lunedì 17 dicembre 2007

Deformazioni della manifestazione religiosa

Il perfezionismo nella vita religiosa

L'idea di Dio è il naturale punto di arrivo del ragionamento umano: l'uomo si distingue dall'animale perché è soprattutto un essere capace di pensare Dio.

Anche se l'idea di Dio è perfettamente logica e anche se l'uomo è un essere religioso per natura, la religione può essere vissuta e interpretata in modo errato da parte dell'individuo, può diventare uno strumento al servizio della nevrosi del soggetto. Nell'uomo ogni tendenza di tipo naturale può essere usata in maniera impropria e deviata. Ad esempio, la tendenza all'igiene è una manifestazione naturale dell'essere umano ma il nevrotico può deformare questo comportamento fino a renderlo patologico ed ossessivo: la rupofobia non è che la deviazione e l'esasperazione di un comportamento naturale e di una inclinazione naturale

Muovendo dalle osservazioni sui pensieri irreali e sui dialoghi interiori non è difficile identificare, ad esempio, un tipo di pensiero irrazionale che è presente in alcune manifestazioni deformate di religiosità.

Questa impostazione irrazionale consiste nella erronea identificazione che alcuni fanno fra santificazione e perfezionismo.

In certi casi, addirittura, il perfezionismo potrebbe essere una compensazione alla propria inferiorità – complesso d'inferiorità sviluppatosi nell'infanzia – e in tal caso il nevrotico potrebbe giungere a strumentalizzare la religione per proclamare la sua perfezione apparente, per ottenere l'attenzione degli altri.

L'essere umano non può raggiungere la perfezione in alcuna cosa perché se raggiungesse la perfezione in un solo aspetto della vita egli sarebbe automaticamente ridiventato immortale.

Quando Gesù esorta alla perfezione, con questo termine intende esortare gli uomini di buona volontà ad adeguare progressivamente il loro comportamento alla volontà di Dio, così come è riassunta nei dieci comandamenti: quando, per esempio, esorta a realizzare la castità (che è il corretto uso della sessualità) invita a realizzarla sempre in relazione al proprio stato di vita (cfr. Le diverse forme di castità, Catechismo della Chiesa Cattolica, n.2348, 2349, 2350).

La perfetta continenza (il cosiddetto voto di castità assoluta) è la rinuncia al matrimonio, alla famiglia e alla sessualità coniugale con significato escatologico.

La perfetta continenza ha lo scopo di testimoniare la perfezione del mondo che verrà, quando l'unione con Dio sarà in grado di soddisfare ogni nostro bisogno, ogni nostro desiderio, ogni nostra necessità – anche la necessità del matrimonio e della relazione sessuale coniugale – e il corpo, sessualità compresa, sarà glorioso, cioè un corpo trasfigurato, sostanzialmente diverso sia da quello attuale, che è ferito, ma anche da quello originale che doveva essere divinizzato e trasfigurato.

Senza il peccato originale, infatti, la morte non sarebbe stata una separazione violenta dell'anima dal corpo, con produzione di cadavere, ma un passaggio, una trasposizione nell'aldilà di tutto l'uomo, corpo e anima, e quindi un evento gioioso e benedetto.

La Chiesa è un corpo differenziato in cui ciascuno ha la sua funzione: le attitudini suscitate dallo Spirito sono diverse e complementari. Lo stato di vita religioso, con i consigli di perfezione evangelica, serve a testimoniare l'indole escatologica della Chiesa, la sua tensione verso il Regno di Dio, cioè serve a testimoniare la perfezione del mondo che verrà: colui che è chiamato da Dio alla perfetta continenza non è affatto perfetto, egli è solo il testimone di una perfezione che verrà, cioè di una vita e di un corpo gloriosi che verranno, quella vita e quel corpo che, nell'attuale momento, solo Cristo risorto e la Vergine assunta in cielo hanno il privilegio di possedere.

Accanto alla vocazione religiosa esiste la vocazione laicale che è una vocazione destinata a testimoniare la necessità dell'incarnazione: il chiamato non è solo il religioso ma anche il laico perché esistono due esigenze di testimonianza, la testimonianza escatologica e la testimonianza dell'incarnazione. La vocazione del laico consiste nell'incarnare il progetto di Dio nelle realtà temporali, cioè i laici devono ordinare le realtà temporali secondo i comandamenti di Dio affinché Dio abbia il primato su tutte le cose: sesso, famiglia, economia, cultura, politica ecc (cfr. Giovanni Paolo II, Christifideles laici n.15, 55, 56 ).

