repressione di forme di criminalità ben precise, una struttura articolata distribuita sul territorio e mirante sostanzialmente a facilitare lo scambio di informazioni relative ad indagini transfrontaliere e a fornire supporto personale e tecnico (gestione informatizzata dei dati) per le investigazioni.

E) Per attuare il principio contenuto nell’art. 32 del Trattato UE, secondo cui deve essere consentito il compimento diretto di atti giudiziari nel territorio di altri stati, è stata sottoscritta nel 2000 la Convenzione di Mutua Assistenza Penale (MAP)54, che all’art. 13 prevede la costituzione di Squadre Investigative Comuni, che possono svolgere direttamente indagini nei territori interessati.

F) Da ultimo, in questa evoluzione esaminata per sommi capi, incontriamo la Decisione Quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri55.

La Commissione UE ha presentato nel 2005 un primo rapporto di valutazione sull'applicazione del mandato d'arresto europeo, che dal 1° gennaio 2004 sostituisce la procedura di estradizione tra gli Stati membri, rapporto che evidenziava tuttavia le persistenti difficoltà in termini di applicazione della decisione quadro in alcuni Paesi. Con la presentazione del rapporto s'intendeva incoraggiare tutti gli Stati membri ad attuare pienamente e in misura efficace i rispettivi impegni in materia, con particolare riguardo per l’Italia, che ancora nel 2005 era l’unica nazione in cui la nuova procedura non veniva applicata. Il nostro ordinamento si è finalmente adeguato, recependo la Decisione Quadro, con la legge del 22 aprile 2005 n.6956.

Prima e dopo l’attuazione di tale legge il dibattito è stato molto intenso ma non è questa la sede idonea per dilungarsi sull’argomento.

E’ auspicabile che questa evoluzione, verso una sempre più intensa ed efficace cooperazione, non subisca bruschi arresti e che si arrivi ad una “verticalizzazione della cooperazione” attraverso l’istituzione di organismi giudiziari sopranazionali.

In tale ottica si inseriscono una serie di iniziative, solo in parte andate in porto.

Un primo progetto, avviato nel 1990 e attualmente rivisto e modificato, riguardava la creazione di un “Corpus Juris”57: senza avere la presunzione di regolare tutto nei minimi dettagli, questo corpus si limita a trentacinque regole raggruppate intorno a sette principi che indicano la filosofia generale. Ogni regola è seguita da un breve commento ad esporre i motivi delle scelte della commissione. In tale studio si avanza la proposta di creazione di una Procura Europea in cui opererebbero i Pubblici Ministeri Europei (PME).

Altra opportunità di sviluppo è data da Eurojust, concepito nel 2001 come struttura di coordinamento tra le singole indagini giudiziarie nazionali e rispondente di volta in volta alla legislazione dello stato di origine.

Il terzo progetto è del 2001 ed emerge da un documento presentato dalla Commissione: “Libro verde sulla tutela penale degli interessi finanziari comunitari e sulla creazione di una Procura europea”. Si tratta di una procura con rapporti gerarchici tra Procuratore Generale con sede a Bruxelles e procuratori nazionali. A differenza di Eurojust, ha una propria competenza diretta ed una legislazione di riferimento.

L’indipendenza dai singoli governi nazionali e la verticalizzazione sono i due elementi indispensabili che devono caratterizzare la svolta verso un “diritto penale e processuale comunitario”, ma entrambi si scontrano con le immaginabili resistenze dei governi, gelosi della propria autonomia e con l’ottica retrograda della sovranità nell’amministrazione della giustizia58.

Tre sono tutto sommato le possibili strade per conseguire tale obiettivo: assimilazione, armonizzazione o unificazione59. La prima ha il vantaggio di assimilare gli interessi sovranazionali o relativi ad altri stati ai propri interessi nazionali, ma è lapalissiano che non si possa perseverare in quest’ottica nazionalista. Per armonizzazione si intende “un insieme di regole nazionali che restano differenti, ma si avvicinano in modo da risultare compatibili”. Tale obiettivo si realizzava già prima che fosse enunciato in seno alla UE, ad opera della giurisprudenza delle Corti Europee, per quanto concerne sia le incriminazioni che la scelta delle pene. L’ultima è la proposta più recente ed emerge dal su citato Corpus Juris: è questa la sola strada praticabile che possa anche “coniugare le tre virtù di giustizia, semplicità ed efficacia”60.

Vanno anche messi in conto altri elementi: la mancanza di una “grammatica comune” e le tradizioni giuridiche talvolta troppo eterogenee61.

4. L’evoluzione normativa italiana

Lo sviluppo storico della legislazione antimafia viene fatto risalire ai primi anni ’60, con la Legge del 31 maggio 1965 n. 575 (“Disposizioni contro la mafia”)62, il cui iter parlamentare era iniziato nel 1962 con i lavori della prima “Commissione Parlamentare d’inchiesta sul Fenomeno della Mafia”63.

Tale articolato legislativo rappresenta ancora oggi uno dei momenti fondamentali nell’evoluzione del sistema normativo predisposto per la lotta alla criminalità organizzata.

