Questa è la storia vera di una giovane pubblicitaria francese in crisi, e del suo percorso in Scientology. Marion mostra dall’interno il graduale processo di seduzione degli adepti. E lo fa senza nessun pregiudizio e nessuna retorica, ma soprattutto senza nessuna indulgenza, neanche per se stessa.
Per approfondire: un breve saggio che riepiloga il contenuto del graphic novel, a cura dell’Unadfi. © Coniglio editore
Louis Alloing (Rabat, Marocco, 1955) è illustratore, grafico e autore di fumetti. Autore di numerosi libri per l’infanzia (tra i quali la serie Plume le Pirate scritta da Paul Thiès), ha disegnato la serie a fumetti Les aventures des Moineaux, su testi di Rodolphe e gli ultimi volumi della serieMarion Duval, creata da Yvan Pommaux. Dentro la setta è basato sull’esperienza vissuta da una sua amica.
Pierre Henri (pseudonimo di Patrice Guillon) è sceneggiatore, colorista e disegnatore. È autore di due strisce umoristiche e di diversi graphic novel, tra i quali il più recente Mes Copains d’autrefois (la Boîte à Bulles, 2008).
La casa editrice Coniglio Editore è stata fondata a Roma nel 2001 dai fratelli Francesco e Diego Coniglio, provenienti dall’esperienza di Mare Nero, Blue Press e della Castelvecchi Editore. Si occupa principalmente di pubblicare volumi riguardanti il fumetto e la musica leggera, pur non tralasciando la narrativa e la saggistica.
Sotto l’ala di Scientology
a cura dell’Unadfi*
*Union Nationale des Associations de Défense des Familles et de l’Individu, victimes de sectes(Unione Nazionale francese delle Associazioni in difesa delle famiglie e dell’individuo, vittime delle sette).
Prima parte: l’incontro fortuito. All’inizio Marion si confida con una persona non sapendo della sua appartenenza a Scientology. Benché avvenga casualmente, questa conversazione si colloca in un contesto personale ma tutto sommato ordinario: quello della fiducia. Marion si fida ciecamente del suo amico e questo è un tipico tratto degli adepti propagandisti di qualsiasi setta, ossia guadagnarsi la fiducia delle persone al fine di far crollare le loro difese. Se il contatto con la setta non avesse questa fiducia alla base, il potenziale adepto probabilmente non accetterebbe il contenuto dottrinale e le pratiche specifiche del gruppo settario. Prima idea sbagliata confutata in poche vignette: l’adepto entra volontariamente nella setta. In realtà questo non avviene con il libero consenso dell’adepto, il quale ignora ciò che lo attende ed è lusingato dall’aspetto seducente e ingannevole della setta che gli viene presentato dal reclutatore, vero e proprio piazzista di professione. Su tutta altra scala, al livello della propaganda mondiale, sono le celebrità dello show business che ricoprono questo ruolo obbedendo così a uno degli innumerevoli precetti di Ron Hubbard (fondatore di Scientology e teorico della pseudo-filosofia che ne sta alla base, la Dianetica), quello cioè di saper persuadere la maggior quantità di clienti alla verità della setta. Come ci viene mostrato dall’esperienza di Marion, l’incontro di un futuro adepto con una setta poggia sulla corrispondenza tra le aspettative comuni che questa persona nutre e le risposte fornite da uno degli adepti. È importante, inoltre, che questo incontro si verifichi in un momento propizio. Se una di queste tre componenti viene meno – un’aspettativa, delle risposte o un momento particolare – è quasi certo che l’incontro non avrà alcun seguito. Per adesso Marion non ha ancora conosciuto la setta; quella con Raphaël potrebbe essere stata una conversazione banale, ordinaria, di nessuna importanza. Ma se questa prima parte, cioè l’incontro, si svolge in modo adeguato, può portare a un contatto con il gruppo.