Infatti il Concilio Vaticano II dice: "(...) la missione della Chiesa non mira soltanto a portare il messaggio di Cristo e la sua grazia agli uomini, ma anche ad animare e perfezionare l'ordine temporale con lo spirito evangelico" (Decreto Apostolicam Actuositatem sull'apostolato dei laici del 18 novembre 1965, n.5).

La Chiesa è un corpo differenziato, nel quale ciascuno ha la sua funzione; i compiti sono distinti, non devono essere confusi e non devono dare adito alla superiorità degli uni verso gli altri.

Il solo carisma superiore che deve essere desiderato è la carità (cfr. 1 Cor 12-13) e i più grandi nel regno dei cieli non sono i perfetti continenti o i ministri ma i santi (cfr. Giovanni Paolo II, op. cit., nota n.190).

Anche coloro che hanno fatto voto di perfetta continenza devono essere casti. Infatti tale vocazione, insegna Paolo VI, non comporta l'ignoranza o il disprezzo dell'istinto sessuale ma esige la sua sapiente sublimazione su di un piano più alto (cfr. Paolo VI, Sacerdotalis Caelibatus n.54, 55, 56).

La santificazione è la ricerca progressiva e paziente dell'unione con Dio. Il perfezionismo nasce dalla confusione che viene fatta fra il modello ideale verso cui camminare con l'impeccabilità, cioè con il proprio io idealizzato.

La persona che cammina sulla strada della santità accetta serenamente i propri peccati confessandoli nella sincerità mentre nel perfezionismo c'è un orgoglioso turbarsi delle proprie imperfezioni. Il cristiano che vive con vera pazienza la fede e si lascia plasmare da essa conserva la consapevolezza delle verità indicate dai comandamenti, persevera nello sforzo di combattere contro le illusioni del peccato e attraverso molte sconfitte e debolezze diventa migliore. Il cristiano si differenzia dal pagano non tanto perché è esente dal peccato ma perché ne conserva la consapevolezza.

La santità è un paziente cammino, il perfezionismo è un voler arrivare a fare ogni cosa nel miglior modo e in poco tempo. Nella santità c'è la gioia di essere se stessi, nel perfezionismo c'è il rifiuto di se stessi ed il desiderio di essere un altro. Nella santità c'è la serenità che conta sull'amore di Dio, che si abbandona continuamente all'amore di Dio e alla sua opera di trasformazione in noi, nel perfezionismo c'è la continua preoccupazione che nasce dal pensiero dei propri difetti. La persona che cammina sulla via della santificazione non si scandalizza per i peccati propri e altrui, il perfezionista è sempre deluso o sorpreso per i peccati propri e degli altri. Il perfezionista non conosce la pazienza che salva, non sa attendere, non sa accettare la crescita progressiva, non sa abbandonarsi nelle mani della provvidenza e si rattrista spesso ma la tristezza non nasce mai dall'amore di Dio ma dall'amor proprio che agisce camuffandosi dietro le apparenze della santità.

Un maestro di spiritualità come sant'Ignazio di Loyola ricorda che, nella via dello spirito, la tristezza, i tormenti di coscienza, i dubbi, lo scoraggiamento ed ogni atteggiamento che toglie la pace non provengono mai da Dio che è pace, gioia, certezza, serenità, ma provengono dall'amor proprio o dall'azione demoniaca.

Lo psichiatra svizzero Ermanno Pavesi, docente di antropologia psicologica alla Gustav- Siewerth- Akademie in Germania, scrive che "la teologia cattolica con il suo discernimento degli spiriti ha cercato di analizzare origine e natura di certi contenuti psichici. San Bernardo, ad esempio, annovera sei differenti spiriti ai quali sarebbero soggetti la vita psichica ed il comportamento umano: lo spirito divino, angelico, diabolico, umano, del mondo e della carne (cfr. il sermo de septem spiritibus: l'uso di termini quali fantasmi o spiriti va inteso nel senso di entità intrapsichiche e di realtà a se stanti, ndr). Nel singolo caso è estremamente difficile, tra tutte le possibili influenze naturali, preternaturali e sovrannaturali, riconoscere il vero movente del comportamento umano o l'origine di certe fantasie, e si corre il pericolo di semplificare il problema riducendo tutto a una sola causa. Se Freud interpreta in modo esclusivamente psicologico tutti i fenomeni della possessione, vi è anche il rischio di interpretare in chiave demonologica comportamenti che hanno come movente lo spirito umano o lo spirito della carne".