Tale legge estendeva infatti ai soggetti “indiziati”64 di appartenere ad associazioni mafiose l’applicabilità delle misure di prevenzione65 previste per le “persone socialmente pericolose”66 da una precedente legge - la L n. 1423 del 27 dicembre 195667 - facendo in tal modo rientrare anche tale categoria di soggetti nel sistema normativo antimafia.

Tuttavia l’applicabilità della normativa era resa difficoltosa dalla mancanza di definizione dei caratteri tipici dell’associazione mafiosa, e sull’argomento la dottrina si è a lungo confrontata.

Una svolta si ebbe con la Legge del 13 settembre 1982 n. 646: “Disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale ed integrazioni alle leggi 27 dicembre 1956 n. 1423, 10 febbraio 1962 n. 57 e 31 maggio 1965 n. 575; istituzione di una commissione parlamentare sul fenomeno della mafia68. Con questa legge si affiancò all’articolo 416 c.p. (che sanziona la generica “associazione per delinquere”), l’articolo 416bis, “Associazione di tipo mafioso”69, e per la prima volta emergono i tratti distintivi di questi gruppi criminali: deve esserci un gruppo consistente di individui, che abbiano una rilevante forza di intimidazione anche solo per via del vincolo associativo (il legislatore ingenuamente pensava che ciò solo potesse bastare, costituendo il possesso di armi un’aggravante), e questo determina attorno a loro una situazione di omertà e nella vittima uno stato di soggezione psicologica. Tale organizzazione trae profitto, con la compiacenza dei funzionari corrotti, dal controllo di attività economiche, concessioni, appalti (essendo queste le attività che all’epoca venivano in risalto con l’esperienza siciliana).

Erano tempi in cui ancora le potenti organizzazioni transnazionali non si erano imposte col loro volto più crudele e violento, in cui il traffico di droga non era ancora il fiume in piena che è oggi diventato, e per la collocazione sul mercato del quale avvengono quotidianamente delitti efferati.

In campo processuale, gli strumenti adoperabili erano quelli consueti del codice del 1988, salvo calcare di più la mano nel computo della pena e delle misure cautelari. Se poi il crimine aveva risvolti internazionali, lo strumento adoperabile era unicamente la procedura di estradizione di cui al Titolo II del Libro XI (Rapporti giurisdizionali con autorità straniere)70. Si tratta di una procedura bizantina, che ristagna sovente in lungaggini burocratiche, soggetta ad ampi margini di discrezionalità e che deve poter contare sull’esistenza di buoni rapporti tra i due stati, richiedente e richiesto, solitamente sanciti in trattati bilaterali di cooperazione giudiziaria.

Con l’ingresso nell’Unione Europea, l’Italia ha iniziato a ragionare in termini più ampi rendendosi conto dell’esistenza di esigenze comuni sentite dai vari stati e sulle quali bisognava cooperare, non solo in campo penale.

Di conseguenza il nostro ordinamento si è adeguato più o meno facilmente alle istanze sancite nei documenti ufficiali che in parte abbiamo già menzionato.
Ultima in ordine di tempo la Decisione Quadro che introduce la procedura di consegna basata su di un “Mandato d’Arresto Europeo”, che, superate le ultime resistenze e gli impasse dottrinari e giurisprudenziali, verrà sicuramente riconosciuta come il migliore e più efficace sistema adottato fino ad ora nella lotta al crimine organizzato internazionale.

Da segnalare è, in conclusione, la Legge 16.03.2006 n. 146, che ratifica la Convenzione dell’ONU (c.d. Convenzione di Palermo) riguardante il crimine organizzato transnazionale 71, ponendo fine ad un vuoto normativo nella disciplina della materia.

In particolare la nuova Legge (art. 3) definisce quale "reato transnazionale" il reato punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, qualora sia coinvolto un gruppo criminale organizzato, nonché:

  1. sia commesso in più di uno Stato;

  2. ovvero sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro Stato;

  3. ovvero sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato;

  4. ovvero sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato.

Per la prima volta nell’ordinamento italiano vengono date delle definizioni coerenti con i nuovi scenari mondiali.

____________________

1 Cfr. par. 2, dove si illustreranno i tratti essenziali di alcuni gruppi criminali di rilievo come la mafia russa, le triadi cinesi, i cartelli colombiani soffermandoci anche sui legami che intercorrono e si vanno consolidando con le mafie autoctone italiane.