Seconda parte: il contatto. Marion si ritrova circondata da affetto e giovialità, e questa volta non da parte di una sola persona ma di un gruppo. Si sente “riconosciuta”, valorizzata come raramente le era successo prima. È a questo punto che le viene svelato da cosa è tenuto unito il gruppo, da cosa viene alimentato il senso di appartenenza: gli scientologhi incaricati di istruirla le illustrano un primo aspetto del progetto utopico del quale Marion potrebbe entrare a far parte. Per di più scopre una verità che è in grado di proteggerla dagli attacchi della società e dai fallimenti della sua vita. E la sua soddisfazione è ancora più grande per via delle spiegazioni scientifiche date a questa dottrina, che mettono a tacere qualsiasi domanda che il dubbio possa far emergere: trasformare se stessi per trasformare il mondo! In uno stato di totale fiducia nei confronti dei suoi nuovi amici e di quel metodo apparentemente scientifico, Marion si sottopone senza riserve alla serie di test di Scientology. Lo stesso tipo di test viene usato dalla setta per avvicinare gli studenti all’uscita della scuola. Niente è più efficace del parlare a qualcuno di lui stesso. Grazie a tale questionario, Scientology lusinga il narcisismo di coloro che, senza saperlo, sono già divenuti un bersaglio. L’approccio è essenzialmente commerciale, ma la persona presa di mira ancora non sa che le si vuole vendere qualcosa, non immagina neanche lontanamente l’esistenza di un “mercato della psiche” del quale sarà presto cliente abituale. Il test svolge una doppia funzione: sotto l’apparenza scientifica, lusinga il narcisismo del potenziale cliente consentendo così di abbassare le sue difese; ma soprattutto serve all’auditor per raccogliere informazioni private sul futuro adepto (informazioni rilasciate “spontaneamente” da lui stesso), che potranno essere in seguito utilizzate per fare pressione su di lui o per ricattarlo. Inizialmente, l’indottrinamento avviene con discrezione. Prese singolarmente, tutte le pratiche messe in atto dalla setta con il pretesto di una “purificazione” fisica e psicologica possono sembrare inoffensive o addirittura benefiche: jogging quotidiano, sauna, lavoro manuale, pseudo-autoanalisi attraverso auditing ed elettrometro… Nell’insieme, tuttavia, esse hanno il solo scopo di portare l’adepto a uno stato di prostrazione, all’isolamento, a una rottura completa con un mondo esteriore demonizzato, a una formattazione psicologica, a un impoverimento degli affetti – tanto più se accompagnato da una scarsa alimentazione e dallo studio costante della dottrina che esclude qualsiasi altro tipo di lettura… Tale indottrinamento è considerato capace di risolvere qualsiasi angoscia esistenziale e la certezza di aver innestato un processo di evoluzione personale fa nascere nell’adepto il desiderio di saperne di più, il desiderio dell’iniziazione, l’emulazione.
Terza parte: il reclutamento. All’adepto si profilano nuovi obblighi e pesanti divieti che possono creargli problemi familiari e finanziari. Più l’adepto perde il senso della realtà, si abitua a vivere nell’illusorietà della setta, sprofonda a sua insaputa in un indebolimento psichico e fisico, e più il reclutamento può diventare incisivo e irreversibile fino ad arrivare a uno stadio di manipolazione mentale, di reclusione psichica e fisica. L’adepto, che aveva assaporato il piacere dell’emulazione e della competizione, precipita nell’universo settario fatto di rivalità tra adepti e di pericoli derivanti dall’eccesso di zelo; sente la nascita del senso del dovere e del senso di colpa, lo schiacciamento della personalità, la perdita d’identità. Marion ha vissuto questa discesa, questa debilitazione. Nel suo racconto, ci mostra alcune tecniche di assoggettamento usate da Scientology: la conquista della fiducia grazie alla prassi dell’auditing, la confessione di alcuni errori legati alla morale utilizzati successivamente contro l’adepto, la gratificazione, la considerazione, la voglia di cambiare vita, le critiche nei confronti dell’ambito familiare che involontariamente rafforzano il processo di adesione, la fatica fisica che genera irascibilità verso l’esterno e malessere, la promessa di acquisire potere sugli altri, l’apprendimento di un linguaggio specifico e di azioni riflesse, la rottura con la società, la promozione e l’emulazione nella setta, il lavoro non remunerato e non dichiarato che genera fatica fisica e che è accompagnato da un impegno intellettuale basato sull’inculcamento continuo del pensiero unico del gruppo…
Quarta parte: l’abbandono. Marion avrebbe potuto rimanere con Scientology accontentandosi del suo stato di assoggettamento e di sottomissione, rassicurata dal susseguirsi delle situazioni descritte da Hubbard e dalla sua dottrina: vivendo, in un certo senso, “per procura”, privata di qualsiasi vera libertà. Avrebbe potuto continuare a percorrere tutte le tappe, ricostruendosi così una vita artificiale in quel mondo di fantascienza povero di valori e identificandosi nel modello del guru al punto da impegnarsi a tramandarlo ai nuovi futuri adepti. Nella setta, Marion sarebbe anche potuta deperire e morire come Raphaël e molte altre persone di cui non conosceremo mai l’identità, sfinite ma convinte di aver raggiunto lo stato di “thetan” promesso da Scientology. Marion è uscita dalla setta perché è sprofondata in uno stato patologico depressivo causato dal conflitto interiore che nasce in lei da un’imprevedibile situazione di empatia esterna al gruppo, grazie all’atteggiamento aperto e attento di JP. Questa casuale relazione di vera amicizia, che Marion inevitabilmente paragona alla relazione disumanizzante e destrutturante instauratasi con gli altri adepti di Scientology, sarà l’imprevisto grazie al quale si renderà conto della sua alienazione e che innescherà in lei il dubbio che la condurrà alla liberazione. Marion esce dalla setta ma, come dice lei stessa, la setta impiegherà molto tempo a uscire da lei. Dulcis in fundo, Scientology toglierà a Marion il tanto atteso processo di riconoscimento sociale comprando il suo silenzio. Una doppia vittoria per la setta: mettere a tacere un ex adepto (e in un certo senso continuare ad avere la meglio su di lui) e sottrarsi a uno dei criteri stabiliti dal rapporto parlamentare francese riguardo la qualificazione di un’organizzazione settaria per determinarne la pericolosità, ossia la quantità di guai giudiziari.