martedì 7 ottobre 2008

Stefania Caterina rilascia una intervista a CHI


Articolo di Renzo Allegri
sul settimanale "Chi" del 3 ottobre 2008

Gesù mi ha detto di scrivere questo libro. Me lo hanno dettato grandi spiriti dell'aldilà. lo sono solo un mezzo scelto per attirare l'attenzione su realtà spirituali importantissime», dice Stefania Caterina, tenendo tra le mani il volume Oltre la grande barriera. «L'umanità è alla vigilia di grandi eventi, grandi cambiamenti, e i miei amici dell'aldilà si danno un gran daffare per prepararci», aggiunge.
Siamo sul monte Fasce, una collina vicino a Genova, nei pressi di un santuario mariano fondato da padre Bonaventura Raschi, religioso francescano scomparso una ventina di anni fa. Spiega Stefania: «Fu lui il primo sacerdote cui confidai le mie esperienze spirituali. E mi capì. Conservo ancora un biglietto, scritto di suo pugno, nel quale mi incoraggiava a essere aperta al volere di Dio».
Stefania è una donna di 49 anni, con una storia straordinaria e incredibile, che racconta qui per la prima volta. «Per molti anni ho vissuto due esistenze parallele», dice. «Una "visibile", quella di una persona normale, e un'altra costellata di esperienze incredibili: visioni, colloqui, incontri con entità spirituali, con persone trapassate nell'aldilà o appartenenti ad altri mondi. Una realtà che, all'inizio, mi ha spaventato, ma che poi ho imparato a conoscere bene, ad accettare, e con la quale ora convivo serenamente».
Stefania parla con voce sommessa, ma le sue parole pesano come macigni. La scruto per cercare di capire se sia una mitomane, un'abile imbrogliona o una di quelle persone speciali, rarissime, dotate di veri carismi spirituali. Il suo libro ha un contenuto affascinante, scritto con proprietà di linguaggio, chiarezza di concetti e rigore logico. Una mitomane non potrebbe scrivere un libro del genere. L'autrice affronta i temi universali di sempre: Dio, la creazione, l'universo, Gesù, la Chiesa, l'uomo, la morte, l'aldilà, il regno del Male, gli extraterrestri, gli animali, le piante. E svolge ogni argomento riportando testimonianze dirette di entità spirituali: ''A questo proposito, la Madonna mi ha detto ". Oppure: "Gesù mi ha precisato... ". O ancora: "L'arcangelo San Raffaele mi ha spiegato ... ". Stefania apre le virgolette e giù un lungo discorso con le parole ricevute nel corso di una visione. Così per 300 pagine e, sotto ogni testimonianza, la data dell'incontro.
«Nella mia storia non c'è niente che abbia a che fare con "fenomeni paranormali". Quando ho le visioni, i colloqui, non perdo conoscenza, non vado in trance, sono in piena coscienza. Le vivo come se fossero "fisiche"», precisa Stefania. Il volto sereno, i suoi occhi trasparenti e il suo atteggiamento umile suggeriscono rispetto, riflessione. E se fosse veramente una di quelle persone scelte dal mondo soprannaturale per trasmettere messaggi, come ce ne sono state nella storia? Il cronista ha piena consapevolezza di trovarsi di fronte a una vicenda delicata ed enigmatica, ma non trova elementi per giudicare non attendibile la persona che gli sta parlando. Riferisce, quindi, fedelmente la storia così come la protagonista la racconta.
«Sono nata a Genova nel 1959, da una famiglia cattolica e praticante, dalla quale ho ricevuto una solida educazione cristiana. Mio padre era un segretario comunale, mia madre un'insegnante elementare. Ho vissuto in varie città, molto a Rapallo», inizia Stefania Caterina.

Domanda. Che scuole ha fatto?

Risposta. «Ho fatto il liceo classico e mi sono laureata in giurisprudenza. Volevo diventare avvocato, ma nei due anni di pratica mi convinsi che quella professione non era adatta a me. Poi ho vinto un concorso alla Regione Liguria e sono entrata come funzionario amministrativo nella Sanità. Era un lavoro che mi piaceva molto».

D. Quando sono iniziate le sue strane esperienze?

R. «Verso i 5 anni. Avevo una visione ricorrente: Gesù in croce mi invitava ad avvicinarmi a lui, quando gli ero vicino staccava una mano dalla croce e mi stringeva a sé. Ricordo che io vedevo il sangue sui miei vestiti, ma non restavo impressionata. La visione è continuata per alcuni anni. lo non capivo, ma la consideravo una cosa mia e non ho mai sentito il bisogno di raccontare la vicenda alla mamma. In quel periodo sentivo anche una voce interiore. Pensavo che tutti i bambini l'avessero. La chiamai "la voce della coscienza". Non era un'esperienza confusa, indistinta: sentivo veramente una voce, come se fosse quella della mamma, che dava risposte ai miei piccoli interrogativi.