2 BORRACCETTI, “Il processo e la criminalità organizzata”; in Quest. Giust. n. 6/2001; p. 1163.

3 Sic SAVONA, “Processi di globalizzazione e criminalità organizzata transnazionale”; relazione presentata al convegno:"La questione criminale nella società globale ", Napoli, 10-12 dicembre 1998; p. 2

4 LAUDATI, “I delitti transnazionali, nuovi modelli di incriminazione e di procedimento all’interno dell’Unione Europea”, in Dir. Pen. Proc. 2006, p. 401

5 “L’elementare e troppo schematica distinzione della “criminalità organizzata”, in quanto “macrocriminalità”, dalla “microcriminalità” è inutile, poco rilevante e almeno in parte inesatta perché, molto spesso, la fenomenologia microcriminale, specie se urbanizzata, costituisce espressione operativa della criminalità organizzata (basti pensare, ad esempio, ai delitti connessi al piccolo smercio della droga, al traffico clandestino di armi, munizioni, esplosivi, documenti falsi di identificazione e certificazione personale, veicolare, commerciale e bancaria, alla spendita di moneta falsa)”

DE ROSE, “L’attività di prevenzione della criminalità organizzata”, in Riv. Pol., 1998 fasc. 7, p. 459

6 Cfr. Par 3.

7 DE ROSE, Cit., p. 460-461

8 Si veda in proposito:

LAUDATI, “I delitti transnazionali, nuovi modelli di incriminazione e di procedimento all’interno dell’Unione Europea”, in Dir. Pen. Proc. n. 4/2006.

9 E’ ovvio che un drastico declino dei prezzi dei beni di prima necessità in paesi come il Pakistan, dove il prodotto interno lordo si aggira sui 400 dollari ed un chilo di eroina base garantisce un guadagno annuale approssimativamente di 800-900 dollari, rende inutile qualsiasi politica che si proponga di ridurre la produzione e il commercio di sostanze stupefacenti (UNDCP, 1994).

Si veda in proposito:

SAVONA, “Processi di globalizzazione e criminalità organizzata transnazionale”; relazione presentata al convegno: "La questione criminale nella società globale ", Napoli, 10-12 dicembre 1998, pp. 5-9

10 PAVONE M., “La definizione del crimine transnazionale”.

11 MARENCO, “L’evoluzione internazionale delle Triadi cinesi secondo il paradigma criminologico”, CESNUR 2003, http://www.cesnur.org/2004/marenco.htm.

12Dispensa Criminalità Organizzata”, per il Ministero della Giustizia, Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, nell’ambito del Progetto Operativo nazionale Sicurezza (PON); a cura de DIDAGROUP, 2003; “Dispensa immigrazione”, Idem;

GRECO, in http://guide.dada.net/organizzazioni_criminali;

http://www.fionline.it/mafie/index.html.

13 L’Italia, più degli altri Paesi europei, risulta coinvolta nel network del crimine. Già patria di importanti organizzazioni criminali autoctone (mafia, camorra, ‘ndrangheta, scu), si presta già solo per la collocazione geografica ad essere testa di ponte per l’ingresso in Europa: è posta al centro del Mediterraneo e l’estensione delle coste e il problematico controllo delle stesse permette il riversarsi di masse di immigrati, che al loro interno veicolano il fenomeno malavitoso. Se a ciò si aggiungono le alleanze con i gruppi criminali storici il quadro è completo.

14 Per completezza, non potendoci dilungare in questa sede, si leggano:

BOOTH, “The Triads, The Chinese Criminal Fraternity”, Grafton Books, London 1990;

BRESLER, “The Chinese Mafia”; Stein and Day Publishers, New York 1980;

CHIN, “Chinese subculture and criminality”; Greenwood Press, New York 1990;

BRUNO, “Attività e simbologie della mafia cinese”;

DAVIS, “Le società segrete in Cina” (1840-1911), Einaudi, Torino 1971;

MARENCO, “L’evoluzione internazionale delle Triadi cinesi secondo il paradigma criminologico”; CESNUR 2003; http://www.cesnur.org/2004/marenco.htm;

MORGAN, “Triad Societies in Hong Kong”, The Government Printer, Hong Kong 1960;

U.S. Senate Permanent Subcommittee on Investigations of the Committee on Governmental Affairs, “Organized Crime, 25 years after Valachi, 1988”, Government Printing Office, Washington DC 1991.

15 Non vanno confuse con le "Tong", organizzazioni nate negli USA ai tempi della prima emigrazione cinese e strutturate come una società (con un presidente, un vice-presidente, un revisore dei conti, un addetto alle pubbliche relazioni, ecc.), il che rappresenta una copertura ideale per il traffico di droga; o con le altre organizzazioni criminali asiatiche (vietnamiti, street gangs), come la famigerata Ghost Shadows, organizzata su tre livelli: al primo ci sono i leaders, al secondo i luogotenenti ed al terzo gli affiliati, chiamati “piccoli cavalli”. Quest’ultima organizzazione viene utilizzata spesso per lavori di “manovalanza” su commissione di Triadi e Tong.

16 Contribuiscono a rendere complesso il quadro la difficoltà di comprensione della lingua (che vanta quasi sessanta dialetti diversi) e la mancanza pressoché assoluta di "pentiti" o di gole profonde.

17 Banca Dati Interforze, Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza, 1999.

18 “Dispensa immigrazione” per il Ministero della Giustizia, Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, nell’ambito del Progetto Operativo nazionale Sicurezza (PON); a cura de Didagroup, 2003.

19 - Lo "Shan Chu" è il capo indiscusso, alla sua carica è associato un numero: il 489. Decade dalla sua carica, solo dopo la morte.