Psicopatie con sintomi a contenuto religioso

Scrive Giacomo Dacquino che le turbe della religiosità sono manifestazioni di una psicopatia che si esprime con sintomi a contenuto religioso. L'aspetto religioso non è quindi la causa, ma solo la conseguenza della malattia e il legame fra religione e psicopatia è soltanto accidentale.

Tuttavia, come è stato sostenuto da N. Mailloux e da L. Ancona, i conflitti a contenuto religioso non sono sempre manifestazioni di una psiconevrosi ma possono avere origine anche nella stessa dimensione religiosa della vita psichica.

Dacquino descrive alcune forme deviate di religiosità che nascono da patologie mentali. Il narcisista, ad esempio, può dare luogo ad una religiosità narcisista dove la religione serve come strumento di auto esaltazione: il narcisista vive chiuso nella sua presunta superiorità spirituale passando la vita a contemplare le sue pulsazioni sentimentali.

Soggetti psicologicamente dipendenti possono dare vita ad una religiosità dipendente in cui prolungano la loro dipendenza infantile non risolta nei confronti dei genitori: sono soggetti che hanno una fondamentale sfiducia in se stessi e sono incapaci di decidere autonomamente. Aderiscono ad ogni fatto religioso in modo acritico, trasformano ogni riflessione religiosa in un dogma di fede, credono che Dio diriga tutte le circostanze delle loro vita perché temono la propria libertà e la responsabilità che essa comporta. Per il soggetto dipendente ogni trauma della vita è visto come un tradimento da parte di Dio che non ha più continuato a proteggerlo.

L'egocentrico può dare origine ad una religiosità gratificante dove Dio è concepito come un burocrate che distribuisce favori: ogni atto religioso è visto come un rapporto di tipo contrattuale con la potenza di Dio a cui l' egocentrico ricorre solo in caso di bisogno.

Il bambino di 5-6 anni crede nell'esistenza di una punizione automatica che lo raggiunge subito dopo la colpa. Questa idea magica della punizione, se non scompare con l'adolescenza e persiste in età adulta, diventa una psiconevrosi. Questi immaturi possono costruire una religiosità da timore caratterizzata da un comportamento puramente legalistico e negativo non fare peccati e ogni gesto religioso diventa un gesto di tipo magico fatto per placare l'ira di Dio. Il masochista costruisce una religiosità di tipo masochista per punirsi, per godere della propria nullità, per auto mortificarsi: la sofferenza non ha, per il masochista, un significato passeggero di prova, ma viene ricercata per se stessa.

L'ipomaniaco dà luogo ad una religiosità ipomaniacale dove egli assume la parte dell'angelo che considera cattivi tutti gli istinti naturali ed è spietato verso le debolezze degli altri: l'ipomaniaco manifesta un proselitismo dominatore, una ostentata umiltà e una cortesia esagerata che mascherano una notevole superbia e una particolare aggressività.

Gli ossessivi creano una religiosità ossessiva caratterizzata da continui pensieri impuri e blasfemi durante la preghiera, nei luoghi sacri, avvicinandosi ai sacramenti. Essi hanno continuamente il dubbio ossessivo di aver fatto male la comunione o la confessione e credono sempre di aver commesso qualche peccato.

Certi casi di ateismo, infine, hanno un'origine nevrotica dovuta al mancato superamento del conflitto che il bambino ha vissuto con i genitori. Il bambino proietta in Dio il modello parentale: la visione antropomorfica infantile di Dio resta in stretta relazione con le espressioni affettive parentali. Un mancato superamento del conflitto figlio – genitori con conseguente proiezione genitori – Dio può causare distacco dalla pratica religiosa e ateismo di tipo nevrotico. Tale psicodinamica è stata osservata da G. W. Allport (1950) che riferisce il caso di un bambino di 6 anni che rifiutò improvvisamente di recitare il Padre nostro perché Dio, che tutti dicevano essere buono, non poteva essere denominato padre perché il suo padre terreno era un ubriacone da cui egli veniva punito ingiustamente.

Anche R. Zavalloni (1966) riferisce le difficoltà gravi che incontrano i bambini a costruirsi un'immagine positiva di Dio quando sono stati messi in brefotrofio a causa dei maltrattamenti subiti dai genitori.

