09/11/2007
di Mathias Hariyadi
Dopo la fatwa del Consiglio degli ulema e gli attacchi di estremisti le autorità indonesiane decidono di bandire le attività del gruppo musulmano che non crede a Maometto come ultimo Profeta. Il caso della Al Qiyadah non è isolato; governo preoccupato per la crescita delle sette e delle tensioni sociali scatenate dal fanatismo.
Jakarta (AsiaNews) – La setta musulmana Al Qiyadah Al Islamiyah è ufficialmente bandita in Indonesia, perché ritenuta eretica. Lo ha stabilito ieri l’Ufficio del procuratore generale (AGO), unica autorità in grado di decidere sullo smantellamento di gruppi illegali nel Paese. Il provvedimento sembra influenzato dalle pressioni dei gruppi religiosi.
Il Consiglio indonesiano degli Ulema (MUI, il maggiore forum musulmano) da settimane aveva dichiarato “eretici” gli insegnamenti della Al Qiyadah chiedendone il bando nazionale, gruppi di fanatici ne avevano attaccato le sedi a Bogor (West Java) e Padang (West Sumatra) e la polizia aveva arrestato alcuni dei suoi membri. Alla fatwa del MUI si erano aggiunte le condanne delle due organizzazioni musulmane più grandi del Paese, la Nahdatul Ulama (NU) e la Muhammadiyah. Il leader della setta, Ahmad Musadheq, è stato costretto a consegnarsi alle forze dell’ordine di Jakarta dopo aver ricevuto minacce di morte da parte di estremisti.
La Al Qiyadah è considerata deviante dall’islam, perché non ritiene obbligatorio il pellegrinaggio alla Mecca, il digiuno e la preghiera 5 volte al giorno; Moshaddeq, inoltre, si autodefinisce il nuovo profeta, dopo Maometto.
Ma il caso della Al Qiyadah non è isolato e sembra rientrare in una vera e propria campagna contro le eresie dell’islam. Ieri l’ufficio del MUI a Pekanbaru a Sumatra ha dichiarato eretica anche la scuola islamica di Al Haq, colpevole di aver detto che gli insegnamenti del NU e della Muhammadiyah non rispecchiano un islam “puro”. La tendenza in atto rischia di innescare forti tensioni sociali. Alle fatwa lanciate dal MUI contro questo o quel gruppo seguono spesso attacchi di fanatici alle strutture del gruppo sotto accusa.
Le stesse autorità indonesiane sembrano preoccupate del fenomeno. Secondo il vicepresidente Kalla, gli aderenti a queste sette islamiche sono in crescita soprattutto tra gli studenti universitari, ma “non si può affrontare il problema con la violenza”. Dello stesso parere anche il ministro indonesiano per gli Affari religiosi, Maftuh Basyuni, il quale ha garantito che il governo continuerà ad aiutare le persone che sono state deviate a tornare sul giusto cammino, “ma iniziative anarchiche serviranno solo a peggiorare la situazione”.
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