- Lo "Shan Chu" viene affiancato da un vicecapo, "Fu Shan Chu" che spesso svolge anche il ruolo di maestro incensiere (438). Fa parte della c.d. "Avanguardia" dell'organizzazione e viene spesso indicato col titolo onorifico di "Doppio Fiore". Nelle Triadi di Hong Kong la figura del vicecapo coincide spesso con quella del "Te-soriere" o "Char So" (un mandato elettivo che dura da uno a due anni).

- Il "ventaglio di carta bianca" (Bak Tse Sin o Pak Tse Sin) e il "palo rosso" (Hung Kwan) costituiscono due importanti ranghi intermedi. Il primo è una sorte di consigliere finanziario. Viene chiamato anche numero dieci dall'addizione dei tre numeri che identificano il suo rango: 4, 1, 5. Il Palo rosso, invece, è l'uomo di forza : a lui rispondono i gruppi di fuoco. Esperto in arti marziali, è noto anche come numero 12 (4+2+6).
- Subito dopo nella gerarchia viene il "Sandalo di paglia", l'uomo cioè che tiene in contatti con i membri dell'organizzazione. È lui che avvisa tutti delle decisioni dei capi e dello svolgimento delle varie riunioni. È anche detto numero nove (4+3+2). Il "Sandalo di paglia" richiama alla mente la leggenda dei monaci fondatori della Triade. Si racconta che, in una difficile circostanza, quando sembrava tutto perduto, i cinque monaci ribelli, inseguiti dai soldati della dinastia Manciù, sono riusciti ad attraversare un fiume (il Wu Lung Kong) proprio grazie ad un sandalo di paglia trasformatosi miracolosamente in una piccola imbarcazione. Nel gergo delle triadi "calzare un sandalo di paglia" significa essere latitante.
- Infine, “Sey Kow Jai”, i soldati (49) che, entrando nella triade, devono pagare una quota al loro protettore ed osservare delle regole rigidissime di comportamento. Tra di loro si chiamano fratelli.

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20 La giurisprudenza (Corte d’Assise di Pavia, 23/7/2001, Riv. di Dir. e Proc. Pen., III, 2001) ha ravvisato una condizione di schiavitù proprio nel caso in cui un individuo si trovi nell’esclusiva signoria di un altro soggetto che ne tragga profitto e ne disponga alla stessa maniera in cui il padrone esercitava il proprio dominio sullo schiavo. E’ un comportamento che viola la Convenzione di Ginevra del 1956 sull’abolizione della schiavitù e inoltre nel nostro c.p. è previsto il reato di riduzione in schiavitù (art. 600 c.p.), a tutela della libertà di autodeterminazione dell’individuo e d’espressione della persona. La fattispecie si realizza quando con violenze o minacce l’agente realizza la sottoposizione della vittima alla propria volontà, come se fosse un oggetto;
MARENCO, cit.

21 Non è raro il caso di giovani ragazze cinesi che, una volta in Italia come clandestine, sono avviate alla prostituzione, soprattutto nel giro dei centri-massaggi. La Suprema Corte (Cass. Pen., Sez. V, 12/7/2002, n. 26636, Riv. Pen., V, 2003) ha ritenuto ammissibile il concorso formale tra il reato di cui all’art 600 c.p. (riduzione in schiavitù) e l’induzione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione (art. 3 e 4 legge n. 75 del 1958) nel caso in cui una cittadina straniera sia costretta, dopo essere stata venduta, a riscattare la propria libertà con i proventi dell’attività di meretricio cui sia indotta con violenza e maltrattamenti. Talune associazioni criminose sono dedite anche al reclutamento e allo sfruttamento di ragazze da avviare alla prostituzione, e in alcuni casi questo è lo scopo precipuo della consorteria criminosa (Cass. Pen., Sez. I, 7/1/2003, n. 21, Riv. Pen, III, 2003). Nel caso di clandestini entrati in Italia con delle donne da avviare alla prostituzione, inoltre, la Corte di Cassazione (Cass. Pen., Sez. III,23/1/2003, n. 3162) ha ritenuto configurabile il reato di cui all’art. 12, comma 3, del ddl. 25/7/1998 n. 186, novellato dalla l. n. 189/2002, anche a carico di coloro che sono entrati nel paese da clandestini al fine di avviare un giro di prostituzione, e non soltanto a carico di coloro che hanno organizzato il traffico;

MARENCO, cit..

22 GRECO, cit.

23 A capo della famiglia (ikka) vi è il padre (oyabun), a cui i figli (kobun) sono legati da forti sentimenti di obbedienza, fedeltà, rispetto. Il nome della ikka, che non coincide con quello del capo, ha una importanza notevole ed è trasmesso attraverso un sistema di regole successorie che escludono i figli dal novero degli eredi. La stessa successione è annunciata con una certa ufficialità negli ambienti della malavita.