D. Quando capì che non era un fatto normale?

R. «A 25 anni. Al liceo e all'università ero stata una ragazza vivace, molto attiva. Anche carina: in occasione di una gara ciclistica, la Milano-Rapallo, fui scelta come "Miss tappa". Militai in Comunione e liberazione, conobbi compagni straordinari. Ma la mia fede era diversa dalla loro: se io pensavo a Gesù, alla Madonna, ci pensavo "concretamente", li vedevo, avevo con loro una consuetudine quotidiana. Ero certa che tutto provenisse da Gesù, ma, quando capii che gli altri non avevano esperienze del genere, entrai in crisi: interrogativi, dubbi, domande, angosce, timori. E a volte mi chiedevo se i miei colloqui fossero veri o se io fossi una povera pazza. Addirittura pensavo che potesse trattarsi di illusioni del demonio. Dubbio che mi tormentò a lungo».

D. Come riuscì a vincerlo?

R. «Confidandomi, finalmente, con altre persone. Il primo fu un amico di famiglia, un uomo più anziano di me, molto religioso. Lui non mi fece molte domande, ma disse che poteva trattarsi di una vicenda seria, un'esperienza "carismatica". Mi suggerì di pregare, chiedendo al Signore di illuminarmi sul significato di quelle esperienze. Pregavo e chiedevo intensamente a Gesù un segno. Una sera, mentre con un amico camminavamo sul lungomare di Rapallo, vedemmo all'orizzonte una grande luce. Sembrava un incendio molto vasto. L'amico mi disse: "Forse si è incendiata una petroliera". Le persone estranee non si fermavano, come se non vedessero niente. Poi sentii la voce di Gesù dentro di me: "Hai chiesto un segno? Ecco, io sono la luce e voglio che, attraverso te, un poco della mia luce venga data agli altri". Quel segno mi tranquillizzò un po'. Permaneva, però, la paura dì essere vittima del demonio. Finalmente parlai con un sacerdote, padre Bonaventura Raschi, che a Genova godeva fama di essere un santo».

D. Come lo conobbe?

R. «Fu l'amico di famiglia a portarmi qui, il 13 aprile 1984. Padre Raschi era a letto con l'influenza, non potei vederlo. Il mio amico, invece, andò e gli parlò di me. "So già tutto", disse lui. E mi scrisse un biglietto, che iniziava con queste parole:
"Conosco l'iter suo preparato dalla Provvidenza, che è sempre amore. Non tema il nemico che di caratteristico ha quello di essere l'eterno dannato". Quel biglietto lo conservo ancora. Fu per me un balsamo. Padre Raschi divenne una guida sicura e le mie esperienze misteriose si intensificarono. Gesù cominciò a dettarmi messaggi. Padre Raschi li esaminò e disse che tutto era in sintonia con le "Verità rivelate", non poteva venire da Satana. Padre Raschi fu come un vero padre per me. Purtroppo, venne a mancare nel 1987. Soffrii molto. Gesù mi consolava: "Ti manderò un'altra guida giusta". Attesi tre anni. Mi disse, poi, che quello fu il "tempo della fedeltà", perché gli ubbidii, soffrendo perché non potevo confidarmi con qualcuno. Un giorno, mentre ero in chiesa per confessarmi, vidi un sacerdote molto anziano che passeggiava recitando il rosario. "Vai da quello", disse la voce».

D. Chi era?

R. «Era don Valdemaro Boggiano Pico, cappellano dell' ospedale di Rapallo. Fu il mio secondo direttore spirituale. Un sacerdote semplicissimo, pieno di saggezza, di bontà. Mi osservò per mesi. Volle leggere tutti gli appunti sulle mie esperienze e, alla fine, disse:
"Continua, penso che tutto questo provenga da Dio". In seguito, sono entrata in un'associazione religiosa legata a Medjugorje, un'associazione di vita contemplativa, e lì sono rimasta per diversi anni, approfondendo le mie esperienze interiori. Poi Gesù mi ha detto di scrivere in un libro quello che mi era stato rivelato e di dedicarmi a divulgarlo. L'ho scritto in sette mesi. Alcuni miei amici hanno fondato una casa editrice e l'hanno stampato. Ora sto cercando di farlo conoscere. Ecco la ragione per cui sono qui».

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