domenica 26 agosto 2007

Esperimenti su Dio




Una doverosa premessa prima di iniziare questo post: chi scrive ha il massimo rispetto per chi ha fede e ritiene che quand’anche si scopra fino all’ultimo neurone cosa sia l’esperienza religiosa, e quand’anche si teorizzi fino all’ultimo psicologismo come la mente umana concepisca Dio, questo non equivarrà mai, da un punto di vista anche soltanto logico, alla negazione della sua esistenza.
Detto questo credo che sia interessante un articolo apparso su Discover in questi giorni che offre una carrellata sulle ricerche e sui ricercatori più rappresentativi della "psicoteologia" e sui loro diversi approcci alla comprensione della religione. Un campo di cui è difficile anche tracciare i confini: cos’è esattamente la religione e quali sono le sue componenti più importanti? I comportamenti dei fedeli, le credenze sull’esistenza di Dio o le esperienze soggettive di connessione con il Tutto che si realizzano durante la preghiera o la meditazione?
E’ chiaro che di calderone si può parlare senza timore.

L'antropomorfizzazione
Secondo Stewart Guthrie, un antropologo della Fordham University di New York, credere in Dio è l'esito ultimo della nota tendenza degli esseri umani a proiettare qualità umane sul mondo, ad antropomorfizzare sistematicamente.
L’ antropomorfismo si sarebbe imposto come tendenza cognitiva perché fortemente adattivo. Un uomo primitivo che avesse scambiato un albero fuori dalla caverna per un individuo ostile, ne avrebbe ricavato solo uno spavento inutile e nulla più, ma un uomo primitivo che avesse scambiato, al contrario, un individuo ostile per un albero ne avrebbe ricavato danno mortale. Nei millenni questa utile tendenza a proiettare qualità umane sul mondo sarebbe stata selezionata naturalmente per divenire tratto stabile della nostra psicologia, fino a spingerci a considerare il mondo intero come uno spettacolo diretto da un Grande Regista umanizzato.

L’esperienza religiosa
Dell’esperienza religiosa o mistica si è occupato molto Andrew Newberg, neuroscienziato alla University of Pennsylvania, interessato a comprendere i correlati neurali delle sensazioni di autotrascendenza e unicità che aveva riscontrato in praticamente tutti i tipi di religione o religiosità.
Valutando alla SPECT il cervello di alcune suore mentre sperimentavano “il dissolvimento nella coscienza di Cristo” ha rilevato che l’attività neurale, in questa circostanza, diminuiva in una regione del cervello chiamata lobo parientale postero-superiore, un’area che ci aiuta a orientare il nostro corpo rispetto al mondo esterno. Chi ha un danno in questa zona spesso perde la capacità di deambulazione perché ha difficoltà a determinare dove finisce il suo sé fisico e dove comincia il mondo esterno. Newberg ipotizza dunque che nell’esperienza mistica venga parzialmente soppressa l’attività di quest'area potenziando nel paziente l’esperienza di un senso di unità con il mondo esterno e diminuendo il senso della dualità soggetto-oggetto.
Chi si chiede quanto sia attendibile uno studio su una suora consapevole abbastanza da indicare a uno sperimentatore quando è al massimo grado della sua esperienza spirituale, si sta facendo una domanda intelligente. La risonanza magnetica e l’elettroencefalogramma in altri studi danno inoltre risultati differenti….

Dio come elettromagnetismo.
Secondo Michael Persinger le esperienze religiose e parareligiose sono causate da stimolazioni magnetiche del cervello prodotte naturalmente dall'ambiente.
Per provare la sua teoria ha costruito un aggeggio che invia impulsi elettromagnetici a specifiche regioni del cervello, rilevando che l’80 per cento dei soggetti sperimenta il senso di una presenza allucinatoria costituita da voci e apparizioni varie, non necessariamente religiose, ma comunque “misteriose”.
Un approfondimento di questa ipotesi è al link.
Una critica agli studi di Persinger viene dal fatto che i soggetti solitamente sanno in precedenza che quella è la “God Machine” e potrebbero rispondere in maniera coerente e per suggestione ciò che lo sperimentatore si attende.
Alcuni scienziati hanno utilizzato questo aggeggio senza rivelare ai soggetti lo scopo dell’esperimento non riuscendo a riprodurre i risultati di Persinger.