24 Un esempio tratto dalla cronaca quotidiana:

"Il Messaggero", 11 marzo 2005; “Scacco alla mafia cinese: catturati 9 draghi”:
ROMA. Un appartamento come tanti in un palazzo a Via di Portonaccio, vicino la Tiburtina. Dentro ci vivevano alcuni cinesi. "Sempre gentili e sorridenti", dicono di loro i residenti. L'altra notte la squadra mobile se li è portati via in manette. In nove dai 20 ai 30 anni sono accusati di detenzione abusiva d'armi. Nove "draghi" affiliati alla mafia, uno degli arrestati ha una falange mozzata: è il segno di appartenenza al clan. I cinesi arrestati avevano una doppia vita, di giorno erano impeccabili camerieri in ristoranti tipici, di notte "gangsters" dal sangue freddo. L'appartamento di Via del Portonaccio nascondeva tre pistole, passamontagna, guanti in lattice e tante striscette in plastica usate per bloccare mani e piedi. Pochi dubbi per gli investigatori: con questa operazione è stata scovata una cellula della mafia cinese, quella dei sequestri lampo a connazionali, che impone l'omertà con il terrore costringendo il pagamento del "pizzo"ai commercianti orientali che vivono nella legalità.

25 Le due “famiglie” storicamente conosciute sono quella dei Tekija e quella dei Bakuto. I primi traggono origine dagli yashi, gruppi di venditori ambulanti che si erano dati un'organizzazione per proteggere i loro interessi dalla dittatura della famiglia Tokugawa (1542-1612), signori incontrastati del Giappone. I Tekiya , col tempo, da venditori si trasformano in truffatori ambulanti. Mentono sui loro prodotti, ingannando la gente dei villaggi. Fino ad arrivare a forme di taglieggiamento sul territorio in cui operano. Diverso il ruolo dei Bakuto, i quali - sin dall'inizio - si limitano a controllare il gioco d'azzardo, guardandosi bene dall'inimicarsi le autorità locali.

http://www.fionline.it/mafie/index.html

26 Un tipico esempio è costituito dal fumetto “Sanctuary”.

27 A seconda dell'etnia, si è specializzata in determinati crimini: i georgiani nel campo delle estorsioni, i ceceni in quello della droga, i tagichi nelle rapine e tutti insieme nel settore bancario.

GRECO, cit.

28 GRECO, cit.

29 Secondo una ricerca della Confcommercio, illustrata dal presidente Bille', la mafia russa tra il 1993 ed il 1995 avrebbe investito in Italia almeno 18-20.000 miliardi di lire, mentre sarebbero circa 800 mila i miliardi investiti nel mondo occidentale. Gli investimenti di mafia, 'ndrangheta e camorra, nel 1995, sarebbero stati di circa 70-80 mila miliardi.

http://www.fionline.it/mafie/index.html

30Dispensa immigrazione” op.cit.

31 Confluito in un Rapporto dell’ottobre del 2000: c.d. Progetto 'shoperia':
«si andrà consolidando nel prossimo futuro il carattere di mafiosità in senso proprio». Da qui, l'interesse degli investigatori della Dia che segnalano, tra l'altro, come il fenomeno criminalità albanese «nei prossimi anni costituirà sicuramente sempre più un problema di ordine pubblico».

32 GRECO, cit.

33 Questo è l'identikit del criminale albanese che emerge dal rapporto della Dia;
Il criminale albanese si distingue «per efferatezza, crudeltà e ferocia». Le attività criminali vengono condotte in gruppi più o meno organizzati che appaiono «feroci, determinati e possono contare su una manovalanza affamata e disposta a morire per pochi soldi».

34 Comprano e vendono donne. Si stima che tali organizzazioni guadagnino 500 euro a notte per ogni donna indotta a prostituirsi; un giro di diverse decine di migliaia di euro ogni giorno. Solo al di fuori dell’Albania l’influenza della mafia è totale e drammatica. Per quanto riguarda la prostituzione in Albania, invece, è controllato dalla mafia solo parte del “mercato”; per il resto si sviluppa ed auto-regolamenta per l”libera iniziativa” (protagoniste sono soprattutto le studentesse universitarie che pagano così i propri studi) e si può suddividere in varie tipologie: prostituzione negli hotel; nelle case pubbliche; in strada; nelle caffetterie e ristoranti; negli appartamenti; nella città degli studenti; nelle istituzioni statali e aziendali.

GRECO, cit.

35 Non sempre è facile venire a capo dell’organizzazione che gestisce i traffici: i clandestini sono dei semplici “clienti” che hanno a che fare solo con elementi dell’organizzazione preposti alla riscossione del prezzo per il “viaggio”; gli scafisti, sempre che siano catturati, sono notoriamente omertosi. Le rotte comunque sono sempre le stesse: da Valona (principalmente), Durazzo, Elbasan, in Albania, a Brindisi (che ha subito gli sbarchi più massicci con l’ondata degli anni ’90), Bari, Otranto, San Cataldo di Lecce in Italia.

36 Mentre nelle prime fasi erano italiani i traghettatori come i trafficanti, dal 1997 la mafia albanese ha assunto in proprio anche questo aspetto organizzativo.