Da un'inchiesta, promossa da G.B. Vetter e M. Green (1932) su 600 atei, è risultato che la perdita della fede e l'abbandono della Chiesa sono stati determinati, più che dalle opinioni religiose dei genitori, dal cattivo rapporto psicoaffettivo avuto con i genitori o dalla precoce perdita di uno o di entrambi i genitori.

L'adulto maturo, sebbene sia passato attraverso il processo di identificazione infantile genitori – Dio, è in grado di cogliere le caratteristiche specifiche della divinità. Per l'adulto immaturo, invece, il simbolo di Dio non è soltanto un'immagine che serve a tradurre una realtà superiore ma coincide totalmente con la realtà conosciuta, per cui Dio è come il padre, la Madonna o la Chiesa sono come la madre, Cristo è come un fratello.

Un figlio maschio, che ha avuto problematiche conflittuali non risolte con il padre e ha sviluppato un attaccamento morboso verso la madre, può mantenere un'identificazione infantile della figura paterna con l'idea di Dio e questo determina un ateismo di tipo nevrotico, un'insofferenza patologica nei confronti di Dio che viene visto in modo analogo al padre e cioè come colui, per esempio, che esige solo risultati concreti, che non ammette errori, che non ci può amare per noi stessi, che giudica ogni nostra debolezza, che opprime e soffoca la nostra vita.

Certe insofferenze o negazioni del culto mariano da parte di donne possono derivare da gravi conflitti con la madre terrena. Anche la figura di Cristo può essere rifiutata dall'adulto immaturo che non ha superato i propri conflitti profondi verso i fratelli.

Mistica e scienze umane

Non bisogna cadere nell'errore di considerare i fenomeni mistici come appartenenti alla sfera della psicopatologia, soffermandosi solo sulle somiglianze che esistono fra questi fenomeni.

Lo psichiatra Enzo Arena, dell'università di Catania, precisa che un sintomo può essere considerato patologico solo all'interno di un contesto unitario che lo vive in quanto tale.

Quando è stato stabilito che una persona non è affetta da malattia mentale, le visioni, le estasi e tutte le manifestazioni extrasensoriali devono essere considerate delle manifestazioni straordinarie e non patologiche.

Nel malato di mente la regressione non ha la possibilità di finalizzarsi ad alcun obbiettivo, il mistico, invece, ha forti capacità comunicative anche quando si ritira a vita eremitica, conserva un buon contatto con il reale e una adeguata operosità anche al culmine dell'unione trasformante con Dio. Mancano nel mistico i tipici segni di dissociazione e deterioramento mentale: il mistico, inoltre, non esibisce sfacciatamente a tutti la propria esperienza soprannaturale ma la tiene celata nell'umiltà, mostra sempre un sereno ottimismo, manca la disperazione ed il risentimento di chi si sente accusato ingiustamente. Nel mistico la sofferenza non è amata di per sé come nel masochista, né assume solo un significato espiatorio come nel depresso ma ha solo un significato di momentanea purificazione permessa da Dio per raggiungere una situazione di non sofferenza.

Nel mistico mancano i tratti dei fanatici – alta concezione di sé, diffidenza, autoritarismo – e sono assenti i tratti paranoicali – assenza di autocritica, impulsività, disprezzo della verità, comportamento egosintonico –. I mistici, pur conoscendo lotte e tentazioni, hanno una personalità forte ed equilibrata, dimostrano di essere costanti nell' esercizio delle virtù, al contrario degli psicopatici che sono vittime della loro incostanza o della loro agitazione.

Secondo lo psichiatra Giambattista Torellò un criterio per distinguere il vero dal falso mistico consiste nell'atteggiamento che il vero mistico ha nei confronti dei fenomeni straordinari: il vero mistico non cerca assolutamente di avere certi doni straordinari per timore di essere ingannato dalla fantasia o dal demonio, anzi, cerca di respingerli, senza nemmeno voler esaminare se essi sono buoni o cattivi. San Giovanni della Croce giunge a dire che i doni straordinari devono essere respinti tutti a priori perché, anche se qualche dono straordinario venisse da Dio, non per questo gli si fa ingiuria dato che il frutto che Dio vuole produrre nell' anima per mezzo di tali doni viene ottenuto istantaneamente prima ancora che l'anima possa respingerli.

Bruto Maria Bruti

Tratto da - http://holy.harmoniae.com/bruti07.htm

Nessun commento: