venerdì 25 febbraio 2011

Una baby gang satanica dietro le profanazioni


Le indagini vicine alla conclusione: tutti gli indizi sembrano concordare


SATANISMO Cosa pensi di questo fenomeno? Può esserci davvero una baby gang dietro ai fatti de La Rotta e Montecastello?

Pontedera, 24 febbraio 2011 - Una banda di giovani, appena maggiorenni o addirittura minorenni: anche per quanto riguarda il giallo — al momento irrisolto — delle tombe profanate che nelle due notti del 4 e del 5 febbraio scorsi, nei cimiteri di Montecastello e La Rotta, i sospetti delle forze dell’ordine si concentrano sull’universo giovanile. A coordinare l’inchiesta c’è un magistrato che non molla facilmente : è il sostituto procuratore Antonio Giaconi, lo stesso pubblico ministero che a Livorno fece riaprire l’inchiesta sulla strage del Moby Prince. E anche in questo caso, c’è da giurarci che non si fermerà fino a quando non avrà individuato i responsabili. Un compito non certo facile, ma neanche impossibile: a Montecastello gli autori della profanazione non hanno lasciato alcun attrezzo vicino al loculo aperto.

A La Rotta invece, dove hanno cercato di entrare in due cappelle prima dientrare nella cappella della famiglia Banti, hanno abbandonato utensili usati per smontare la lapide e aprire la bara, rompendo la lamina di zinco. Non solo: avrebbero lasciato alcune impronte ora all’esame della polizia scientifica. i due episodi, collegati tra loro per il modus operandi e per alcuni indizi lasciati dai profanatori, si inquadrano nell’ambito dei riti di iniziazione di gruppi di giovani che si ispirano al satanismo e che ne scimmiottano i rituali. Gruppi di ragazzi che, sarebbero presenti anche nelle nostre zone. Un’ipotesi che era stata in qualche modo ventilata anche da monsignor Fausto Tardelli, vescovo di San Miniato, nella cui diocesi rientra anche la frazione pontederese di La Rotta.

A Montecastello gli autori della profanazione non hanno lasciato alcun attrezzo vicino al loculo aperto, ma nel camposanto di La Rotta hanno lasciato due paia di forbici e un cacciavite usati per smontare la lapide e aprire la bara, tagliando la lamina di zinco come una scatoletta. Il passo falso lo avrebbero compiuto lasciando alcune impronte nella notte di novilunio: quella di una scarpa numero 47, sulla porta della cappella della famiglia Franceschini, dove hanno provato ad entrare senza riuscirvi, e un’impronta digitale sul marmo della tomba profanata di Elena Banti. Le indagini, stando a fonti vicine agli inquirenti, starebbero per concludersi.

Paola Zerboni per La Nazione


CONFERENZE - Satanismo: analisi storico‐religiosa




La conferenza fa parte del ciclo di incontri sul tema: "Conversione. Il cambiamento di Dio? Esperienze e riflessioni nel dialogo interreligioso", che vedrà , da febbraio a maggio, in dodici incontri, relatori di diverse religioni e discipline impegnati ad illustrare, ciascuno dal proprio punto di vista culturale ed accademico, la complessità del fenomeno della conversione.

Titolo completo:
"Satanismo: analisi storico-religiosa. Evoluzione e diffusione del fenomeno"

Relatore:
P. Nicola Mapelli, P.I.M.E.
Curatore responsabile dei Reparti per le Raccolte Etnologiche dei Musei Vaticani e docente presso la Pontificia Università Gregoriana - Roma


Informazioni sulla manifestazione:

Evento data / ora:
martedì 15 marzo 2011 15:30
Stato / città:
Italy / Rome
Luogo:
Pontificia Universitas Gregoriana, ISIRC - Aula F007

mercoledì 23 febbraio 2011

Sentenza della Magistratura su DAMANHUR


Tratto da “La Stampa” del 15/12/2010 Articolo di Gianpiero Maggio

ANCHE IL DIO HORUS DEVE VERSARE IL TFR
Damanhur condannata a pagare 90 mila euro a un’ex adepta

La sentenza ha un che di rivoluzionario. Il tribunale di Ivrea ha costretto Damanhur a pagare TFR e contributi previdenziali ad un’ex adepta che ha lavorato in comunità per nove anni e che, due anni fa, uscita dal gruppo, ha trascinato davanti al giudice la comunità intentando una causa di lavoro. Chiedendo, ed ottenendo, una liquidazione di circa 90 mila euro.
Una sentenza che potrebbe fare da apripista ad altre cause intentate da altri ex appartenenti alla Federazione nata sulle colline a Baldissero Canavese nel 1976. Al centro della questione c’è la natura del rapporto di lavoro. “Autonomo e legato ad aspetti esclusivamente spirituali” secondo i Damanhuriani. “Subordinato e vincolato a precisi contratti” per il giudice del tribunale di Ivrea, Gian Luca Robaldo. A portare in un’aula di giustizia la Comunità ispirata al dio Horus è stata Jan Turvey, cinquantottenne di origini inglesi, fotografa di professione (assistita dall’avvocato Patrizia D’Onofrio) uscita da Damanhur dopo aver trascorso quasi dieci anni al suo interno. C’era entrata subito dopo una vacanza: era il luglio 1997. Arrivò a Baldissero dopo aver conosciuto i principi ispiratori della Comunità nel corso di un convegno svolto alcuni mesi prima in Inghilterra. E ne era rimasta affascinata. Tanto da trascinare con se il convivente ed il figlio che, all’epoca, era minorenne.
Dal gennaio del 1998 fino al 6 agosto del 2007 Jan Turvey, alias “Orata”, si occupò di tentissime cose: dall’insegnamento della lingua Inglese, alla fotografia per la rivista interna, alle traduzioni quando era necessario. Tutto per la Comunità, certo. Ma sotto un controllo ferreo da parte dei “Re Guida”, ovvero una sorta di supervisori del lavoro. “Attività – scrive il giudice nelle motivazioni della sentenza di condanna – che per quanto fossero rese nel convincimento di fornire un apporto allo sviluppo della Comunità, era certamente di carattere patrimoniale”. Ed è così stata respinta la posizione della Federazione che sosteneva la totale autonomia della signora Turvey.
Non solo. Ci sono due testimoni che parlano delle “terrazzature”, ovvero attività lavorative che vengono svolte grauitamente oltre le 180 ore mensili – regolarmente retribuite – previste nel contratto di lavoro interno. “E chi non le svolgeva – raccontano alcuni testimoni, anch’essi ex adepti – veniva ripreso dal re Guida oppure era costretto a pagare sanzioni” Per il giudice è palese il fatto che la donna “Fosse assoggettata al potere direttivo, organizzativo e disciplinare degli organi della Federazione. E tale rapporto ha connotazioni tipici della subordinazione”. Insomma: secondo il tribunale essere menbri di una comunità non fa venire meno i diritti sanciti dallo statuto dei lavoratori. Per i Damanhuriani si tratta di una sentenza assurda: “Ricorreremo in appello, ciò che sostiene il giudice è inaccettabile” tuona Gian Piero Ragusa, l’avvocato di Damanhur. Più soft, invece, la posizione di Roberto Sparagio, esponente storico di Damanhur: “Mi fa piacere che il giudice riconosca la validità della nostra Federazione. Ne esce un quadro che è tutto il contrario di quello che sostiene chi ci dipinge come schiavisti, maneggiatori di coscienze”.