37 Schedario “ar.po.” delle forze di polizia.

38 GRECO, cit.

39 SMURAGLIA, articolo pubblicato su “La Nazione” del 26.03.2000

40 Si segnala ad esempio l’abitudine di inserire la droga nel corpo di bambini morti ed inviati così anche nel nostro Paese.

41Dispensa immigrazione” Cit.

42 Nomi di spicco sono: per il cartello di Medellin, Pablo Escobar (deceduto), i tre fratelli Fabio, Jorge Luis e Juan David Ochoa Vazques (hanno scontato una condanna nel carcere di massima sicurezza di Envigado e ora sono nuovamente liberi); per il cartello di Cali, Luis Enrique "Miki" Ramirez Murillo (arrestato nel 1996).

43 Nel 2000 è stata sgominata, in una maxi-operazione, una banda di turchi con propri basisti in Italia per fornire le informazioni, anche geografiche, indispensabili per gestire gli sbarchi. “Possiamo dire con grande preoccupazione - ha affermato il procuratore aggiunto della Dda, Salvatore Boemi - che ci troviamo dinanzi a un'unica organizzazione turca che agisce in Calabria”;

www.ilgiorno.it; 13.09.2000.

44 http://www.fionline.it/mafie/index.html

45 Stime del National Narcotics Intelligence Consumers Committe.

46 - Il clan di Tijuana, che ha sede nell'omonima città nella baia della California Norte. Comandano i fratelli Arellano-Felix, Benjamin, Francisco e Ramon. Tra le organizzazioni criminali messicane, è quello più violento. Tra le sue vittime anche il cardinale Juan Jesu Posadas-Ocampo, ucciso nel 1993 all'aeroporto di Guadalajara. In quello stesso anno, in un'altra guerra di mafia che ha interessato questo gruppo e scoppiata a San Diego, in California, per il controllo del mercato delle metamfetamine, sono state uccise in pochi mesi 26 persone.

- Il cartello di Sonora è controllato da Miguel Caro Quintero ed opera nel territorio compreso tra Hermosillo, Agua Prieta, Guadalajara e Culiacan, con addentellati anche negli stati messicani di San Luis Potosi, Sinaloa e Sonora. Rafael Quintero, fratello del boss, è attualmente in carcere in Messico per concorso in omicidio in relazione alla morte dell'agente speciale della DEA Enrique Camarena, torturato ed ucciso da uomini legati al cartello di Sonora. La zona di influenza di questo gruppo si estende anche alla California, Arizona, Texas e Nevada. Ha contatti con le maggiori organizzazioni colombiane.

- Il cartello di Juarez è guidato da Amado Carillo Fuentes, il più potente trafficante di droga messicano. Questo gruppo è legato ai Rodriguez-Orejuela (cartello di Cali) e attraverso forme di parentela ai fratelli Ochoa (cartello di Medellin). Per anni, il cartello di Juarez ha trasportato droga negli Usa per conto dei narcos, anche attraverso l'uso di aeromobili. Nel 1989 alcuni corrieri di questo cartello vennero arrestati dalla DEA che, in quella circostanza, sequestrò a Sylmar (California) 21 tonnellate di cocaina per un valore di circa 12 milioni di dollari.

- Il gruppo del Golfo, che ha la sua base in Matamoros, nello stato di Tamualipas, è guidato da Juan Garcia Abrego. Nel 1993 la DEA ha ricevuto alcune segnalazioni sulle attività di questo gruppo che avrebbe esportato negli Usa più di 30 tonnellate di cocaina, spingendosi a nord fino al Michigan, al New Jersey, allo stato di New York. Ai primi di ottobre del 1994 la polizia messicana ha arrestato Humberto Garcia Abrego, fratello del boss, per droga. Con lui in carcere sono finiti altri esponenti del gruppo del Golfo. Juan Garcia Abrego è stato invece arrestato il 14 gennaio 1996 dalle autorità messicane ed estradato negli Usa (Texas) dove deve rispondere dell'accusa di traffico di cocaina ed altri reati.”

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47 Per maggiore chiarezza si leggano:

ANDERSON, “The business of Organized Crime, a Cosa Nostra Family”; Hoover Institution Press, California 1979;

LANDESCO, “Organized crime in Chicago”; The University of Chicago Press, Chicago 1979.

48 1 - Genovese:

È la famiglia mafiosa più forte d’America. Conta circa 300 affiliati. Il boss è Vincent "Chin" Gigante, 68 anni, ex braccio destro di Vito Genovese. Dopo l’arresto di Gotti, boss della famiglia Gambino, è quella sua la voce più autorevole in seno a Cosa Nostra americana. Il quartier generale della famiglia è a Manhattan, presso il Triangle Civic Improvement Association nel Greegwich Village.

Attività:

Estorsioni, appalti, raccolta dei rifiuti (New York e New Jersey), controllo dei porti di Newark ed Elizabeth e del Fulton, il mercato del pesce. La famiglia Genovese è coinvolta anche nel gioco d’azzardo, usura, traffico di droga (New York, nella parte nord del New Jersey e nel Connecticut). In calo l’influenza che aveva sul sindacato dei muratori e dei carpentieri e sul Jacob K. Javits Convention Center, storico crocevia degli intrecci politico-mafiosi.

