Giacomo Sotgia e i corsi «verso la libertà totale». «Tutto è cominciato perché ero in crisi»
MILANO—Giacomo Sotgia non ha paura di parlare. Dopo otto anni di vita e migliaia di euro sacrificati a Scientology la rabbia in corpo è tanta. «Ti senti stupido — dice — perché ci hai creduto e ti senti complice, perché tanti continuano a cascarci». A lui è capitato quasi dieci anni fa, nel ’99. Oggi di anni ne ha 43, fa l’artigiano edile a Gorizia. «Era un periodo di crisi—ricorda —, non sapevo dove andare a parare. Un amico mi ha fatto conoscere Scientology, la sede di Pordenone. Mi colpirono la parvenza scientifica, lo sfoggio di risultati ottenuti». Dopo la prima seduta di auditing («Una forma di ipnosi, ti spingono a rivivere i traumi del passato per liberartene: è la teoria della mente reattiva») è tutto un crescendo. Una decina di incontri prima di passare di livello («Sentivo la mente fluttuare nell’aria»), i corsi introduttivi, il lungo percorso «verso la libertà totale ». Tutto, naturalmente, a pagamento. «Centocinquanta ore di auditing costano 13 mila euro: io ne ho fatte più di trecento ». La «trappola», dice lui, scatta da subito, con i corsi di base: «Ce ne sono di tutti i tipi: per affrontare la maternità, il matrimonio, imparare a gestire le proprie finanze, ma il migliore è quello sulla comunicazione. Il segreto di Scientology è che a livello base funziona, i risultati si vedono. E se credi a quelli, poi sei costretto anche a credere al resto». Teorie sempre più fantasiose, sensi di colpa, isolamento da chi non crede alla dottrina di Ron Hubbard, molto lavoro e tanti soldi versati alla causa. «Quasi subito—racconta Giacomo— sono entrato a far parte dello staff. Lavoravo 60 ore a settimana per un paga di 20 mila lire. Promettevano di più ma i soldi non arrivavano mai. E dopo 14 mesi ho smesso». Ma l’attrazione resta e, dopo un anno, Sotgia ci ricasca. Stavolta niente staff o ruoli di spicco, ma una normale militanza. Durata otto anni. Chiedono soldi, archiviano segreti. «La vera svolta — spiega — arriva al grado due del percorso, quando ti sottopongono a un auditing speciale. Sessanta o più ore in cui ti chiedono di tutto, dalla mela che hai rubato da bambino fino ai segreti più privati ». Loro, mentre parli, annotano. «E al momento giusto, te lo sventolano sotto al naso». Ricatti e debiti: «Ne ho visti tanti spinti a chiedere prestiti più grandi di loro per dare i soldi alla comunità. E quando non erano più in grado di rifondere le banche, tacere per paura». Uscirne fuori è difficilissimo, Giacomo c’è riuscito da solo. «Nel 2006 ero quasi arrivato allo stato di clear quando sono cominciati i guai sul lavoro: clienti che non pagavano, operai che rubavano al cantiere». Un altro seguace che gli porta via 50 mila euro col benestare delle alte sfere è la goccia che fa traboccare il vaso: «Chiedevo giustizia, ma niente». Giacomo comincia a viaggiare su Internet: per lui è la prima volta perché Scientology lo vieta. In un anno scopre di tutto e si sveglia. «Li ho minacciati di andare in tv e sui giornali». Lui e Scientology arrivano a un accordo: 45 mila euro e tutte le «confessioni » restituite. «Ho passato tre ore nello studio del mio avvocato con il direttore degli Affari speciali di Scientology a distruggere nel tritacarte i documenti». Una vittoria, ma restano un fratello ancora «dentro», tanti debiti e una vita da ricostruire. E la rabbia, «che è la cosa peggiore ».
Fonte - Il Corriere della Sera, art. di Giulia Ziino, 23 maggio 2008
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