Il gene di Dio.
Secondo Dean Hamer, la fede sarebbe espressione di uno specifico gene elicitante, e la tendenza a pregare spesso e a sentire la presenza di Dio frutto di una religiosità intrinseca geneticamente determinata.
Uno studio su gemelli omozigoti ed eterozigoti cresciuti separatamente, condotto nel 1980 da un gruppo di ricercatori dell’Università del Minnesota, aveva effettivamente riscontrato che gli omozigoti presentavano una religiosità intrinseca simile sebbene fossero vissuti in ambienti e contesti del tutto differenti.
Hamer cominciò le sue ricerche nel 1990 scoprendo, quasi per caso, che una variante di un gene chiamato VMAT era presente nei soggetti che avevano ottenuto alti punteggi a un questionario che misurava quello che aveva chiamato “tendenza alla spiritualità”. Lui stesso ammise però che solo l’1% della varianza delle risposte al questionario era spiegata dalla presenza di questo allele del gene VMAT. Altri avrebbero definito questa ipotesi del tutto inconsistente.

Dio come psichedelico
Rick Strassman, uno psichiatra del New Mexico, nel suo libro The Spirit Molecule, propone che la DMT (dimethyltryptamine) secreta endogenicamente dal nostro organismo provochi visioni mistiche, allucinazioni psicotiche, esperienze di pre-morte ed altri fenomeni similari.
La DMT, sintetizzata da un chimico canadese nel 1931, è l’ingrediente principale dell’ ayahuasca, un tè allucinogeno ingerito come sacramento dagli indiani dell’Amazzonia e dai membri di due chiese in Brasile.
Come i classici composti psichedelici quali l’LSD, la mescalina e la psilobicina, la DMT coinvolge i neurotrasmettitori come la serotonina, ma ciò che la rende unica è che è naturalmente secreta dal corpo e se ne trovano tracce nel tessuto cerebrale, come appurò il Premio Nobel Julius Axelrod nel 1972.
In oltre 400 sessioni di somministrazione di DMT, Strassman ha potuto appurare che molti dei suoi soggetti riportavano sensazioni di ineffabilità, sospensione del tempo, riconciliazioni degli opposti, una certezza che la coscienza sopravviva alla morte del corpo e il contatto con una potenza suprema e misericordiosa, oltre ad esperienze di pre-morte. I volontari riportavano però anche delle esperienze molto lontane dalla spiritualità così come la conosciamo, il 47% incontrava esseri sovrannaturali variamente descritti come clown, elfi, robot, insetti, extraterrestri, umanoidi o entità indescrivibili. Questi esseri bizzarri non erano sempre amichevoli e anche per questa negatività delle esperienze vissute dai volontari Strassman ha interrotto le sue ricerche con la DTM.

Fin qui l'articolo. La conclusione da par mio è che non ne sappiamo nulla e forse mai ne sapremo abbastanza del fenomeno più complesso gestito dalla cosa più complessa dell’universo: la mente umana.
La domanda è: serve sapere di più? Che sia un gene a farci credenti, o una molecola secreta in maggior misura nel nostro organismo, o una maggiore tendenza individuale all’antropomorfizzazione o un’ alterazione del cervello, cosa modifica dell’impatto che la fede ha sulle persone, sulla società, sul mondo?
Dio è in ogni caso nella nostra testa. Se sia o no “realmente” fuori di noi, non ha, a mio avviso, alcuna conoscibilità e in fondo alcuna importanza.


Fonte | The God Experiments
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Pubblicato da Giulietta Capacchione su Psicocafè il 4 Dicembre 2006.

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