2 - Gambino:

Conta circa 200 affiliati. Il boss John Johnny Boy Gotti, Sr., 55 anni, sta scontando una condanna all’ergastolo in un carcere di massima sicurezza dell’Illinois. A farne le veci, a capo della famiglia, sarebbe il figlio, John Jr., 32, che vive a Massapequa (Long Island). Tre sarebbero i capiregime : Peter Gotti, 54, di South Ozone Park, Queens Nicholas Corozzo, 56, di Brooklyn e Jack D’Amico, 62, di Lower Manhattan. Due i quartier generali: il Bergin Hunt and Fisch Club (lato sud della 101st Avenue ed il famigerato Ravenite Social Club, sito al 247 di Mulberry Street, nella Little Italy, dove l’Fbi, attraverso una serie di intercettazioni ambientali, ha raccolto molte prove che hanno poi confermato in sede dibattimentale le accuse di Sammy Gravano contro John Gotti.

Attività:

La famiglia Gambino è coinvolta nel gioco d’azzardo, usura, traffico di droga (New York City e nella periferia nord, New Jersey, Connecticut e Long Island). In calo l’influenza della famiglia sul racket delle assunzioni, sul trasporto dei rifiuti solidi urbani e dei generi alimentari, nonché sul sindacato dei camionisti.

3 - Bonanno:

Conta circa 100 affiliati. Joseph C. Massino, 53 anni, sarebbe il capo. Suo vice sarebbe invece Salvatore A. Vitale, 48, di Dix Hills (Long Island) mentre James Tartaglione, 59, svolgerebbe funzioni di consigliere.

Attività:

La famiglia Bonanno è coinvolta nel gioco d’azzardo, usura, traffico di droga e videopoker. Il potere di questa organizzazione mafiosa, secondo le autorità americane, sarebbe in crescita.

4 - Lucchese:

Conta 50-60 affiliati. Vittorio Amuso, 61 anni, attualmente in carcere, dove sta scontando una condanna all’ergastolo, è il boss. A fare le sue veci sarebbe Joseph DeFede, 62, coadiuvato da Steven Crea (vicecapo ad interim), 48.

Attività:

La famiglia Lucchese è coinvolta nel giro dell’usura, traffico di droga, estorsione nel settore dell’edilizia. In calo la sua influenza nel settore dei trasporti industriali, controllo degli aeroporti, ma anche nel gioco d’azzardo e nell’usura nel New Jersey.

5 - Colombo:

Conta circa 50-60 affiliati. Carmine Persico Jr., 63 anni, condannato all’ergastolo, detenuto, è il capo. Al suo posto ci sarebbe ora Andrew T. Russo, 62, di Old Brookville (Long Island), mentre Vincenzo Aloi, 62, sarebbe il consigliere della famiglia.

Attività:

La famiglia Colombo è coinvolta nel grosso giro del gioco d’azzardo e dei prestiti ad usura nell’area di Brooklyn, Queens e Long Island. È attiva anche nel traffico di droga.

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49 Per Cosa Nostra si leggano, in particolare:

FALCONE in collab. con PADOVANI, “Cose di Cosa Nostra”; Rizzoli 1992;

GAMBETTA, “La mafia siciliana”; Einaudi, Torino 1992.

Per la Camorra:

PALIOTTI, “Storia della Camorra”; Newton Compton 2006;

CONSIGLIO, “Camorra”; Milano 1959

Per la ‘Ndrangheta:

CICONTE, “Ndrangheta dall’Unità ad oggi”, Laterza, Bari 1992.

50 LAUDATI, cit.

51 Art.5, c1:

Le Parti contraenti possono, alla firma della Convenzione o del deposito degli strumenti di ratifica o di adesione, con dichiarazione rivolta al Segretario Generale del Consiglio d'Europa, riservarsi la facoltà di condizionare l'esecuzione delle rogatorie a scopo di perquisizione o sequestro, a una delle seguenti condizioni:

  1. il reato deve essere punibile secondo la legge di entrambe le Parti, richiesta e richiedente;

  2. il reato deve essere tra quelli che danno luogo ad estradizione nel paese richiesto;

  3. l'esecuzione della rogatoria deve essere compatibile con la legge della Parte richiesta.

52 Istituisce il “Sistema di Informazione Schengen” (S.I.S.), un sistema informatizzato composto da un’unità centrale con sede a Strasburgo (C-S.I.S.) e da sezioni nazionali (N-S.I.S.) in ciascuno Stato parte, affiancate da Uffici “S.I.RE.N.E.”( Supplemetary Information Request at National Entry), aventi il compito di mettere in collegamento le autorità dei diversi Stati parte al fine di acquisire le informazioni supplementari non disponibili nella base informativa N-S.I.S. una segnalazione inserita nel S.I.S. ed effettuata in conformità alla previsione di cui all’art. 95 produce il medesimo effetto di una domanda di arresto provvisorio ex art. 16 della Convenzione europea di estradizione; sicché una volta inserito il nominativo all’interno del S.I.S. nazionale e dopo un esame di validità formale effettuato presso il S.I.S. centrale di Strasburgo, il nome comparirà in tempo pressoché reale presso tutti i S.I.S. degli altri Paesi e le autorità competenti potranno, su tale base, procedere all’eventuale arresto provvisorio.

MARAVIGLIA, “Dall'estradizione al mandato d'arresto europeo. Profili della cooperazione giudiziaria in materia penale"; 2004.

Cfr. par 2.

53 Convenzione Europol siglata a Bruxelles il 26 luglio 1995, ratificata dall’ Italia con L. 23 marzo 1998, n. 93.

Per completezza si veda:

VIGNA, “Europol: Una nuova struttura di risposta al crimine organizzato”; in Legisl. Pen., 1998 fasc. 4, pt. 4; pp. 951-955.

54 Un protocollo aggiuntivo, siglato nel 2001, sancisce l’inopponibilità del segreto bancario nell’ambito di inchieste transnazionali all’interno dell’ UE.

55 GU L. 190 del 18.7.2002, pag. 1.

56 GU n. 98 del 29 aprile 2005.

57 Su richiesta del Parlamento Europeo, uno studio “Espace judiciaire européen”, avviato nel novembre 1995 da F.De Angelis (direttore della Direzione generale XX, sul controllo finanziario della Commissione Europea), è sfociato nell’ottobre del 1996 in un rapporto che propone un “corpus Juris” recante disposizioni penali per la protezione degli interessi finanziari dell’UE;

DELMAS-MARTY, “Verso un diritto penale comune europeo?”; in Riv.It.Dir.Proc.Pen, 1997; p. 545 ss.

Vedi anche DELMAS-MARTY - VERVAELE (a cura di), “Le mise en oeuvre du Corpus Juris dans les Etats Membres“, Vol I, Antwerpen – Groingen – Oxford, 2000.

58 Il diritto di punire, da sempre monopolio dello Stato, è senza dubbio uno dei segni più eclatanti della sovranità nazionale.

59 Possibilità avanzate in: DELMAS-MARTY, Cit., p. 545 ss.

60 DELMAS-MARTY, Cit., p. 549.

61 Di fondamentale importanza sono quindi gli studi di diritto comparato che aiutino ad individuare i tratti comuni alle varie regolamentazioni nazionali.

62 GU n.138 del 5 giugno 1965.

63 Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul Fenomeno della Mafia in Sicilia: Relazione Conclusiva;
VI Legislatura, Doc. XXIII, n. 2, Tipografia del Senato, Roma 1976.

64 Art. 1; L. 575/1965:

La presente legge si applica agli indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni comunque localmente denominate che perseguono finalità o agiscono con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso.

65 Art. 3, c1 e 3; L. 1423/1956:

[…] può essere applicata, nei modi stabiliti negli articoli seguenti, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza.

[…] Nei casi in cui le altre misure di prevenzione non sono ritenute idonee alla tutela della sicurezza pubblica, può essere imposto l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale.

66 Sono “persone socialmente pericolose”, ai sensi dell’art 1 della L. 1423/1956:

coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi;

coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose;

coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.

67 GU n. 327 del 31 dicembre 1956.

68 GU n. 253 del 14 settembre 1982.

69 Art 416 bis c.p.:

  1. Chiunque fa parte di un’associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è punito con la reclusione da tre a sei anni.

  2. Coloro che promuovono, dirigono o organizzano l’associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da quattro a nove anni.

  3. L’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali.

  4. Se l’associazione è armata si applica la pena della reclusione da quattro a dieci anni nei casi previsti al primo comma, e da cinque a quindici anni nei casi previsti dal secondo comma.

  5. L’associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità per il conseguimento della finalità dell’associazione, di armi o materie esplodenti anche se occultate o tenute in luogo di deposito.

  6. Se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, o il profitto di delitti, le pene stabilite nei commi precedenti sono aumentate da un terzo alla metà.

  7. Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l’impiego.

  8. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra e alle altre associazioni comunque localmente denominate, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associatico perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso.

70 Il titolo II “Estradizione” si divide in:

Capo I “Estradizione per l’estero”, a sua volta diviso in Sezione I “Procedimento” dall’art. 697 all’art. 713, e Sezione II “Misure Cautelari” dall’art. 714 all’art. 719;
Capo II “Estradizione dall’estero”, dall’art. 720 al 722.

71 Il corpus giuridico sostanziale e processuale espresso dalla Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale e dai Protocolli aggiuntivi contro “il traffico dei migranti” e “il traffico di persone, in particolare donne e bambini”, rappresenta senz’altro un momento storico di coesione e di razionalizzazione delle esperienze codicistriche dei Paesi firmatari, al termine degli incontri tenutisi a Palermo, luogo simbolico, dal 12 al 15 dicembre del 2000.

Si veda, sull’argomento:

FERA, “Conferenza per la firma della Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale e relativi Protocolli”, in Riv. pol. 2001, fasc. 2, p. 133.